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Green Economy Sintesi della relazione di Andrea Canidio | Piero Carelli

SCUOLA DI EDUCAZIONE ALL’ECONOMIA CORSO: GREEN ECONOMY 21 febbraio 2020 Prof. Andrea Canidio- MISURE DI CONTRASTO DRAMMATICAMENTE INSUFFICIENTI

| Scritto da Redazione
Green Economy  Sintesi della relazione di Andrea Canidio | Piero Carelli

Green Economy  Sintesi della relazione di Andrea Canidio | Piero Carelli

SCUOLA DI EDUCAZIONE ALL’ECONOMIA CORSO: GREEN ECONOMY 21 febbraio 2020 Prof. Andrea Canidio- MISURE DI CONTRASTO  DRAMMATICAMENTE INSUFFICIENTI

I contrapposti negazionismi

Dobbiamo evitare, a proposito di riscaldamento climatico, di cadere nella trappola del negazionismo, sia di chi, in nome della genesi antropica, nega le cause “naturali” che viceversa.

In effetti, a monte vi sono sia fattori che hanno a che vedere con la “natura” sia fattori “umani”. Se prendiamo in considerazione gli ultimi 800.000 anni, notiamo che la concentrazione di gas serra nell’atmosfera registra veri e propri cicli che si ripetono più o meno ogni 50.000 anni. Se poi vogliamo andare più indietro nel tempo, osserviamo che dai 14 ai 10 milioni di anni fa, la Terra aveva una concentrazione di gas serra molto simile alla nostra attuale, la temperatura era di 3-6 gradi superiore e il livello del mare era di 25-40 metri più alto.

È sbagliato, quindi, negare il ruolo delle cause naturali, ma è altrettanto sbagliato negare il picco vertiginoso che si è manifestato nell’ultimo periodo, a partire dalla Rivoluzione industriale e, in modo particolare, negli ultimi cinquant’anni.

I due negazionismi in questione, dunque, vanno evitati perché ambedue cozzano contro l’evidenza.

Letture semplificate che distorcono la realtà

Dobbiamo evitare, inoltre, certe letture semplicistiche delle statistiche. È vero, ad esempio, che la Cina in termini assoluti è il Paese (seguito dagli Usa) che inquina di più l’atmosfera, ma è anche vero che, se consideriamo le emissioni pro capite, troviamo in testa alla classifica gli Stati Uniti, seguiti dal Canada, dall’Australia e dall’Arabia Saudita. Se noi imputassimo le emissioni di prodotti made in China (vedi un elettrodomestico) non alla Cina ma a noi italiani che li utilizziamo, scopriremmo che la nostra virtuosità di cui ci facciamo un vanto verrebbe decisamente appannata.

Scenari possibili in assenza di interventi di contrasto

Da evitare pure le contrapposte visioni del catastrofismo e dell’ottimismo. Non è vero che il riscaldamento climatico è destinato a condannarci alla morte per fame. Se consideriamo, infatti, il sistema Terra nella sua totalità, un riscaldamento a fine secolo di + 4 gradi rispetto al livello pre-industriale cambierebbe la geografia agricola del pianeta, ma conserverebbe gli stessi risultati: numerose aree del Sud del mondo diventerebbero terra bruciata ma, nello stesso tempo, altre aree come la Siberia, il Canada, la Finlandia… si trasformerebbero in veri e propri granai. In altre parole, alcune terre verrebbero penalizzate ed altre beneficiate. Il cibo, di conseguenza, ci sarà ancora per tutti.

Vi è, tuttavia, l’altra faccia del fenomeno. Se osserviamo le singole aree, ci troviamo in presenza di situazioni drammatiche: milioni di profughi climatici che dall’Africa si dirigeranno verso l’Europa, milioni di bengalesi che fuggiranno dalle loro abitazioni che saranno spazzate via dall’innalzamento del livello del mare, nonché un considerevole incremento di conflitti armati e di instabilità politica nell’Africa subsahariana.

Il cambiamento climatico, in altre parole, colpirà le zone più povere del pianeta e questo avrà un impatto rilevante sull’Europa che dovrà prendere misure all’altezza in termini di politica migratoria.

 La retorica/illusione delle azioni virtuose individuali

Occorre pure evitare un eccesso di enfasi sul ruolo dei singoli cittadini in quanto cambiare le loro abitudini richiederà tempi lunghi. Ecco perché si dovrà giocare il più possibile la carta “politica”: la pressione della piazza e l’esercizio del voto avranno di sicuro una maggiore efficacia della scelta individuale, ad esempio, di ridurre il consumo di carne rossa. Le decisioni politiche, sia a livello nazionale che europeo, infatti, possono avere un’efficacia immediata. Si tratta, naturalmente, di prendere decisioni politiche mirate che

a)riducano le emissioni di gas serra (si tenga presente che le decisioni prese oggi avranno un effetto sul pianeta tra 10-20 anni);

b)abbiano effetti rapidi;

c)generino benefici immediati (in aggiunta a quelli a medio e a lungo termine);

d)siano un “punto focale”, vale a dire, qualcosa che tutti sanno e “che tutti sanno che tutti sanno” in modo da agire per un cambiamento “coordinato”.

Pensiamo che ogni anno in Italia muoiono 80.000 persone a causa dell’inquinamento atmosferico e che in tutto il mondo la cifra tocca la soglia del 6% del totale! Pensiamo che una riduzione minima della concentrazione di polveri sottili può produrre un incremento del Pil dello 0,8%. Sono questi gli effetti immediati: meno morti e più ricchezza prodotta.

Un fatto è certo: le politiche di contrasto oggi sono “drammaticamente insufficienti”. Abbiamo bisogno di politiche coraggiose e ambiziose. L’iniziativa dell’Unione europea - il Green New Deal che dovrebbe costare oltre mille miliardi di euro ogni anno dal 2021 al 2030 - va nella direzione giusta.

Ma stiamo attenti a non ripetere gli errori del passato: ricordiamo che la Germania ha smantellato il nucleare per tornare a sfruttare le miniere di carbone che inquinano di più. Il nucleare, laddove c’è, va mantenuto finché non ci sarà un’alternativa forte. E stiamo attenti a puntare, ad esempio, sull’auto elettrica senza coordinare gli interventi (dalle colonnine per la ricarica fino agli incentivi statali tesi a contenere i costi ai livelli attuali).

Vincere la sfida del cambiamento climatico si può, ma per vincerla dobbiamo da un lato liberarci da facili slogan e dall’altro mediante una massiccia pressione politica.

In allegato Slide relazione Andrea Canidio

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