Giovedì, 18 aprile 2024 - ore 04.22

Argentina: la scuola guida la protesta

I sindacati degli insegnanti si mobilitano contro il degrado dell’istruzione pubblica e chiedono aumenti sostanziosi. Per il governo di Cristina Kirchner una sfida in più, in vista delle elezioni del 2015

| Scritto da Redazione
Argentina: la scuola guida la protesta

Argentina: la scuola guida la protesta. Il calendario scolastico dell’Argentina segnava per i primi di marzo l’inizio della scuola. Tuttavia, come succede da anni, l’inaugurazione è stata cancellata dallo sciopero proclamato dai sindacati degli insegnanti. Non è una novità per la società argentina, che ha assistito al disfacimento dell’istruzione pubblica e al deprezzamento della professione degli insegnanti, provocati dalle politiche neoliberiste degli anni 90. I tentativi di recupero messi in atto dagli ultimi governi sono stati insufficienti a fermare un processo che ha finito per favorire la crescita dell’insegnamento privato.L’istruzione e gli altri settori del pubblico impiego sono stati duramente castigati nel lungo ciclo di ripiegamento dello Stato. La ristrutturazione della scuola ha avuto come architrave la “Legge Federale dell’Educazione”, promulgata nel 1993 da Carlos Menem, che ha trasferito alle province le competenze in materia educativa (compresi i plessi scolastici e gli stipendi dei docenti), senza però assicurare le risorse necessarie. Quegli anni sono stati altresì la palestra in cui si sono forgiati i combattivi sindacati della scuola. Movimenti di protesta come quello della “Marcia Bianca” del maggio del 1988 – quando fu proclamato uno sciopero che durò 42 giorni e gli insegnanti di tutto il paese arrivarono in corteo nella capitale – o la “Tenda Bianca” (bianca come il colore del grembiule che usano insegnanti e studenti nella scuola pubblica argentina) – allestita per mille giorni (dal 2 aprile 1997 al 31 dicembre 1999) davanti al Parlamento, per ospitare il digiuno degli insegnanti che sollecitavano una nuova legge di finanziamento dell’educazione pubblica – rimangono baluardi delle lotte dei lavoratori in Argentina. I governi di Nestor Kirchner (2003-2007) e di Cristina Kirchner (dal 2007 a oggi) hanno accolto domande storiche dei sindacati del settore, incrementando i finanziamenti a favore dell’istruzione e promuovendo la negoziazione collettiva. Uno strumento è stato l’introduzione delle Commissioni paritetiche nazionali per i docenti (Paritaria nacional docente – Pnd), un meccanismo di concertazione tripartito mediante il quale lo Stato nazionale (che non ha competenza diretta in materia) ha voluto garantire l’applicazione di un salario di base unico per tutto il paese, aiutando le province in difficoltà. Tuttavia il funzionamento del sistema federale, per quanto riguarda in particolare il rapporto Stato centrale-province, è rimasto lo stesso degli anni 90 per questioni chiave come, ad esempio, la distribuzione delle entrate fiscali e delle risorse. La conseguenza è che gli accordi raggiunti a livello nazionale impongono oneri spesso non sostenibili per le province, che restano comunque titolari della contrattazione collettiva del settore. Lo strumento Pnd non è riuscito finora a trovare una soluzione al problema endemico della scuola pubblica e le prospettive non sono ottimistiche neppure questa volta. Gli incrementi sollecitati dai diversi sindacati del settore (tra il 42 e il 61 per cento sul salario base) sono molto distanti dall’offerta del governo: un aumento del 22 per cento da versare in tre tranche fino a novembre, più una somma fissa come “premio di presenza” per disincentivare l’assenteismo, misura quest’ultima avversata dai sindacati. La Pnd rischia così di fallire per il terzo anno consecutivo, chiudendosi con un “arbitrato” unilaterale del governo per mancanza di consenso. Al momento il rischio è rimandato, in quanto la “conciliazione obbligatoria”, prevista dalla legge, impedisce al governo (che è “parte” e “arbitro” nel conflitto) di prendere misure per almeno 15 giorni lavorativi.

