Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 06.30

Le scogliere tropicalizzate del Mediterraneo: specie invasive, rapido riscaldamento e circolo vizioso del carbonio

Una scogliera israeliana sta diventando tropicale e potrebbe contribuire al riscaldamento globale

| Scritto da Redazione
Le scogliere tropicalizzate del Mediterraneo: specie invasive, rapido riscaldamento e circolo vizioso del carbonio

E’ noto che il riscaldamento globale sta portando alla tropicalizzazione degli ecosistemi marini temperati. Studi recenti hanno dimostrato che questo processo danneggia le praterie di piante e alghe anche nel Mediterraneo e si pensa che questi cambiamenti potrebbero avere conseguenze significative sul funzionamento dell’ecosistema.

Lo studio “Tropicalization may invert trophic state and carbon budget of shallow temperate rocky reefs”, pubblicato sul Journal of Ecology da un team di ricercatori del National Institute of Oceanography di Israele, ha testato, in situ, «in che modo la tropicalizzazione influenza le funzioni di approvvigionamento dell’habitat e il ricambio di carbonio di una scogliera poco profonda nel Mar Mediterraneo sud-orientale, in rapido riscaldamento e fortemente invasa».

I ricercatori israeliani hanno studiato tre habitat: una prateria di alghe brune autoctone (Cystoseira) in diminuzione, la prateria sottomarina predominante formata dal pascolo eccessivo del pesce coniglio tropicale (Siganus stellatus) e le alghe tropicali in espansione dominati dalle alghe calcificanti rosse (Galaxaura rugosa).

Lo studio «esemplifica le possibili conseguenze funzionali dei cambiamenti di regime portati dalla tropicalizzazione su scogliere rocciose temperate poco profonde e su come queste possano invertire lo stato trofico netto e l’equilibrio del carbonio».

Il principale autore dello studio, Ohad Peleg, un ecologo marino che lavora anche per l’università neozelandese di Auckland, conosce bene quei fondali fin da bambino, ma quando si tuffa lì oggi vede un fondale marino sterile invaso da creature tropicali, dal pesce coniglio che divora le alghe ai pennacchi di alghe rosse calcificanti. Il ricercatore israeliano spiega su Hakai Magazine che è la tropicalizzazione in azione: «L’afflusso di specie tropicali sta trasformando le tipiche scogliere temperate in qualcosa di sempre più tropicale. E’ abbastanza folle».

E, secondo quanto emerge dallo studio, le specie invasive tropicali stanno cambiando i nostri fondali molto di più di quanto si pensasse: li stanno trasformando da ricchi pozzi di carbonio, che estraggono l’anidride carbonica dall’acqua e la immagazzinano, in fonti di carbonio che contribuiscono a un ulteriore riscaldamento. Un cambiamento che finisce per avvia un pericoloso circuito di feedback che facilita la diffusione di altri distruttivi invasori tropicali. Secondo Peleg, «E’ una china scivolosa: più riscaldamento aumenta la tropicalizzazione, che a sua volta aumenta le emissioni di carbonio».

Peleg e il suo team hanno effettuato una serie di test su una secca rocciosa poco profonda vicino ad Haifa, posizionato delle camere a forma di cupola su piccoli appezzamenti di alghe nei tre diversi habitat e, dopo un giorno, hanno effettuato una serie di misurazioni in ciascun habitat per valutare i cambiamenti nel funzionamento della scogliera, compresa la quantità di carbonio immagazzinata e rilasciata, la diversità biologica e l’abbondanza di pesci. Hanno così scoperto che la prateria algale autoctona è un pozzo di carbonio e che ospita la più grande biodiversità tra i tre habitat».

L’habitat messo peggio è invece quello in cui pascolano i pesci coniglio che, dalle barriere coralline del Mar Rosso, hanno raggiunto il Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. Peleg evidenzia che «Il pesce coniglio è una delle cose peggiori che possano accadere alle scogliere temperate del mondo».

E il team ha anche scoperto che, a differenza della prateria di alghe autoctone, per i nutrienti la prateria frequentata dai Siganus stellatus si basava su fonti esterne: dagli organismi decomposti alle feci dei pesci. La foresta di organismi tropicali è biologicamente diversificata come la prateria di alghe, ma emetteva più carbonio di quanto ne assorbisse. La cosa ha sorpreso Peleg, perché gli ecosistemi biodiversi sono in genere più efficienti nell’utilizzare la CO2 rispetto a quelli dove vivono solo poche specie.

Anche se lo studio è stato condotto su una sola scogliera sommersa, Peleg è convinto che gli effetti della tropicalizzazione potrebbero essere globalmente devastanti e Hakai Magazine dice che «La Western Australia ne è un chiaro esempio. Lì, centinaia di chilometri di praterie di alghe sono già state spazzate via dalle ondate di caldo marine , con pesci tropicali invasivi che hanno spazzato via nuove comunità di alghe prima che fossero in grado di stabilirsi». Peleg fa notare che «Questo è un sacco di carbonio stoccato che non c’è più, il che significa una parte probabilmente è tornata nell’atmosfera. Dove non c’è un pozzo, aumentano le emissioni di anidride carbonica».

Intervistato da Hakai Magazine, Peter Steinberg, un ecologo marino australiano dell’università del New South Wales che non ha partecipato allo studio, ha detto che l’habitat tropicale illustrato nello studio di Peleg «E’ un nuovo affascinante tipo di habitat che non è mai stato visto in precedenza. In altre comunità tropicalizzate c’è stato uno spostamento verso i coralli, quindi sarà interessante vedere se questo nuovo stato algale persisterà. Esiste un potenziale per un nuovo ciclo di nutrienti e carbonio che non comprendiamo ancora. Questo probabilmente influirà sulla produttività complessiva dell’ecosistema».

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