Martedì, 30 aprile 2024 - ore 13.27

Verso un nuovo modello di welfare

| Scritto da Redazione
Verso un nuovo modello di welfare

I comuni soggetto di innovazione e coesione sociale
Regione Lombardia ha avviato un confronto tra istituzioni, soggetti sociali, terzo settore per arrivare a una condivisione di principi base per la riforma del welfare lombardo. L'obiettivo è arrivare alla sottoscrizione di un patto per il welfare condiviso da tutti i soggetti coinvolti nella discussione.
Alla base della proposta vi sono principi che cambiano profondamente la struttura di programmazione ed erogazione di servizi che oggi, a giudizio di Regione Lombardia, sono troppo centrati sull'offerta mentre, invece, si vuole mettere al centro la domanda e il soggetto principe è individuato nella famiglia.
Anci Lombardia condivide le premesse della proposta che, sostanzialmente, si possono individuare in:
•Mutamento demografico della popolazione con la popolazione composta in Lombardia per oltre un terzo da ultra sessantacinquenni
•Crisi economica e sociale che acuisce le situazioni di disagio sociale e di marginalità colpendo nuove fasce di popolazione ritenute nel passato al sicuro
•Mutamento nella composizione delle stesse famiglie che oggi richiedono interventi diversificati e mirati
•Scarsità delle risorse economiche che sarà sempre più accentuata e che i comuni vivono drammaticamente in prima persona vista la riduzione delle risorse destinate al finanziamento delle politiche sociali sia a livello nazionale che regionale.
I comuni in questi anni sono stati soggetti attivi che hanno garantito la coesione  e l'inclusione sociale anche intervenendo con risorse proprie, riducendo di pari passo la spesa per investimenti, per far fronte alla citata riduzione di risorse statali e regionali. Nei prossimi anni sarà impossibile garantire servizi a partire, ad esempio,  dalla non autosufficienza se non si ricostituirà un fondo finanziario dedicato che è stato abolito dal 2011.
Bisogna, comunque, usare la crisi come occasione per ripensare il modello welfare in chiave partecipativa e di corresponsabilità.
I Comuni vogliono costruire un nuovo welfare basato sull’integrazione delle competenze e delle risorse fra sistemi diversi e complementari (sociale, socio-sanitario, formazione e lavoro, politiche per la casa),  sul riconoscimento del bisogno delle persone e delle famiglie. Un sistema più aperto, coeso, più comunitario.
E’ un cammino che deve vedere affiancati territori e Regione, perché il cambiamento cui siamo chiamati è profondo e richiede la rivisitazione di molte categorie culturali, mentali, professionali.  Mette in discussione le rendite di posizione, riporta la centralità sulla comunità e sulle relazioni, mette in crisi un’idea di “specializzazione”, anche nel sociale, che ha frammentato le esperienze di vita dei cittadini anziché aiutarli a ricomporle.
In questi anni i Comuni sono stati protagonisti della costruzione di una programmazione delle politiche sociali a livello di distretto concertando analisi del bisogno e possibili risposte con soggetti sociali e del terzo settore. Sempre più si sono sviluppate iniziative che hanno costruito positivamente reti tra pubblico e privato.
In una situazione di scarsità di risorse diventa fondamentale superare la sovrapposizione di compiti e funzioni e realizzare una forte razionalizzazione degli interventi partendo da una visione complessiva del bisogno e delle risorse disponibili.
Anci Lombardia considera, quindi fondamentale, per affrontare le sfide attuali, una profonda riforma della governance da parte di tutti i livelli istituzionali a partire da Regione Lombardia con l’obiettivo di coordinare  le risorse a disposizione dei diversi settori e assessorati: solidarietà, sanità, casa, giovani. E' necessario avere un intervento coordinato che superi le gelosie e le rivalità presenti tra i diversi livelli.
L’attuale distinzione tra sociale e sanitario mostra sempre di più l’ impossibilità di rispondere in modo integrato ai problemi che le diverse comunità hanno di fronte.
I tagli in atto da parte del Governo porteranno al 3,7 per mille il taglio dei posti letto acuti (attualmente Regione Lombardia è al 4,3 per mille)i. Riteniamo  indispensabile un confronto attivo di coordinamento sia delle risorse sia delle azioni fra i due Assessorati Sanità e Famiglia e fra i Presidenti della Conferenza dei Sindaci e i Direttori Generali delle ASL.
Riteniamo necessario favorire altre forme di assistenza (vedi esempio Telesoccorso, Teleassistenza) vista la drastica diminuzione temporale del post operatorio (molti interventi chirurgici saranno effettuati in day ospital). Oggi le forme di assistenza post operatoria e solo per alcuni pazienti con situazioni di gravi  difficoltà al rientro in famiglia sono: ricovero per 30/40 giorni max nelle strutture per sub acuti  e/o in RSA. In questo secondo caso con pesanti costi a carico delle famiglie e dei Comuni.
