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Pianeta migranti. Brexit, un modo europeo per liberarsi dei rifugiati?

La lobby delle armi fa ingenti profitti con le guerre che generano profughi a iosa. E quando sono troppi, una Brexit può servire a fermare gli arrivi. La deputata laburista Jo Cox che ha osato opporsi a questa dura logica ed è stata uccisa.

| Scritto da Redazione
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Gli inglesi hanno scelto in maggioranza l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea suggestionati anche da una campagna tesa a promuovere la paura di essere invasi dai profughi in fuga dalle guerre che devastano il mondo. Secondo le Nazioni Unite, nel 2015 i rifugiati in cerca disperata di protezione sono stati 65 milioni: sei milioni in più rispetto 2014. Il più grande esodo biblico, dopo la seconda guerra mondiale, in arrivo dall’Africa, dal Medioriente, dal Mediterraneo, dal Golfo Persico!

I flussi migratori sono la conseguenza anche di spese militari mondiali in crescita (1700 miliardi di dollari nel 2015) che alimentano le guerre e costringono le popolazioni alla fuga. Ma ciò serve ad arricchire i produttori di armi e i loro governi che poi alzano i muri contro i profughi, li respingono con violenza e -attraverso la politica della paura- orientano i cittadini verso movimenti razzisti e nazionalisti che vorrebbero “come gli inglesi” lasciare la UE. Si tratta di movimenti populisti sostenuti spesso dalla lobby delle armi. Ne è un esempio Donald Trump finanziato dalla potentissima Nra che si oppone ad ogni regolamentazione delle armi negli Usa.

La Brexit non riguarda solo la Gran Bretagna ma è la prova di un circuito perverso presente in Europa e che mette in forse la sua stessa tenuta: più esportiamo armi, più importiamo rifugiati; più cresce la paura dell’invasione e più si dà man forte a spinte anti immigrati come la Brexit. Ma una dinamica del genere è disastrosa!

Ne era consapevole la parlamentare laburista Jo Cox, uccisa al grido “prima la Gran Bretagna!” Da sempre attivista per i diritti umani, era impegnata nell’accoglienza dei rifugiati. Nel suo ultimo articolo, del 14 giugno, chiedeva al governo britannico di interrompere la vendita di armi all’Arabia Saudita, che le usa nella guerra in Yemen, di cui le prime vittime sono i bambini.  “Il Regno Unito è uno dei maggiori fornitori di armi dell’Arabia Saudita, con vendite che toccano i 6 bilioni di sterline nell’ultimo anno. Se il governo continua a vendere armi a monarchie che le utilizzano per infliggere danni indiscriminati e sproporzionati ai civili e alle infrastrutture, stando al diritto nazionale, dell’Unione Europea e a quello internazionale, allora lo sta facendo illegalmente. Il governo dice che solo lavorando insieme all’Arabia Saudita possiamo influenzarla. Lo accetto. Ma sicuramente è ora che il governo dimostri che questa influenza può aiutare i bambini yemeniti, così come contribuire alla sicurezza della Gran Bretagna. Stasera, i bambini in Yemen andranno a dormire con la paura del presente e sperando in un futuro migliore. Questi bambini hanno disperatamente bisogno che il governo inglese compia queste tre azioni. Non possiamo continuare a deluderli.” Riprendendo l’appello di Jo Cox, la Rete Italiana disarmo si è rivolta al governo italiano: “nello scorso marzo quasi 5 milioni di euro di bombe sono state inviate dalla provincia di Cagliari all’Arabia Saudita nonostante la risoluzione votata con ampia maggioranza dal Parlamento europeo lo scorso febbraio abbia chiesto alla Vicepresidente della Commissione ed Alto Rappresentante della Politica Estera, Federica Mogherini, di avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita, che è accusata di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale in Yemen”. Inoltre, “non va dimenticato che l’Italia, tra i paesi dell’UE, è uno dei maggiori fornitori di sistemi militari alle monarchie del Golfo.” Ad esempio, il 16 giugno la Ministra della Difesa Pinotti e gli amministratori delegati di Fincantieri e di MBDA (azienda missilistica di cui anche Finmeccanica-Leonardo fa parte), hanno concluso col Qatar un contratto per la fornitura di mezzi navali e sistemi d’arma per circa 5 miliardi di euro. Un accordo che viola palesemente la nostra legislazione sull’export di armamenti. Non dimentichiamo poi che nel 2015 l’Italia, ha triplicato il proprio fatturato di export di armi (da 2,9 del 2014 è passata a 8.2 miliardi di euro nel 2015). Tuttavia, conclude Rete Disarmo, “i miliardi di guadagni dell’industria bellica nazionale non giustificano in alcun modo l’invio di armamenti a Paesi coinvolti in conflitti armati che, tra l’altro, favoriscono l’avanzamento di formazioni terroristiche, contribuiscono all’instabilità di ampie regioni con le conseguenti fughe di popolazioni che poi sbarcano sulle nostre coste per chiedere rifugio e assistenza.”

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