La negoziazione con i sindacati della scuola è un vero grattacapo per il governo di Cristina Kirchner, perché arriva puntualmente al termine delle vacanze estive e funge come “testimone” per il resto delle contrattazioni collettive che stanno aprendo il ciclo annuale dei rinnovi. Perciò è sua intenzione spostare il calendario di questo tavolo al mese di maggio o giugno, quando la maggioranza dei contratti collettivi saranno siglati e diventerà quindi possibile offrire maggiori benefici agli insegnanti. Il governo ha davanti un anno decisivo, prima delle elezioni del 2015, per rispondere alle sfide dell’economia, mettendo freno a un’inflazione che colpisce da anni, e che oggi risulta ulteriormente aggravata dalla svalutazione del peso. Le previsioni degli economisti più affidabili parlano di un 33 per cento d’inflazione per il 2014 (nel 2013 ha superato il 25 per cento).

La politica inflazionistica è stata anche una scelta strategica del governo. La scommessa del kirchnerismo è stata quella di risollevare l’Argentina dopo la crisi 2001-2002 creando posti di lavoro e promuovendo il consumo popolare. Ripristinando il meglio della tradizione peronista, la contrattazione collettiva ha funzionato, in un contesto inflazionistico, come chiave per il recupero del potere d’acquisto dei salari anche attraverso un meccanismo analogo alla scala mobile. Non solo: in questi anni gli incrementi salariali sono stati addirittura superiori all’inflazione, spostando a favore del lavoro un equilibrio che aveva favorito il capitale negli anni della dittatura, della crisi economica e delle politiche neoliberiste.

Nel discorso d’apertura dell’anno legislativo, la presidente ha ricordato i successi dei governi iniziati nel 2003: sono stati creati più di sei milioni di posti di lavoro, che hanno fatto calare l’indice di disoccupazione da quasi il 25 all’attuale 6,4 per cento. Le politiche di concertazione e la contrattazione collettiva funzionano a pieno regime e, grazie al Consiglio per il salario minimo, vitale e mobile, il salario di base è stato incrementato del 1700 per cento. Oggi è il più alto del Sudamerica, non soltanto in termini nominali ma anche a parità di potere d’acquisto. Lo stesso vale per il sistema pensionistico pubblico, che copre il 93,8 per cento degli anziani.

Con l’occupazione ai massimi storici si è vissuto un boom di iscrizioni ai sindacati, con incrementi del 400 per cento nel comparto metalmeccanico (da 50 mila a 250 mila iscritti) e del 543 nell’edilizia (da 70 mila a 450 mila iscritti). Va però ricordato che l’altissima affiliazione è dovuta anche all’eredità del modello sindacale peronista, grazie al quale le organizzazioni dei lavoratori continuano a dominare il sistema sanitario attraverso le mutue sindacali. Questi indubbi progressi non sono tuttavia riusciti a scalfire la piaga del lavoro nero, che ha un tasso vicino al 35 per cento. Inoltre, in previsione della fase di contrattazione salariale che si apre in questi giorni, la frantumazione delle centrali non facilita le cose per il governo, mentre l’economia mostra segnali di logoramento.

La Confederazione generale del lavoro (Cgt), che nel vecchio modello argentino di sindacato unico aveva il privilegio del riconoscimento ufficiale, si è divisa in tre tronconi: uno affine al governo e due oppositori. La confederazione alternativa – Centrale dei lavoratori d’Argentina (Cta) –, che lotta per il riconoscimento ufficiale sostenuta nei fori internazionali, si è a sua volta spaccata in due secondo il grado di vicinanza al governo. Con il conflitto degli insegnanti in corso, e nella delicata congiuntura economica e politica del paese, anche i sindacati affini hanno finito per voltare le spalle al governo. I segretari generali delle due confederazioni alleate – Antonio Calò della Cgt e Hugo Yasky della Cta – sono stati significativamente assenti alla cerimonia d’apertura dell’anno scolastico a cui ha partecipato la presidente Cristina Kirchner.

La società, che negli anni delle grandi lotte contro il disfacimento della scuola pubblica appoggiava largamente gli insegnanti, ha iniziato poco a poco a cambiare atteggiamento: l’indicatore più chiaro è il lento ma inesorabile trapasso degli studenti verso la scuola privata. 

DI ADRIANA BERNARDOTTI

 

Fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2014/04/7/110657/argentina-la-scuola-guida-la-protesta

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