Martedì, 23 aprile 2024 - ore 11.16

L'analisi Perché i referendum della Cgil sono ammissibili di Vittorio Angiolini

Per i tre quesiti – che riguardano voucher, appalti e licenziamenti illegittimi – è ben praticabile una consultazione abrogativa delle scelte fatte dalle leggi sin qui in vigore. Ecco i motivi per i quali la loro accettabilità è manifesta

| Scritto da Redazione
L'analisi Perché i referendum della Cgil sono ammissibili di Vittorio Angiolini

L’ammissibilità dei tre referendum della Cgil, che andrà prossimamente al vaglio della Corte Costituzionale, è manifesta sul piano dello stretto diritto costituzionale. Sul piano dei requisiti generali di ammissibilità di natura giuridico-costituzionale, è anzitutto scontato che nessuno dei tre referendum riguardi materie che, per l’art. 75 Cost., siano esplicitamente precluse all’iniziativa referendaria (che è appunto esclusa per “leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”). Solo per completezza è da precisare, comunque, che l’abrogazione per via referendaria del dlgs. n. 23 del 2015 non inciderebbe, neppure indirettamente, sulle agevolazioni, che sono d’altronde mere agevolazioni contributive e non tributarie, previste dall’art. 1, comma 118 e 119 della legge n. 190 del 2014; tali agevolazioni sono infatti stabilite non in relazione al regime dei “licenziamenti”, toccato da uno dei referendum della Cgil, ma solo ratione temporis in relazione alla stipula dei contratti e per una certa durata. D’altra parte, va tenuto in conto che il dlgs. n. 23 del 2015, di cui si propone l’abrogazione referendaria, ha come unico “campo di applicazione” quello del “regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo” (art. 1, comma 1).

Ciò posto, e guardando ai limiti al referendum individuati dalla giurisprudenza della Corte come “impliciti” e connessi al sistema, bisogna anche notare che nessuno dei tre referendum della Cgil riguarda di sicuro “leggi a contenuto costituzionalmente vincolato”, e cioè la cui abrogazione pregiudicherebbe scelte di sostanza dovute per Costituzione: poiché tanto la materia delle sanzioni da adottarsi nel caso di licenziamenti illegittimi, tanto quella della responsabilità verso i lavoratori in caso di appalto tanto quella dell’uso del lavoro accessorio tramite “voucher” sono tutte materie rimesse alla decisione politica e discrezionale del legislatore, per cui è dunque ben praticabile un referendum abrogativo delle scelte fatte dalle leggi sin qui in vigore.

Sui singoli quesiti dei tre referendum

È poi altresì indubitabile che ciascuno dei tre referendum, su cui votare distintamente, abbia oggetto chiaramente identificato, sia omogeneo per la materia trattata e le alternative proposte agli elettori, nonché univoco negli esiti. Scendendo nel dettaglio dei singoli quesiti referendari, il referendum sul “lavoro accessorio (voucher)” mira ad abrogare le disposizioni di legge che hanno consentito un utilizzo di questo istituto improprio ed invasivo, tale da favorire forme incontrollate di precariato, in danno alla tipicità dell’utilizzo del lavoro a tempo determinato e del lavoro stagionale nonché, più ampiamente, in danno al principio, che è principio di livello europeo, per cui il rapporto di lavoro da reputarsi normale è quello a tempo pieno ed a tempo indeterminato.

Il referendum sulle “disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti”, con un quesito la cui formulazione è semplice e piana, mira invece ad abrogare disposizioni di legge con le quali è stata attenuata (e vanificata) la responsabilità datoriale verso i lavoratori appunto in caso di appalto; si può aggiungere, al riguardo che tali specifiche disposizioni limitative del rispondere in solido, di cui il quesito referendario propone l’abrogazione, sono disposizioni legislative che fanno eccezione ai principi di diritto privato, di cui dunque la proposta referendaria tende a rispristinare l’integrità. Appena più articolata, infine, è la formulazione del quesito referendario “in materia di licenziamenti illegittimi”. Ma è da osservare come ciò sia dovuto solamente, oltre che agli sviluppi non lineari, a tratti incongrui o contraddittori e persino tumultuosi della legislazione in questa materia, ad una precisa esigenza tecnica, di indole squisitamente giuridica e costituzionale.

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Vittorio Angiolini è costituzionalista e docente dell’Università Statale di Milano

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