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Energia:lettera ai Vescovi della Lombardia

| Scritto da Redazione
Energia:lettera ai Vescovi della Lombardia

La Presidenza Acli provinciali di Cremona in collaborazione con il Coordinamento di CreaFuturo ha inviato a tutte le Diocesi lombarde
"L'energia  per la vita e il bene comune : lettera ai Vescovi della Lombardia" 
Lunedì 21 febbraio 2011, presso il Centro Pastorale Diocesano di Cremona, è stata  presentata la lettera che le Acli e CreaFuturo hanno consegnato al Presidente della Conferenza Episcopale Lombarda cardinale Dionigi Tettamanzi e al Vescovo della Diocesi di Cremona mons. Dante Lafranconi, fatta poi avere a tutti i  Vescovi della Lombardia sul rischio del ritorno all’energia elettronucleare nel nostro Paese.
Il documento mette a fuoco le importanti questioni etiche che il Piano nucleare italiano solleva in relazione alla costruzione del consenso, ai principi di difesa della vita delle persone e dell'ambiente, ai processi decisionali che vengono sottratti ai territori e alle autonomie locali, al modello di sviluppo che  introduce e  alle sue conseguenze.
Pone domande sui tanti silenzi o verità non dette intorno a questa opzione. Propone problemi e interrogativi che interpellano la responsabilità di tutti i cittadini, in particolare dei cattolici e invita a vagliare seriamente la scelta, anche  in vista del voto referendario.
Chiede attenzione e illuminazione ai Vescovi che, da Pastori saggi,  hanno a cuore il bene e il futuro della Comunità nazionale e locale, oltre che il compito di sollecitare le coscienze ad un corretto e responsabile discernimento.   

L’incontro è stata l’occasione per segnalare le iniziative delle Acli a favore del risparmio energetico e delle energie rinnovabili, nonchè il loro impegno educativo/culturale per     promuovere sul territorio una maggiore consapevolezza sui costi e rischi della scelta nucleare e sulle alternative già possibili, alla luce dei principi del Magistero Sociale.
Con una particolare sottolineatura: il percorso democratico che porta a decidere e a costruire insieme il bene comune richiederebbe di privilegiare ciò che unisce una società e non ciò che la divide !  
 
Il coordinamento di CreaFuturo, attivo nel creare a livello locale e nazionale informazione  scientifica e impegno civile a favore di un sistema energetico democratico, innovativo, sostenibile, ha raccontato  come una vasta realtà di base italiana stia lavorando in questa direzione.       

Alla conferenza stampa sono intervenuti: Giovanni Battista Brunati, presidente Acli Provinciali;  Carla Bellani, vicepresidente Acli; don Bruno Bignami, docente di teologia morale; mons. Vincenzo Rini, direttore Vita Cattolica; Marco Pezzoni, coordinatore di CreaFuturo

In di seguito la lettera ai Vescovi della Lombardia

cr 21 febbraio 2011

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Lettera ai Vescovi della Lombardia

Caro Padre, 

la Lombardia e l’Italia sono ad un bivio tra due diversi modelli di sviluppo rappresentati l’uno dalle energie rinnovabili e dalla green economy, l’altro dalle nuove centrali nucleari e dal primato delle grandi opere. Non si tratta solo di una questione energetica, ma ambientale, sociale e democratica. Per l’enorme impatto che le due diverse opzioni possono avere sulla vita di milioni di persone, riteniamo che siamo di fronte ad un nodo cruciale per gli stessi credenti, ad una questione etica, teologica e pastorale.
Ci stiamo interrogando se l’idea dell’ ”energia per la vita”, se il valore della centralità della persona siano compatibili con l’imposizione di gigantesche centrali nucleari di terza generazione che non hanno risolto i problemi di sicurezza, che espongono a grave rischi di salute soprattutto le popolazioni che vivono  nel raggio di 5- 10 chilometri.  Tanto è vero che tra i criteri base adottati per individuare i cosiddetti “siti idonei” c’è la scarsa densità della popolazione, la lontananza dai grandi centri abitati, l’assenza o il basso grado di sismicità, la presenza di grandi quantità d’acqua per i circuiti di raffreddamento del  reattore.