La prima richiesta che i comuni lombardi avanzano è una sempre maggiore integrazione di risorse, intelligenze e politiche concrete tra i diversi settori in modo da progettare un intervento integrato che guardi all'insieme dei bisogni della persona.
L'esperienza di questi anni ci mostra come gli interventi efficaci sono quelli legati alla programmazione del territorio. La dimensione distrettuale dei piani di zona ha risposto efficacemente agli obiettivi di costruire risposte adeguate per tutti i cittadini del territorio e unire le azioni dei singoli comuni spesso di dimensioni inadeguate ad affrontare da soli le emergenze sociali. Questa dimensione deve sempre più essere sostenuta e praticata da Regione Lombardia e dai Comuni.
In questa dimensione va superata la sovrapposizione d’ interventi di diversi soggetti istituzionali o meno che rischiano di creare sovrapposizioni sui medesimi soggetti  tralasciando altri bisogni.
Bisogna semplificare e rispettare i compiti definiti di programmazione. I comuni, attraverso la conferenza dei sindaci, rappresentano i soggetti che sul territorio hanno la funzione di programmazione legata ad una lettura condivisa dei bisogni e delle opportunità di risposta.
L'obiettivo del nuovo welfare è rispondere in modo adeguato e flessibile alle necessità del bisogno che cambia anche in base all'evolversi generale dell'intera società. Ciò richiede che i comuni siano il soggetto della programmazione che riunisce diversi soggetti e le diverse agenzie che esistono sul territorio in una programmazione di distretto attraverso la Conferenza dei Sindaci che ha potestà di indirizzo anche verso le ASL.
Per i comuni questo significa superare le dimensioni e i singoli confini e lavorare sempre più in un'ottica di gestione associata.
Ciò vale anche per la rete di RSA particolarmente sviluppata nel nostro territorio regionale. Di fronte alla scarsità delle risorse vanno razionalizzati servizi che possono essere fatti e garantiti secondo un modello di rete superando situazioni ormai non sostenibili economicamente.
Al centro delle iniziative e dei servizi deve esserci la centralità del bisogno della persona e della sua famiglia. Insieme deve essere al centro la possibilità di servizi adeguati a questo bisogno. Pensare di puntare tutto sulla centralità della domanda significa lasciare sole le persone in difficoltà con la conseguenza che scelte sbagliate ricadranno sui comuni con la riproposizione degli stessi bisogni e delle stesse domande non soddisfatte, con l'aggravante che non ci saranno più risorse disponibili.
Una criticità che rileviamo è l’eccessiva enfasi nuovamente posta  sulla voucherizzazione, sulla trasformazione in doti, in titoli di spesa delle risorse a disposizione per il welfare. Siamo tutti convinti che occorrano sistemi più aperti, che garantiscano più persone e non sempre le stesse, capaci di cogliere cambiamenti e bisogni, ma permane la perplessità che questo si realizzi semplicemente trasformando le risorse, sempre minori peraltro, in titoli di spesa in mano alle famiglie. Le famiglie sono risorsa sempre, ma sono anche fragilità: hanno capacità di scelta ma a volte, in particolare quelle più fragili, faticano a identificare con chiarezza bisogni e soluzioni. Puntare solo sulla libertà di scelta delle famiglie, cosa indubbiamente positiva, rischia di lasciare sole le persone e le famiglie più in difficoltà, che devono invece poter trovare punti, luoghi e persone di riferimento. Il rischio altrimenti è quello di incrementare una richiesta prestazionale (pago, con la dote, quindi esigo un servizio) a scapito di un welfare più razionale.
Come scriveva la stessa Regione Lombardia nelle sue DGR 2505/11 e 2633/11 bisogna mettere al centro
•la capacità della rete dei servizi di prendersi cura della persona fragile, oltre che del curare
•lo sviluppo di strumenti di lettura e valutazione del bisogno, fino a prevedere uno strumento di Valutazione Multidimensionale della persona fragile
•presa in carico integrata della persona fragile
L’esperienza di questi anni ci porta a dire come sia necessaria e fondamentale una adeguata lettura del bisogno che esiste sul territorio e di come il bisogno non vada confuso con la domanda.
I comuni hanno in questi anni sperimentato concretamente la funzione pubblica come governo e regolazione di processi e non gestione in prima persona. La programmazione significa anche individuare pluralità di soggetti che operano concretamente, valorizzare la rete del terzo settore e del volontariato e riservare al pubblico una programmazione condivisa, una regolazione e una verifica sia della qualità sia del raggiungimento dell'obiettivo.
Centrare il welfare unicamente sulla centralità del voucher significa anche correre il rischio di destabilizzare la rete che in questi anni si è consolidata e lasciare il campo a offerte la cui unica qualità è il basso costo indipendentemente dalla qualità del servizio e dal rispetto dei diritti di chi lavora.

