Mercoledì, 24 aprile 2024 - ore 00.21

La nuova riforma Costituzionale risponde alle necessità della Repubblica di oggi di Luciano Pizzetti

Al fondo vi è una domanda semplice che richiede risposta semplice: il progetto di riforma costituzionale su cui i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi in autunno, farà regredire la qualità del nostro sistema democratico o lo renderà più capace di affrontare le sfide della modernità?

| Scritto da Redazione
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La nuova riforma Costituzionale risponde alle necessità della Repubblica di oggi  di Luciano Pizzetti

Al fondo vi è una domanda semplice che richiede risposta semplice: il progetto di riforma costituzionale su cui i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi in autunno, farà regredire la qualità del nostro sistema democratico o lo renderà più capace di affrontare le sfide della modernità?

Se il riformismo equivalesse ad un cambiamento pur che sia, credo che renderebbe un pessimo servizio all’Italia e agli italiani. La riforma costituzionale appena approvata, dopo una discussione durata due anni e ben sei passaggi parlamentari, è l’opposto di una mediocre ideologia riformista.

Costituisce una risposta democraticamente utile a problemi che già interessarono i Costituenti. Allora ci si orientò in una direzione segnata dal superamento del ventennio fascista. Oggi la democrazia non corre il rischio del tiranno bensì quello di un ‘anchilosamento ’. Perciò è necessario che rappresentanza e decisione trovino un miglior equilibrio. La questione è aperta da tempo. La prima commissione Bicamerale per la riforma della Costituzione risale al 1983. Finalmente nel 2016 il Parlamento ha varato un progetto di cambiamento della nostra Carta fondamentale. E’ un compromesso tra diverse culture, com’è giusto che sia e come lo fu il prodotto dell ’Assemblea costituente. Una buona riscrittura dei nostri pilastri democratici, varata nella più totale osservanza dell’articolo 138 che i Costituenti eressero a garanzia della Costituzione medesima.

Al fondo vi è una domanda semplice che richiede risposta semplice: il progetto di riforma costituzionale su cui i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi in autunno, farà regredire la qualità del nostro sistema democratico o lo renderà più capace di affrontare le sfide della modernità? La crisi della nostra democrazia, perché di ciò si tratta, è tale da richiedere ciò che il progetto propone. Per assicurarle nuova linfa e maggior forza. Un’amorevole cura radicale per mantenerla vitale.

In che direzione muove la riforma?

Su sei piste.

Qualificazione della rappresentanza , con il Parlamento composto da una Camera legislativa politica eletta a suffragio universale unica titolata a dare e togliere la fiducia al Governo e un Senato che rappresenta le Istituzioni territoriali.

Efficacia della decisione, col superamento del bicameralismo, l’introduzione della corsia preferenziale per l’esame di atti del Governo necessari alla realizzazione del proprio programma.

Estensione delle garanzie democratiche , con l’introduzione dello Statuto delle opposizioni e percorsi legislativi dedicati, l’innalzamento del quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica.

Istituti rafforzati per la partecipazione e la democrazia diretta, rendendo cogenti le leggi di iniziativa popolare, abbassando il quorum del referendum abrogativo, introducendo i referendum propositivi e d’indirizzo.

Contenimento dei costi della politica, con la riduzione drastica del numero dei parlamentari, il controllo dei conti e dei costi delle Regioni, la semplificazione della filiera istituzionale.

Riorganizzazione della Repubblica, riportando in capo allo Stato le questioni strategiche, rendendo più chiare le competenze regionali e rafforzando il cosiddetto regionalismo differenziato in modo che le Regioni che hanno il bilancio in pareggio possano agire direttamente su materie di competenza statale, superando le Province e concentrando l’azione amministrativa nei Comuni sulla base di un’accentuata sussidiarietà verticale.

Il nuovo Senato delle Autonomie sarà il luogo dove, abbandonata la suggestione federalista risultata impraticabile, si ricomporrà la Repubblica, sinonimo di Stato, Regioni, Comuni. Attivando una relazione diretta con la normazione europea secondo una efficace idea regionalista nazionale e sovranazionale.

Perciò il nuovo Senato, composto da Sindaci e rappresentati delle Regioni indicati dai cittadini, parteciperà al procedimento legislativo secondo criteri differenti ma chiari. Le leggi ordinarie saranno di competenza della Camera e il Senato avrà titolo di proposta; quelle Costituzionali e quelle relative agli Enti Locali e ai trattati europei le faranno insieme.

Dov’è la confusione? Dov’è il conflitto? I ruoli sono nettamente definiti per funzioni e per materie. Il fatto rilevante è che si portano Regioni e Comuni nel cuore dello Stato, non più solo periferie.

Il progetto di riforma ha avuto una lunga e proficua incubazione, ha tenuto in gran considerazione i lavori dei trent’anni precedenti, ha mosso i propri passi nell’alveo della discussione tra i padri fondatori della Repubblica , ha acquisito apporti dalle diverse culture politiche. Si può legittimamente non condividere ma non è lecita l’accusa di restrizione degli spazi democratici.

Sarebbe molto utile, oltre i plebisciti e i desideri di usare il referendum per portare il Paese alle ennesime elezioni anticipate abbattendone la credibilità, confrontarsi davvero nel merito affinché la democrazia viva e non vivacchi. Perché ciò accada occorre evitare di brandire clave. A partire da quella di un Parlamento delegittimato a riformare. Questo si che rappresenta un vero oltraggio al quella Costituzione che si vuol difendere a prescindere e alla Corte Costituzionale che la tutela e la interpreta.

Sen. Luciano Pizzetti

Sottosegretario alle Riforme costituzionali e ai rapporti col Parlamento

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