Martedì, 23 aprile 2024 - ore 23.34

L’IMMIGRATO IN BICI, LA GIOVANE SIGNORA, UN DISTINTO SIGNORE di Giorgino Carnevali (Cremona)

E TUTTO ACCADE SU UN MARCIAPIEDE. Non può sempre andare avanti così, perché loro…se ne strabattono! Direttore Gianni Carlo ciao e buona giornata. Se cominciassi dalla creazione dell’uomo verrebbe un po’ lunga. Comincerò invece da “noaltri”.

| Scritto da Redazione
L’IMMIGRATO IN BICI, LA GIOVANE SIGNORA, UN DISTINTO SIGNORE di Giorgino  Carnevali (Cremona) L’IMMIGRATO IN BICI, LA GIOVANE SIGNORA, UN DISTINTO SIGNORE di Giorgino  Carnevali (Cremona)

Un sacco di persone, in questa ridente cittadina della bassa, pensa che non ci arriveranno mai certi “ospiti” a casa nostra. Invece bisogna farceli arrivare, “mica” sarà semplice, tuttavia ci dobbiamo provare. Almeno!

Metti Cremona, città della musica, oltre che dell’accoglienza per moltissimi immigrati. Metti una mattina di un giorno infrasettimanale, metti anche che il luogo sia il marciapiede di Piazza Giovanni XXIII, una isolata piazza di transito. Metti che un immigrato di colore transiti incurante di ogni regola civile, con la propria bicicletta, sul marciapiede. Metti che incontri sul marciapiede una giovane signora dall’incedere spedito. La logica, il senso civile del vivere quotidiano imporrebbe che quell’immigrato se ne scendesse dal marciapiede e cedesse il passo a quella signora. Nulla di tutto questo invece. Imperterrito  lui prosegue la pedalata sul marciapiede. Anzi, sembra che addirittura “ce ne vada a lui”!  Per evitare di essere investita la signora si vede costretta a scendere precipitosamente dal marciapiede. Avrà apostrofato quell’immigrato la signora? Ma va là, coi tempi che corrono chi si azzarda più. Capita poi che sul medesimo marciapiede, a distanza di solo qualche metro, in quello stesso instante passeggi a piedi un distinto signore di mezza età. Assistite alla scena, incrocia quell’immigrato. Per evitare di essere investito pure lui scende dal marciapiede, e lo avverte che i marciapiedi in genere sono destinati ai pedoni.  La risposta è disarmante: “Io non conosco vostre regole, io non di vostro paese, non parlo vostra lingua, vado dove mi pare, non mi interessa, faccio sempre così, cosa vuoi tu da me?”. La signora ed il distinto signore rimangono allibiti, senza parole, ma non fanno mancare una loro amara considerazione, e ad alta  voce: “Diamine, così non va bene affatto, così non si può andare avanti. Questi se ne strabattono alla grande!”. In quella telegrafica esclamazione si racchiudo tutte le loro preoccupazioni, forse anche oscuri presagi. Si comprimono, si reprimono, si deprimono, urlano, sbraitano, giocano a mettere paura? Nulla di tutto questo caro il mio caro Gianni Carlo. Si accomiatano sconsolati, e basta! E’ vero, un episodio increscioso, deprecabile, tuttavia un “bruscolino” se raffrontato ad episodi di ben altra rilevante gravità che marcano il perimetro della nostra quotidianità.  E allora? Don Antonio, direttore di Caritas, “santo” di un prete, impastato di una fede granitica, sapendoti quotidianamente al servizio di quegli emarginati, tuttavia pur sempre “ospiti” in odore di integrazione a casa nostra (e non me ne volere se rendo pubblico l’accaduto), semplicemente rammenta (ma lo sai benissimo anche tu) che tra tante mele…purtroppo devi fare i conti anche con qualcuna di marcia. Se non di più! Prendi provvedimenti, in fretta, intervieni saggiamente come solo tu sai fare, educa chi ha comportamenti incivili. Mi chiedo come tu riesca ancora a tirare avanti  tutto quell’impalcato di ospiti, tu “uomo” generoso, disponibile, paziente d’un prete. “Chapeau” don Antonio, chapeau. Ti so costantemente al fianco di quegli ultimi, di quelli a cui nessuno (o quasi!) pensa (o se ci pensa ne pensa male), tu che quotidianamente t’adoperi in tutti i modi con pazienza, risoluto privo di  paura…. “Dopo il verbo “amare” il verbo “aiutare” è il più bello del mondo. Purtroppo ormai da troppo tempo,  e mentre scrivo, siamo entrati nella stagione delle chiamate d’aiuto. Chissà se a quelli che si occupano del niente comincia a dare sui nervi il verbo “servire”. 

Giorgino  Carnevali (Cremona) 

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