Alcuni mesi fa ci hanno profondamente colpito le rivelazioni del “ KiKK studium”, lo studio condotto in Germania da medici epidemiologi ed esperti di fisica nucleare di varie Università sull’aumento delle leucemie infantili riscontrate nei bambini residenti entro un raggio di 5 chilometri dalle centrali nucleari. E non per incidenti particolari, ma a causa della normale attività di un impianto che non può essere completamente isolato o isolabile dall’ambiente circostante e che produce un livello di radioattività che l’ AIEA, l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica con sede a Vienna, riconosce e propone di mantenere entro limiti “accettabili”.

Come coordinamento di associazioni presenti in provincia di Cremona, Mantova, Lodi e Piacenza  siamo entrati in un rapporto di dialogo e collaborazione su questi temi con una rete di oltre 30 Comuni  situati lungo il fiume Po.
E abbiamo  avvertito crescere nel tempo le preoccupazioni delle popolazioni locali in merito alla decisione di rilanciare il nucleare proprio su questa parte del territorio dove, purtroppo, è ancora aperta la  ferita della Centrale elettronucleare di Caorso, ferma da decenni e  il cui smantellamento definitivo è previsto nel 2019.
Non perché prevalga  l’orientamento che sarebbe meglio realizzare il Piano nucleare  in altra parte del territorio italiano, ma piuttosto perché si fa strada la consapevolezza che i piccoli e medi comuni lungo il Po rappresentano l’area più sacrificabile, più violabile : l’anello debole della catena.

Con decine e decine di incontri aperti presso le diverse comunità locali, coinvolgendo competenze istituzionali ambientali e sanitarie, interrogando esperti di economia e competenze scientifiche di Università e Centri di ricerca, abbiamo scoperto una radicale differenza tra le due opzioni in campo : il ritorno del nucleare civile in Italia non solo si avvantaggia di una sorta di gestione aziendalistica della politica estera ed energetica  con il duplice accordo Berlusconi-Sarkozy ed ENEL-EDF per l’acquisto di 4 nuove Centrali elettronucleari modello EPR terza generazione plus, prodotte dalla francese Areva, ma piega a questo disegno ingenti risorse pubbliche, la forza della propaganda di Stato  e un modello discendente di imposizione che non lascia alcuno scampo all’autonoma scelta dei territori .
Secondo l’articolo 25 della Legge 99 del 2009 e secondo il Decreto Legislativo n. 31 del 2010 sono previste procedure complesse e Tavoli interistituzionali, chiamati della trasparenza, con Regioni ed Enti locali ; persino rappresentanze numericamente paritarie tra centro e periferia : peccato che alle Regioni e agli Enti locali coinvolti sia negato qualsiasi  grado di autonomia sul terreno decisionale!
La cosiddetta “opzione zero”, cioè la scelta di Regioni ed Enti locali di un’autonoma valutazione negativa sulle conseguenze sociali ed ambientali delle nuove localizzazioni nucleari è vietata, cancellata in forza della Legge 99 del 2009 che, anzi, prevede la misura del commissariamento per quelle Istituzioni locali che insistessero sul loro rifiuto. L’unica possibilità che viene loro riconosciuta è quella di concordare misure di compensazione finanziaria e fiscale, misure di monetizzazione del rischio per cittadini e imprese che vivono ed operano entro il raggio di 20 chilometri dalla nuova Centrale.

