Un mondo in cui ogni auto, autobus e camion venduti siano elettrici ed economici, dove le navi utilizzino solo combustibili sostenibili e dove gli aerei possono volare con idrogeno verde può sembrare un film di fantascienza, ma alla COP26 Unfccc di Glasgow molti governi e imprese hanno detto di aver già iniziato a lavorare per renderlo una realtà.
Ieri è stata un’altra giornata di nuovi annunci, dichiarazioni e costruzione di coalizioni, questa volta incentrata sui trasporti che, secondo l’Intergovernmental Panel Climate Change (IPCC). Sono responsabili di circa un quarto delle emissioni globali di gas serra e che sono più che raddoppiate dal 1970, con circa l’80% di questo aumento causato dai veicoli su strada. L’United Nations environment programme (Unep) sottolinea che il settore dei trasporti mondiale è ancora quasi interamente dipendente dai combustibili fossili.
Dal un riassunto fatto dalla presidenza britannica della COP26 risultano diversi impegni, alcuni dei quali molto ambiziosi: Come chiesto dal World Leader Summit, 30 Paesi hanno concordato di lavorare insieme per rendere i veicoli a emissioni zero la nuova normalità rendendoli accessibili, convenienti e sostenibili in tutte le regioni del mondo entro il 2030 o prima. Un certo numero di mercati emergenti, tra i quali tra cui India, Rwanda e Kenya, stanno accettando di accelerare la transizione verso i veicoli a emissioni zero. La Banca Mondiale ha dato il via a un nuovo fondo fiduciario che mobiliterà 200 milioni di dollari nei prossimi 10 anni per decarbonizzare il trasporto su strada nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo. E’ questo l’obiettivo guida dello Zero Emission Vehicle Transition Council (ZEVTC) – presieduto da Usa e Regno Unito – che ha incontrato ieri a Glasgow rappresentanti ed esperti della transizione green nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo (EMDE), per discutere di come la collaborazione internazionale può supportare una transizione globale. Lo ZEVTC ha presentato l suo primo piano d’azione annuale, che definisce le aree per una cooperazione internazionale sostenuta per accelerare la transizione nel 2022. 19 governi hanno dichiarato la loro intenzione di sostenere la creazione di “corridoi marittimi verdi”: rotte marittime a zero emissioni tra due porti. Questo comporterà l’implementazione di tecnologie navali a emissioni zero e l’installazione di carburante alternativo e infrastrutture di ricarica nei porti per consentire la navigazione a emissioni zero su rotte chiave in tutto il mondo. Il Regno Unito si è impegnato a passare a camion puliti impegnandosi a porre fine alla vendita della maggior parte dei nuovi camion diesel tra il 2035 e il 2040.
Ala COP26, oltre 100 governi nazionali, città, Stati e grandi imprese anno firmato la Glasgow Declaration on Zero-Emission Cars and Vans per porre fine alla vendita di motori a combustione interna entro il 2035 nei principali mercati e nel 2040 in tutto il mondo. Almeno 13 nazioni si sono inoltre impegnate a porre fine alla vendita di veicoli pesanti alimentati a combustibili fossili entro il 2040. Sono in corso anche sforzi locali, con città latinoamericane, tra cui Bogotà, Cuenca e Salvador, che mirano a trasformare le flotte di trasporto pubblico a zero emissioni entro il 2035.
Monica Araya di Drive Electric Campaign ha sottolineato che «Il messaggio per i decisori è: dobbiamo assicurarci di iniziare a rendere normale che entro il 2035 dobbiamo smettere di vendere auto a benzina e diesel. Per gli autobus, sarà prima del 2030; agli autotrasporti pesanti ai può dare un po’ di tempo in più: il 2040. Il punto è abituarsi all’idea di avere un calendario in modo da poter passare alle opzioni a emissioni zero in tutti i segmenti. Questo non vale solo per i mercati avanzati nei Paesi sviluppati, vale anche per le economie in via di sviluppo perché sappiamo che il peggior inquinamento è lì». Ma la Araya ha anche avvertito che «Durante la transizione, i Paesi in via di sviluppo non devono diventare la discarica di vecchie tecnologie da parte di quelli più ricchi, ma dovrebbero invece essere visti come motori di cambiamento trasformativo. Sono cresciuta in Costa Rica. Ricordo di essere andata a scuola su un autobus di terza mano importato dagli Stati Uniti. Quell’esperienza ha plasmato molto del mio pensiero intorno a questa transizione. So che, da un lato, dobbiamo assicurarci di trasformare i grandi mercati che producono camion, autobus, automobili, ma dobbiamo anche attivare cambiamenti in quei mercati in modo che ci siano effetti a catena».
Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista Usa, fa notare che «Tuttavia, nonostante i principali produttori statunitensi come Ford e General Motors abbiano firmato l’impegno – e anche tre Stati Usa, Washington, California e New York, si siano uniti – il governo federale degli Stati Uniti non lo ha fatto. Anche se Stati Uniti, Cina e Germania sono assenti dall’accordo, questo impegno copre ancora il 15% del mercato automobilistico globale, ovvero 11,5 milioni di veicoli leggeri».
