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2014: dieci conflitti nel mondo. La soluzione è la conciliazione

| Scritto da Redazione
2014: dieci conflitti nel mondo. La soluzione è la conciliazione

2014: dieci conflitti nel mondo. La soluzione è la conciliazione
2014: ci sono conflitti vecchi e nuovi che gridano per una soluzione e conciliazione, non per la violenza; con prospettive ragionevoli, realistiche per uscirne. Prendiamo il conflitto in Sud Sudan fra i Nuer e i Dinka. Conosciamo la storia dei confini tracciati dalle potenze coloniali, confermati a Berlino nel 1884. Si cambia un confine spaccando un paese – referendum o meno – e che cosa ci si aspetta aprendo il vaso di Pandora? Altri vasi di Pandora.

C’è una soluzione: non tracciare confini, ma renderli irrilevanti. L’ex-Sudan sarebbe potuto diventare una federazione con molta autonomia, tenendo alcuni in disparte e altri insieme in comunità confederative, anche a cavallo dei confini. Molto da imparare dalla Svizzera, l’UE e l’ASEAN. Prendiamo il complesso Maghreb-Mali & dintorni: una via per la pace passa per una grande autonomia Tuareg e confederazioni delle varie autonomie, in aggiunta al sistema statuale. I ricavi delle risorse naturali – petrolio, uranio, oro, metalli – devono beneficiare chi li possiede, non gli ex-colonizzatori; compito ONU è far sì che l’Occidente si conformi ai diritti umani socio-economici.

Prendiamo quella che si chiama l’ultima colonia (beh, l’Ulster?, la Palestina?): il Sahrawi, onta spagnola per non avere decolonizzato; la formula dell’articolo 73 della Carta ONU non è perfetta ma il trattamento differenziale è inaccettabile. Prendiamo Ceuta e Melilla, enclave “spagnole” in Marocco e Gibilterra, enclave “inglese”in Spagna: si usi la formula di Hong Kong con la sovranità ai proprietari, la bandiera e la guarnigione, e si lasci il sistema com’è. Le si internazionalizzi con Tangeri, un arcipelago a beneficio di tutti. La geografia e la storia sono importanti; la sovranità per gli uni, il sistema per gli altri. Non una brutta formula per le Falkland/Malvinas o l’Irlanda del Nord, con una rinata Repubblica d’Irlanda in una Confederazione delle Isole Britannica.

Tornando a Berlino 1884, che istituzionalizzò l’oltraggioso sociocidio, oltre al genocidio e all’ ecocidio, perpetrato sugli africani oltre ai secoli di schiavismo arabo-occidentale. Ma non si dimentichi il congresso di Berlino sei anni prima, nel 1878, che fece lo stesso ai Balcani, con il famigerato articolo 25 che dava alla monarchia duale austro-ungarica il diritto di occupare e amministrare temporaneamente la Bosnia-Herzegovina. Proprio quel che fecero il 6 ottobre 1908 la Turchia e la Russia, essendo ambedue deboli. Che cosa ci si aspetta quando si annette la terra di qualcuno? Un movimento di resistenza, ovviamente, e da ultimo, il 28 giugno 1914, la data sacra per i serbi, sconfitti dai turchi 525 anni prima: due spari a Sarajevo.

Un secolo dopo gli “storici” (chi paga i loro stipendi, gli stati?) considerano gli spari la causa della prima guerra mondiale, non ciò che causò gli spari; come vedere i terroristi, non ciò che causa il terrorismo. Allora come adesso le stesse due storie, nazioni rese prigioniere di stati, e stati-popoli resi prigionieri di imperi. Sarajevo usata contro il terrorismo.

(Johan Galtung, unimondo.org)

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2014-03-01

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