Diversamente le energie rinnovabili, come elemento di punta della green economy, hanno solo bisogno di un sistema regolato e decrescente di incentivi,  si sposano meglio con i processi diffusi di riqualificazione economica e ambientale dei territori, sono sottoposte alla regia degli Enti locali e al vaglio critico delle comunità locali. Insomma le fonti alternative sarebbero più pulite e più sicure, corrisponderebbero pienamente alle esigenze di democratizzazione dell’energia che tutti a parole invocano.
Due recenti studi, il primo dello IEFE dell’Università Bocconi e il secondo del Politecnico di Milano, concordano sull’enorme contributo che le energie rinnovabili possono dare all’industria italiana come opportunità di sviluppo e creazione di nuovi posti di lavoro. Dai 150.000 ai 200.000 occupati  in più solo in Italia entro il 2020, mentre i cantieri per la costruzione delle nuove quattro centrali nucleari occuperebbero in tutto 10.000 lavoratori che, per ammissione dell’amministratore delegato Enel Fulvio Conti, si dimezzerebbero con l’avvio dell’attività di  produzione.
Non solo, analizzando i dati ufficiali dell’andamento dei consumi energetici e della produzione di energia elettrica in Italia, ci si accorge  che il nostro Paese non ha per nulla bisogno di 4 o addirittura 8 nuove Centrali nucleari ed è forse per questo che  invece di definire un “Piano energetico nazionale”, come sarebbe giusto e opportuno, si preferisce definire un  più specifico e particolare “Piano nucleare nazionale”.

Se si facesse in modo trasparente e alla luce del sole un Piano energetico nazionale, con la partecipazione di Regioni ed Enti locali, coinvolgendo l’intero mondo produttivo e le forze sindacali, si arriverebbe alla conclusione che l’apporto del nucleare non è obbligatorio ma è addirittura superfluo; che l’eventuale crescita della domanda interna di energia elettrica può essere completamente soddisfatta dall’energia verde.
Dall’ Europa arrivano conferme che le energie rinnovabili sono in grado non solo di sostituire l’apporto attuale di energia elettrica che viene dal nucleare, ma di rispondere completamente in futuro anche ad una domanda crescente da parte dell’economia  e delle società europee.
Così sostiene lo Studio “ Roadmap 2050: Guida pratica per un’Europa prospera e a bassa emissione di anidride carbonica”  dell’European Climate Foundation. 
Così lo Studio “ 100% di rinnovabili. Una Roadmap al 2050 per Europa e Nord-Africa” di PricewaterhouseCoopers.
Per quanto riguarda i costi, ovunque nel mondo il nucleare è la fonte più cara e regge solo grazie ai finanziamenti pubblici, mentre le energie rinnovabili nel giro di pochissimi anni, grazie alla ricerca e alle innovazioni tecnologiche, raggiungeranno la parità competitiva con le fonti fossili da cui ci dobbiamo emancipare.

Ma allora perché insistere in Italia per un ritorno del nucleare che divide l’opinione pubblica, spacca comunità locali e territori e invece non concentrare risorse e rilanciare il  Piano d’azione per le energie rinnovabili e il Piano nazionale per l’efficienza energetica che godono  del consenso ampio e trasversale della maggioranza dei cittadini italiani ?
Tra l’altro ce lo chiede l’Unione Europea con due specifiche Direttive che prevedono per l’Italia su questi due terreni il raggiungimento di obiettivi minimi per la salvaguardia del clima, ma che una volontà politica più responsabile e coraggiosa può benissimo incrementare.
Chiede un “Piano straordinario per l’efficienza energetica” anche la corposa piattaforma varata  recentemente dalla Commissione Energia della Confindustria italiana che dimostra concretamente, settore per settore, come interventi per l’efficienza energetica siano  in grado di produrre un risparmio complessivo tra il 20% e il 30% del consumo energetico nazionale  entro i prossimi 20 anni e di creare oltre un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro entro il 2050.
Per il Politecnico di Milano con adeguati interventi l’Italia potrebbe risparmiare nei prossimi 10 anni l’equivalente di energia elettrica prodotta da 7 centrali nucleari.
Se pensiamo che le 4 nuove centrali nucleari modello EPR contribuirebbero per meno del 5% al fabbisogno energetico complessivo dell’Italia, che l’investimento è valutato dalla stessa dirigenza Enel in 30 miliardi di euro ( ogni singola centrale costerebbe una volta e mezza il Ponte sullo Stretto), che il primo kilowattora prodotto sarebbe immesso in rete attorno al 2025 ( secondo l’ultimo Rapporto Enea) è difficile capire persino la razionalità e la convenienza  economica di questa operazione.

