Sabato scorso al Teatro Ariberto di Milano ci sarebbe dovuto essere Carmelo Musumeci tra il pubblico, ad assistere alla partecipata rappresentazione del suo ultimo libro, a cura di Karakorum Teatro, con l’adattamento e la regia di Matteo Sanna, che sul palcoscenico, insieme a Flavio Ginocchio, hanno dato vita a un uomo ombra. Ma non gli è stato consentito.
Carmelo Musumeci è un ergastolano ostativo di lunga data che è cambiato nel corso della sua detenzione, ha studiato e si è laureato. Ora langue nelle patrie galere. La battaglia di civiltà per l’abolizione dell’ergastolo, una mostruosità giuridica che rinchiude in carcere a vita chi si è macchiato di reati, si arricchisce di una nuova prova di sensibilità artistica e umana che corrobora l’iniziativa di Associazioni e di singoli cittadini la cui attività mira a cancellare dal nostro ordinamento questa forma odiosa di vendetta dello Stato, ancor più terribile quando si aggiunge alla condizione di uomo ombra anche l’ostatività, un termine astruso che è stato coniato per indicare l’isolamento totale aggravato, per chi è nell’impossibilità di fare il delatore, dalla negazione di permessi o di quei benefici minimi previsti dalla legge, per esempio le visite e la possibilità di atti d’amore nei confronti delle persone care.
Da queste considerazioni e per alleviare la condizione disumana dei detenuti, è nata la campagna Fine pena mai, che mira al riconoscimento dei principi sanciti nella nostra Costituzione, che considera la pena come strumento di redenzione civile e umana. E invece a questi cittadini (tali sono e rimangono i nostri fratelli e sorelle richiusi nelle carceri) il principio non si applica. Allora tanto vale, come ha scritto Carmelo Musumeci al Presidente della Repubblica, che lo Stato proceda a giustiziare con la pena di morte coloro che si macchiano di delitti gravi, sebbene abbiano dimostrato, dopo anni e anni di detenzione, di essere cambiati, di aver pagato la loro colpa, di aver studiato, di essersi laureati, come Carmelo, e di essere pronti a riprendere il loro posto nella società. Tutto questo hanno portato in scena i due attori di Karakorum Teatro: la condizione di disumanizzazione che annulla l’individuo tanto da fargli perdere la fisionomia e la cancellazione persino nel volto e nella dignità. Carmelo Musumeci e gli altri detenuti che hanno compiuto dei percorsi di cambiamento documentabile non dimenticano, come è giusto, le loro vittime, che hanno bisogno di rispetto, non di vendetta: questo è stato ricordato, dopo la rappresentazione, nel corso di un dibattito improvvisato e ricco di umanità. «La strada è buia, rischiarata solo da un lumicino», ha chiosato il regista e attore Matteo Sanna, «ma questo consentirà, con l’impegno di Associazioni come Caritas, che ha promosso l’evento, e degli uomini e delle donne di buona volontà, la fine della pena all’ergastolo, seguendo l’esempio di Papa Francesco, che ha cancellato questa forma di tortura dalla giurisdizione del Vaticano».
A Milano ‘Undici ore d’amore di un uomo ombra’ a teatro, senza l’autore
All’autore Carmelo Musumeci, ergastolano ostativo di lunga data, non è stato concesso un permesso speciale per assistere alla rappresentazione teatrale del suo ultimo libro
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