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La morte cerebrale e il caso di Harrison Elmer

Il business degli espianti a cuore battente

| Scritto da Redazione
La morte cerebrale e il caso di Harrison Elmer

Harrison Elmer nato a fine Dicembre 2012 da Samantha e Adam, dopo tre settimane ebbe una notte insonne e il giorno dopo non reagiva. Sua mamma chiamò il numero d'emergenza, così un'ambulanza portò Harrison all'Ospedale Rotherham.

I medici esaminarono il fluido cerebro-spinale e conclusero che Harrison aveva una meningite, un'infezione mortale. Furono somministrati forti antibiotici per cinque giorni ma le sue condizioni peggiorarono. La diagnostica per immagini mostrò, a detta dei medici, che Harrison era “morto cerebrale”. Lo lasciarono sotto ventilazione in modo che i genitori in lacrime potessero avere il tempo di salutarlo. Poi i medici spensero la ventilazione.

Ma Harrison continuò a respirare spontaneamente. “Sembrò un vero miracolo”.

Harrison non solo visse ma migliorò. I suoi progressi stupirono i medici che avevano pronosticato che non avrebbe mai camminato, né parlato, né sarebbe riuscito a nutrirsi.

Invece Harrison crebbe forte e imparò a camminare, a parlare e a nutrirsi. Ora è un bambino felice e giocoso di tre anni che corre in giro, pedala sulla sua bici e legge libri.

Harrison inizia l'asilo il prossimo anno. Ha un po' di sordità ad un orecchio ed una lieve paralisi sul lato destro, “ma non lo diresti mai guardandolo” dice Samantha ora in attesa di una bimba.

(Sheffield, U.K., 30 Ottobre 2015 da LifeSiteNews)

 

Quanti errori diagnostici di “morte cerebrale” vengono coperti dagli espianti? La legge italiana non prevede che i medici che eseguono i protocolli possano certificare falsamente la “morte cerebrale” per negligenza, imperizia, dolo, né prevede alcuna punizione del reato. Può la dichiarazione di morte dipendere dalla firma di medici sovente in chiaro conflitto di interessi?

Da quando la morte non è più costatata in arresto cardiocircolatorio e respiratorio protratti (verificabile dai parenti) ma dichiarata d'autorità a cuore battente sotto ventilazione dai medici, su base neurologica e protocolli variabili, la percezione che il malato o il morente sia in balia di soggettive valutazioni utilitaristiche o semplicemente ideologiche è certezza.

Lo dimostra soprattutto l'illecita pratica in atto su neonati e bambini in età pediatrica.

La legge italiana che equipara la cosiddetta “morte cerebrale” alla morte (L. 578/93) stabilisce che la certificazione “deve tener conto delle peculiarità dei soggetti di età inferiore ai cinque anni” per la nota capacità di ripresa documentata nella letteratura internazionale.

Quindi il D.M. 582/94 “Regolamentorecante le modalità per l'accertamento e certificazione di morte” (cerebrale) stabiliva in ottemperanza “un periodo di osservazione di 12 ore per i bambini di età compresa tra uno e cinque anni, ventiquattro ore nei bambini di età inferiore a un anno”.

La domanda è: perché l'ex Ministra Livia Turco ha cancellato queste minime cautele con il Decreto 11 Aprile 2008 che riduce anche per i neonati/bambini l'osservazione a solo 6 ore contro le 12/24 del precedente regolamento, come per gli adulti, ed i controlli da 3 a 2 nelle 6 ore? Perché ha imposto in assenza di consenso genitoriale “indagini strumentali del flusso ematico cerebrale” invasive e pericolose (anche mortali)? Un Decreto illecito, contro-legge, emesso proprio ad un giorno dalla votazione del 13 Aprile 2008 per l'elezione del nuovo governo. Decreto illecito quindi impugnabile. Ma il successivo Ministro della salute non lo impugnò nonostante la nostra richiesta. La lobby della “morte cerebrale” e dei trapianti domina il Parlamento. 

Quindi in Italia i cuccioli d'uomo sono a rischio perché i coordinatori dei trapianti non dicono ai genitori vulnerabili che la “morte cerebrale” è una finzione e l'espianto è praticato a cuore battente; non dicono che in certi Stati non si espiantano né trapiantano i minori; né che l'Italia conduce una politica di ricambio d'organi sacrificando i propri bambini a favore d'altri Paesi.

Bisogna che madri e padri non cadano nella trappola vischiosa delle parole menzognere, della compassione altruistica/autolesionistica e della sottomissione promossa dagli astuti coordinatori e dalla propaganda mass-mediatica. Il bambino non è proprietà della madre, né del padre, né dello Stato. Quindi non va macellato ma curato. Quella firma, che i medici coordinatori domandano, NON VA DATA.

Fonte: Lega Nazionale Contro la Predazione di Organie la Morte a Cuore Battente

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