La 49° Settimana Sociale dei Cattolici italiani ha cercato di meglio definire e attualizzare il  significato di “bene comune” e lo ha opportunamente collegato sia alle sue  modalità di costruzione sia alla corrispondenza ai principi ispiratori della Dottrina sociale della Chiesa.
Trasparenza, Consenso,  Coesione sociale, Sussidiarietà, Poliarchia, Democratizzazione dell’energia, Nuovo Modello di Sviluppo, Giustizia nel rapporto Nord-Sud, Solidarietà, Libertà responsabile ed Etica della Responsabilità verso le future generazioni, valore della Vita Umana e rispetto dell’Ambiente non ci indicano la strada maestra dell’efficienza e delle energie rinnovabili piuttosto che l’imposizione della tecnologia nucleare ?
Certo ci dicono come i territori non dovrebbero essere violati dalla prepotenza della tecnica  perché l’ambiente “ è ambiente di vita”,  perché “l’ambiente naturale non è solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma opera mirabile del Creatore, recante in sé una “ grammatica” che indica finalità e criteri per un utilizzo sapiente, non strumentale e arbitrario. Oggi molti danni allo sviluppo provengono da queste concezioni distorte. Ridurre completamente la natura ad un insieme di semplici dati di fatto finisce per essere fonte di violenza nei confronti dell’ambiente e addirittura per motivare azioni irrispettose verso la stessa natura dell’uomo.” ( Caritas in Veritate, p. 48).

Ecco, noi chiediamo a Voi, nostri Pastori, di illuminarci, di aiutarci a interpretare la grammatica di cui parla mirabilmente l’Enciclica di fronte al bivio drammatico in cui ci troviamo tra ritorno al nucleare ed energia verde, tra consumo illimitato e stili sobri di vita, dunque tra modelli di sviluppo diversi. 
Vi sollecitiamo ad una presa di posizione non solo perchè siamo convinti che il cristianesimo, come del resto tutte le religioni, abbia una legittima dimensione pubblica  ma perché concepiamo “le teologie dell’ambiente come processi di ecclosiogenesi e di discernimento comune” ( Jacques Haers, Lovanio). 
Più semplicemente, sentiamo la solitudine e la debolezza delle nostre comunità locali, prive e private per Legge di un vero potere contrattuale. Prevediamo la loro disperazione, ma non sappiamo prevedere il loro grado e il loro tipo di reazione di fronte all’individuazione dei nuovi “siti” nucleari in territori della Pianura Padana dove già si patiscono gli effetti di impianti che danneggiano i suoli e inquinano acqua e aria. Territori che avrebbero  bisogno di ampie bonifiche e non di ulteriori carichi sugli ecosistemi. Territori la cui fragilità, come ha dimostrato l’alluvione in Veneto, richiederebbero “cura”, riassetto idrogeologico, prevenzione e non mega-impianti imposti con la logica e la forza dell’ordine pubblico.