A una diagnosi giusta si applicherebbe una terapia parziale, se non integrata con l’attenzione a non smantellare l’offerta dei servizi; la stessa va certamente riformata e rifondata, flessibilizzata, articolata, va resa fedele al mandato di essere a servizio dei bisogni del cittadino, va allargata la platea dei destinatari differenziando la capacità di risposta.
Proponiamo un obiettivo  basato sull'assunzione di responsabilità del governo pubblico rispetto al bisogno della persona e alla possibilità di scelta sulla base di una programmazione di interventi e di selezione dei soggetti erogatori.
L’indirizzo regionale di centralità del sistema basato sulla domanda (voucherizzazione ) non può non tenere conto dell’esigenza improrogabile che siano gli AMBITI a mantenere il  governo delle risorse     garantendo così il livello di programmazione territoriale coerente e sintonico con le reali necessità e l’attenzione ai  nuovi bisogni.
Occorre che il nuovo welfare faccia perno non sull’accentramento regionale ma sui presidi territoriali (Ambiti) cui distribuire razionalmente le risorse affinché siano assegnate ai cittadini bisognosi valutandone le condizioni e accompagnandoli nell’individuare le soluzioni più congrue attraverso le unità di offerta più adeguate.

Solo sostenendo, anche economicamente, la governance locale sarà possibile assicurare l’ottimizzazione delle risorse.
Va rivista alla radice la governance territoriale e il rapporto Comuni/ASL per ragionare in maniera integrata sull’insieme delle risorse, delle politiche programmatorie e degli interventi dei diversi attori del sistema. In questo senso il Documento di programmazione annuale ASL può essere davvero il punto finale di un lavoro di programmazione e condivisione con il territorio e i suoi attori (a partire dai Sindaci) degli obiettivi di coesione sociale, di programmi integrati e personalizzati sul territorio e azioni di contrasto alla vulnerabilità sociale.
Il sistema di un nuovo welfare non può prescindere, infine,  dalla definizione dei LIVEAS (Livelli Essenziali delle prestazioni assistenziali) che spetta allo Stato. In queste settimane lo Stato interpreta la nuova definizione dell’ISEE come LIVEAS.
Del resto non si può prescindere nemmeno dalla considerazione della competenza regionale in materia assistenziale e quindi,  dalla necessità che le scelte regionali debbano essere sostenute con adeguate risorse economiche.
Il principio della sussidiarietà non può funzionare scaricando le tensioni dovute ad una progressiva contrazione di risorse sui Comuni; ogni decisione assunta dal livello istituzionale competente deve corrispondere ad  un adeguato stanziamento di risorse.
Un principio fondamentale in questo periodo è l’equità che deve caratterizzare gli interventi. In particolare ricordare il principio di responsabilità per cui il reddito considerato debba essere quello familiare a pena di una riduzione sia della platea sia  della quantità del servizio.


fonte: Lista Torchio

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