Una coalizione di organizzazioni statunitensi, tra le quali Sierra Club, ha chiesto che l’Amministrazione Biden, «Adotti gli standard più rigidi possibili per i veicoli per mettere gli Stati Uniti sulla strada per vendere veicoli a emissioni zero al 100% entro il 2035 e proteggere il nostro clima e la salute pubblica». Inoltre, Sierra Club e i suoi partner hanno preso di mira Toyota, che non ha firmato la Glasgow Declaration on Zero-Emission Cars and Vans, per il ritardo nella corsa globale dei veicoli elettrici. Ieri Center for Biological Diversity, Sierra Club, Public Citizen, Moms Clean Air Force e League of Conservation Voters hanno lanciato Pollutamotor.com per denunciare i ritardi sui veicoli elettrici delle compagnie automobilistiche come Toyota.
Secondo il presidente di Sierra Club Ramón Cruz, la dichiarazione di Glasgow,< Questo impegno dimostra che un ampio impegno per i veicoli a emissioni zero è possibile ed è allineato con altri importanti impegni per far progredire i veicoli puliti fatti quest’anno, incluso l’obiettivo del presidente Biden di raggiungere il 50% di vendite di veicoli a emissioni zero entro il 2030».
Ma Katherine García, direttrice ad interim della campagna Clean Transportation for All di Sierra Clu, ha aggiunto: «Noi negli Stati Uniti dobbiamo fare di meglio. Non è sufficiente che alcune companies e Stati statunitensi firmino questo impegno. Se vogliamo garantire aria pulita, rispettare i nostri impegni sul clima e guidare la produzione di veicoli puliti, il momento di agire è adesso. Una rapida transizione verso un trasporto pulito farebbe un’enorme differenza nell’affrontare il cambiamento climatico e nella protezione della salute pubblica. La scelta è tra l’impegnarsi o no per essere davvero all’avanguardia in questo momento, gli Stati Uniti devono adottare gli standard federali più rigidi per le auto pulite e approvare il Build Back Better Act per garantire gli investimenti necessari per far avanzare la nostra essenziale transizione verso i trasporti puliti».
Alla COP26 si è mosso anche il settore dei trasporti marittimi: 200 imprese che fanno parte di tutta questa filiera si sono impegnate a ridimensionare e commercializzare navi e carburanti a emissioni zero entro il 2030. Hanno anche invitato i governi M mettere in atto le giuste normative e infrastrutture per consentire una transizione giusta entro il 2050».
Nel frattempo, 19 paesi hanno firmato la Clydebank Declaration per sostenere la creazione di rotte marittime a emissioni zero: almeno 6 corridoi marittimi a emissioni zero entro la metà di questo decennio, aspirando a vederne molti altri operativi entro il 2030.
Katharine Palmer, UN Climate Change High-Level Champion, ha spiegato a UN News: «In giro nel mondo ci sono circa 50.000 navi mercantili, quindi si tratta di un grande compito alla nostrta portata e penso che diverse parti delo shipping faranno questa transizione a ritmi diversi. Quindi, avere l’impegno della Clydebank Declaration per i corridoi verdi consente ai first mover di provare e testare la tecnologia, quindi ridurre i costi, creare politiche, abilitare gli ecosistemi necessari e quindi altri possono imparare da questo e quindi seguire. uesti corridoi verdi significano che le navi che trasportano merci in tutto il mondo viaggeranno senza utilizzare combustibili da idrocarburici e utilizzerebbero invece combustibili derivati âÂÂâÂÂdall’idrogeno verde – idrogeno generato da energie rinnovabili – elettricità rinnovabile e altre opzioni sostenibili. Include anche il coinvolgimento dei produttori di energia in modo che possano produrre abbastanza carburante verde. Per mettere in atto le politiche necessarie sarà necessaria anche una collaborazione pubblico-privato con i governi».
9 grandi marchi tra cui Amazon, IKEA, Michelin, Unilever e Patagonia, hanno annunciato che entro il 2040 trasferiranno il 100% del loro trasporto marittimo su navi a zero emissioni di carbonio.
Le imprese del settore aeronautico e i loro grandi clienti aziendali hanno un aggiornamento della loro Clean Skies for Tomorrow Coalition, la cui missione è quella di accelerare l’implementazione di carburanti sostenibili per l’aviazione. Ora, gli 80 firmatari si sono impegnati a portare il carburante verde al 10% della domanda globale di carburante per aerei entro il 2030 e sottolineano che «Questi “combustibili verdi” sono prodotti da materie prime sostenibili come olio da cucina, olio di palma esausto di animali o piante e rifiuti solidi domestici e aziendali e sono molto simili in chimica al tradizionale carburante fossile per aviogetti». Se questo obiettivo verrà raggiunto, «Ridurrà le emissioni di anidride carbonica di 60 milioni di tonnellate all’anno e fornirà circa 300.000 posti di lavoro “verdi”».
Per quanto riguarda il solare o l’elettrico, secondo Lauren Uppink, a capo del settore aviazione al World Economic Forum, «Queste fonti di energia potrebbero essere possibili per voli brevi in âÂÂâÂÂfuturo. Ci sarà una piccola parte della domanda di energia che si baserà su nuove tecnologie come l’idrogeno e la batteria, ma il lungo raggio non è fattibile per la sua fisica. Quindi i carburanti per aviazione sostenibili sono la nostra unica soluzione per decarbonizzare e volare a emissioni zero. I primi aerei elettrici e alimentati a idrogeno probabilmente inizieranno a essere schierati entro il 2030 e la transizione del settore potrebbe anche generare migliaia di posti di lavoro verdi nei Paesi in via di sviluppo».