Cremona Pianeta Migranti. L’Europa si accaparra il pesce del Senegal e i pescatori migrano.
Buona parte delle orate, delle cernie, e delle sogliole che ci troviamo nel piatto arrivano proprio dall’aeroporto di Dakar. I senegalesi non ne mangiano più e non possono più pescare.
L’ accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l’Unione europea e la Repubblica del Senegal rinnovato nel 2020 mette in ginocchio l’economia locale che vive di pesca artigianale. Sempre più pescatori devono emigrare.
Il Senegal e la Mauritania hanno acque ricchissime di pesci. Ciò è dovuto al fenomeno oceanografico della risalita in superficie delle acque profonde ricche di nutrimenti per i pesci. Ma i pescatori artigianali di Saint-Louis, un’importante città di pescatori situata nel nord, a 250 km da Dakar, così come quelli di Kafountine nel sud del paese devono fare i conti con la pesca industriale di grandi compagnie straniere: un vero e proprio saccheggio del mare.
L’accordo tra Europa e Senegal sulla pesca ha fatto crollare la pesca artigianale e di conseguenza sempre più pescatori decidono di partire. “Andare a Barcellona o morire!”, è lo slogan dei giovani pescatori che non avendo più altra scelta, scappano verso le Canarie.
In base all’accordo stabilito, le navi super attrezzate dell’UE possono pescare nelle acque del Senegal che, in cambio, riceve un contributo finanziario annuale di 1.700.000 €.
Secondo Greenpeace oltre 500mila tonnellate di pesce, ogni anno, viene accaparrato dalle industrie straniere di trasformazione. Una risorsa che potrebbe nutrire 33 milioni di persone della regione africana.
Per Greenpeace i principali responsabili della pesca industriale in quest’area sono proprio i paesi europei, oltre i cinesi e i turchi.
Da anni i pescatori artigianali e i loro organismi di rappresentanza chiedono al governo di sospendere il rilascio delle licenze di pesca ai Paesi stranieri, in primis all’Unione europea, per arginare lo sfruttamento forsennato delle risorse ittiche che svuoterà il mare di pesci nel giro di pochi anni; lascerà i pescatori disoccupati e gli abitanti senza proteine nella dieta.
Il governo ribatte che i soldi che l’Unione europea dà in cambio delle licenze di pesca - prima voce di entrata di valuta straniera- sono essenziali per evitare il dissesto del bilancio nazionale.
E come se non bastasse, la pesca industriale erode anche le coste e i fondali.
Greenpeace e altre associazioni sostengono che occorre una strategia regionale comune e condivisa per sorvegliare e regolamentare la pesca dell’intero settore.
Intanto i pescatori, stretti dai debiti, si trasformano in passeur e le loro piroghe per la pesca diventano carrette del mare per trasportare migranti verso le isole Canarie. Nonostante i naufragi e le migliaia di persone rimpatriate da Madrid, i ritentano tante volte di arrivare in Europa lungo la rotta assai pericolosa delle Canarie.
Una storia come questa, la dice lunga a quegli italiani che ancora gridano “stiano a casa loro!”
Ci resterebbero volentieri se avessimo l’onestà di non togliere loro il pesce di bocca per metterlo nel nostro piatto!
fonte : cremona migranti