Di fronte al Moloch nucleare, ci sentiamo  come Davide che affronta il gigante Golia senza nemmeno la fionda! Constatiamo, con tristezza, che le popolazioni sono lasciate ancora troppo sole se non fosse per l’impegno di qualche sindaco lungimirante e per minoranze attive e indipendenti, ma prive totalmente di denaro e influenza sui grandi media.
Al contrario ENEL , Governo e potentati economici concentrati in poche mani, hanno avviato su giornali, televisioni pubbliche e private, scuole e Università una campagna unilaterale di convincimento sulla bontà e indispensabilità del nucleare civile, campagna  finanziata dallo Stato in forza del Decreto Legislativo n.31 del 2010, alla faccia del pluralismo e dell’autonomia didattica.
Certo, questa posizione che pretende di essere dominante, concede alle energie rinnovabili, non potendo disconoscerle, spazi minimi, briciole di dignità. Critica, in questo caso giustamente, l’eccessivo consumo di territorio agricolo o aspetti di corruzione che noi per primi condanniamo e che non sono certo intrinseci alla tecnologie utilizzate.  Insomma  propone un mix di fonti energetiche per “meglio” giustificare il nucleare e parla di “complementarietà” tra nucleare ed energie rinnovabili.
Rimuove invece la radicale diversità delle due opzioni per quanto riguarda impatto ambientale, impatto sociale, sicurezza e rispetto della vita. Ci riferiamo non solo al destino delle scorie radioattive che lasceremo in eredità alle future generazioni, ma alla militarizzazione dei siti prescelti dichiarati “ di interesse strategico nazionale”  e a quei Piani di evacuazione e di sicurezza che gli standard internazionali prevedono per le comunità che vivono attorno ad ogni insediamento elettronucleare.

Sconvolgere un territorio costringendolo a vivere accanto ad una “fortezza” che innalza il livello di radioattività circostante e che rappresenta un rischio permanente comporta un costo sociale altissimo. Le  stesse misure di compensazione previste dalla Legge 99 possono forse rispondere alla svalutazione delle abitazioni e dei terreni, ma non possono certo ridurre a  mercato  la salute di genitori e figli, la sicurezza anche psicologica  delle famiglie.
Il nuovo modello  EPR da 1.600 MW, che l’Italia dovrebbe acquistare dalla francese Areva, di proprietà dell’EDF, riduce del 20% il volume delle scorie ma aumenta il  “burnup”, cioè il livello di bruciamento del combustibile,  causando una maggiore radioattività delle scorie stesse  che per Areva sono del 15%, per Greenpeace del 100%.
Non solo: le tre Agenzie nazionali per la sicurezza nucleare di Finlandia, Gran Bretagna e Francia denunciano l’inadeguatezza dei meccanismi di controllo e di arresto del reattore, in caso di incidente,  progettati per questo modello attualmente in costruzione solo a Olkiluoto 3 e a Flammanville, al punto che il Presidente onorario di EDF  Roussely ha riconosciuto nel suo Rapporto che esiste un grave problema di credibilità internazionale riguardo alla sicurezza dei nuovi reattori.
I reattori di terza generazione, come semplice aggiornamento e potenziamento di quelli attualmente in funzione, produrranno a nostro giudizio una tale rottura degli equilibri sociali ed ecologici per le popolazioni locali e per la natura circostante che una coscienza libera da convenienze e interessi dovrebbe escluderli, in attesa che la Ricerca  sia sulla fissione che sulla fusione nucleare trovi finalmente soluzioni più avanzate e davvero sicure, come suggerisce il premio Nobel Carlo Rubbia.

Il principio di precauzione che invochiamo è tanto più percorribile in presenza di alternative energetiche concrete come le fonti rinnovabili e di buone pratiche come quelle del risparmio energetico. Senza dimenticare la solidarietà internazionale verso quei  popoli del Sud  che vedono i propri territori sfruttati e compromessi dalla lotta per l’ accaparramento dell’uranio, che non si distingue certamente da quella per le fonti fossili.
 
