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LI’ PER “CASO”….QUELLA CAVA DEI SIGNORI TIGOZZI| G.Carnevali

| Scritto da Redazione
LI’ PER “CASO”….QUELLA CAVA DEI SIGNORI TIGOZZI| G.Carnevali

Il “caso” è fecondo nelle città, e più le città sono grandi, più il “caso” è fecondo….Ma da noi, in quella “parva sed apta nobis” Cremona….”chemminchia” di “caso” fecondo vuoi che venga risolto? Cavatigozzi ad esempio, periferia di Cremona, DUEMILA abitanti (o giù di lì). Potrebbe “FARE COMUNE”. Già, manco a farlo apposta ci si era già pensato intensamente a “referendarlo”  ‘sto benedetto neofita Comune. Maaa...si sa come vanno le cose!

RIPRENDO UN MIO VECCHIO “ADAGIO”.

Punto cardinale, orientamento: un tiro di schioppo da Cremona. Terra della Bassa (è un vanto…di questi tempi!). Le sorti di Cavatigozzi? Mi punge vaghezza che “non ci sia trippa per gatti” (per dirla alla romanesco). Tanto tuonò che ancora sta “piovendo” a dirotto. Vabbe, stringiamo le chiappe (dettaglio comico non da poco)…e via a “remare”!. In quel fazzoletto di territorio i cremonesi di molti anni fa si recavano (testimonianze autentiche) pure in villeggiatura; pensate un poco!  E ancora ti potevi inebriare di filari di spessi pioppi, platani e faggi, terra grassa e sfrontata, grandi zolle a pancia all’aria impastate di sudore e di speranze, di umore e di “sangue sputato” per cavar fuori il raccolto, di fumo di camini e di musica, di vino denso come il petrolio, e di zanzare, di processioni e di bestemmie, di angeli e di diavoletti. Acqua pesante, “incheta” e rumoreggiante provenire dal vicino (uno sputo di chilometro) Grande Fiume, acqua che spesso s’accompagna suggestiva a quella male odorosa (conquista di sparuti pescatori) provenire invece dal fallimentare Canale Navigabile. E poi nebbia inchiodata ai rami di alberi indifferenti, grappoli di cascine schiacciate dalla fatica e da un orizzonte piatto, opaco e monotono che ignora, nonostante tutto, il richiamo dello spazio. Casolari dalle ampie aie dove correva una vita sempre diversa, eternamente uguale: la festa del grano,  battesimi, nozze, funerali. Mattoni fiaccati dal caldo e dal freddo, il povero campanile che ancora rincorre, solitario, il cielo; una modesta cappella di madonna corteggiata da fiori polverosi, un luogo in cui si è invitati ad entrare ed a riflettere, dove il dolore si fa parola, allorquando il seme della perdita….feconda ancora il ricordo. Stradine che disegnano fra i campi pettinati curve inutili e capricciose. Profumi? Ahh, rimpianto di quei profumi di terra e di umido, di foglie intrise di brume o accartocciate dal respiro dell’estate, profumi intensi di bolliti, di pasta e fagioli, cantine odorose e generose, gelosamente serrate ma pronte a far festa con “mesciute” di vino fruttato, corposo, abboccato. E poi? Poi il nulla, tutto finisce lì. (Un grazie incondizionato a quella musa ispiratrice di nome Giovannino Guareschi). Il che se da un lato ti dà una “nota d’amore”, dall’altro ti toglie l’anima, ti mette al tappeto, insomma…sei fregato. No, no, no è un racconto orientale, non è nemmeno un racconto, è la realtà: un riso muto di buon mattino per smorzarsi la sera in lacrime e singhiozzi.

ANCORA, RIPRENDO “CERTE” IMPRECAZIONI…A PERDERE, PERO’.

“La mia Cava, la mia Cava, ah la mia Cava!”. E intanto, in quella Cava dei signori Tigozzi, viene la notte, che sembra più notte e scura, come ancora la disegnano solo i bambini, un’altra notte insonne; “chissàmaperchè”…insonne!? Cos'è, mamma santissima, un’unica crocifissione rispetto a quella, quotidiana, che patisce l'insonne?”. L’innocenza di un bimbo: “Vuoi che traslochiamo, mamma? Vuoi che cambiamo città? Per gli amici non c’è problema, a quelli veri ‘ci’ scriveremo, gli altri li dimenticheremo. Dai andiamo a New York, mamma, è bella New York, si sta bene a New York. Ce la filiamo? Ma allora, allora…cosa dobbiamo fare, allora? Allora…finiscila, mamma!”. La finisce quella mamma, la finisce, soffoca le ultime grida nel calore di un  consunto “arrugginito” golf che non è suo. La mamma ha un gesto tutto suo per asciugarsi le lacrime: con il dorso dei pugni chiusi, come se avesse sempre pianto di rabbia. Già fai fatica a pensare di tuo, immagina che fatica a pensare come quella mamma! TOC, TOC, TOC. “Chi è?”. Da lontano s’ode minacciosa: “Sono la notte ch’arriva buia!”. Il bimbo aprì a malapena un assonnato occhio e non la riconobbe. La mamma (ah, le mamme!) quella mamma subito la riconobbe, sobbalzò andando a rincantucciarsi nell’angolo più sperduto della vecchia abitazione. Con il cuore che batteva in ritirata, fece un gran respiro. E per quella notte…la notte non fu più “NOTTE”. Intanto quella Cava dei Signori Tigozzi ancora una volta affrontava una nuova faticosa giornata. “MA VIENE IL MOMENTO, NEL QUALE TRIONFA L’INELUTTABILE LEGGE, CHE COLPISCE TUTTO QUANTO E’ STATO COSTRUITO SOPRA UNA LATENTE O APERTA SPROPORZIONE TRA LA GRANDEZZA DEL SUCCESSO MATERIALE ED ESTERNO E LA DEBOLEZZA DEL VALORE INTERNO E DEL SUO FONDAMENTO MORALE”. (don Primo – Il mestiere dell’uomo).

Giorgino  Carnevali

2013-11-01

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