Davanti a tutto ciò, come credenti, facciamo nostra l’indicazione del Vangelo quando Gesù esprime compassione davanti alla folla e chiediamo a tutti un atteggiamento di condivisione nei confronti delle nostre comunità che rischiano di essere usate come cavie.
Da qui il nostro impegno per la difesa della vita - valore non negoziabile – anche sulla frontiera delle tecnologie energetiche;  il nostro appello a difendere i beni naturali che sono beni comuni e l’humus della vita stessa; la nostra sollecitazione affinchè vengano messi in atto processi decisionali democratici, nel rispetto della libertà dei cittadini : unica saggia via per prevenire lo  scatenamento di conflitti e frustrazioni.
Mentre cerchiamo di farci carico delle preoccupazioni e delle ansie della gente, ci rivolgiamo con fiducia al  carisma dei nostri vescovi, alla vostra paternità e umanità, perché sulle questioni etiche da noi sollevate esprimiate un orientamento teologico e pastorale con quella stessa sollecitudine  che Sant’ Ambrogio aveva per gli umili, gli indifesi.
Se è vero che né corona né scettro esonerano l’uomo dall’obbedire alla legge morale, troppo spesso la vita concreta degli individui e della società risponde unicamente alla  logica dei rapporti di forza che riesce addirittura a manipolare i dati reali.
Ma è proprio allora che la comunità locale ha più bisogno di una guida, di una autorità che sappia assumersi la responsabilità del giudizio profetico sulla ingiusta ripartizione dei rischi umani e ambientali, sul tasso di violenza e insicurezza portato dall’attuale tecnologia nucleare, sull’autentico sviluppo.

Alla politica invece chiediamo un new deal verde. Chiediamo  a Comuni, Province, Regioni di uscire dalla logica dell’autosufficienza energetica e di promuovere, nella logica della sussidiarietà, un federalismo solidale che contribuisca a produrre attraverso le energie rinnovabili e il risparmio energetico quella quantità indispensabile al Paese intero e non solo al fabbisogno del singolo territorio o della singola Regione. Ciascuno con la propria vocazione, i propri talenti e peculiarità. Insomma chiediamo di costruire democraticamente un Piano energetico nazionale. 
Alla politica chiediamo un Piano straordinario che ci aiuti ad uscire dall’attuale crisi economica puntando non sul centralismo ma sul dinamismo dei territori, sulla poliarchia, sull’industria verde e sull’efficienza energetica : scelte capaci di creare molti più posti di lavoro.
Alla politica chiediamo sia fatta chiarezza sugli intrecci tra nucleare civile e nucleare militare e sulla collaborazione tra imprese italiane ed interessi geostrategici di Paesi stranieri che non brillano affatto nel rispetto della legalità e dei diritti umani.
Anche all’Unione Europea chiediamo maggiore rigore sulle Banche che finanziano produzione e commercio di armi e sul comportamento poco rispettoso dei diritti umani di grandi gruppi europei.  Sappiamo , come emerge da una denuncia di Greenpeace,  che Areva, l’azienda francese  titolare del nuovo modello EPR, estrae uranio in Niger lasciando nei suoli e nelle acque un danno radioattivo elevatissimo e irreparabile. 
Riteniamo che fare silenzio sul  carico di morte che il nucleare porta con sé non sia  “diaconia” nei confronti delle nostre comunità, dei popoli sfruttati  e della salvaguardia del creato. 
Per questo alla Chiesa  chiediamo in modo specifico di fare luce sui valori etici che devono stare alla base di un diverso modello di uso delle risorse, ossia ,di un modello in grado di garantire una vita sostenibile per le persone e l’ambiente.  Abbiamo bisogno di parole di verità, di prese di posizione a favore di un orientamento economico-sociale  che non generi paura e subalternità  ma che sia  fonte di benessere per tutti, che garantisca una vita buona e pace tra le persone, i popoli e l’ambiente.  Abbiamo bisogno di educazione alla nonviolenza e di coscienze denuclearizzate, come ha scritto don Bruno Bignami sulla Rivista del clero italiano ( giugno 2010) .
Crediamo che il  Magistero sociale  e, in particolare, il messaggio di Benedetto XVI in occasione della giornata mondiale della pace 2010  offrano ampi riferimenti per un possibile e attento discernimento dentro le chiese locali e sui territori a favore di scelte energetiche lungimiranti e solidali e a sostegno di un nuovo e più giusto modello di sviluppo quale emerge dalla Caritas in Veritate.
ACLI   e   CreaFuturo Cremona
 

 

 

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