Venerdì, 03 maggio 2024 - ore 18.04

Libri, la recensione di ‘Fai bei sogni’ di Massimo Gramellini

Autore della recensione, il nostro Massimo Negri

| Scritto da Redazione
Libri, la recensione di ‘Fai bei sogni’ di Massimo Gramellini

Il mondo interiore di Massimo Gramellini è stato segnato dalla perdita della mamma quand’era bambino e, a distanza di quarant’anni, ha trovato le parole per raccontare ed elaborare il suo lutto, giungendo pure a una migliore comprensione di sé. Il titolo del libro, Fai bei sogni, edito da Longanesi, richiama le tenere parole dette dalla madre al figlio l’ultima sera mentre gli rimboccava le coperte: «Fai bei sogni, piccolino». Il bambino ha nove anni, vede che la mamma da qualche tempo non sta bene ma ignora la gravità della sua malattia. Un giorno, grazie a una foto, ricorda il suo sorriso da ragazza e gli occhi azzurri ancora pieni di stupore e chiede a un caro zio: «E allora, perché se n’è andata?». E lui, risponde: «Non lo ha scelto lei. È il destino che le è caduto addosso».

Rimasto orfano, conosce Belfagor, nome dato ai dolori del cuore e al freddo dell’anima. L’adolescenza è difficile ma è un po’ rasserenata dalla passione calcistica, punteggiata da personali radiocronache di partite immaginarie fra le mura di casa e dalla regolarità delle domeniche allo stadio con papà a tifare per il Torino. Più avanti, scoperto con alterne fortune l’universo femminile, durante gli studi comprende che l’inazione e le rinunce sono le migliori alleate di Belfagor. È arrivato il momento di sconfiggere il nemico (o almeno di assestargli un duro colpo), tenendo i piedi per terra ma rialzando lo sguardo al cielo. Le nuvole si sono diradate e riappare il sogno di scrivere quando ormai l’autore credeva di non desiderarlo più. I primi articoli sono per Il Corriere dello Sport cui segue, dopo un anno di gavetta, l’assunzione a Il Giorno di Milano. La metamorfosi è completata: Gramellini ha trovato il suo posto nel mondo.

L’approdo al quotidiano La Stampa, prima nella redazione romana e poi nella sua città, a Torino, mi pare fosse nell’ordine naturale delle cose. La sua rubrica Buongiorno allieta le mie mattine al pari di un caffè. Detto infine che la parte conclusiva del libro svela una amara verità, termino le mie note con un frammento salvato dall’ormai noto giornalista nel corso di una corrispondenza di guerra da Sarajevo, agli inizi degli anni Novanta. In una delle ultime pagine de I miserabili di Victor Hugo il protagonista Jean Valejan sta per spegnersi nel suo letto e Cosette, la figlia adottiva, lo implora di resistere. Non vuole che muoia, ma quel grande giusto la rassicura: «È nulla il morire. Spaventoso è non vivere».

Massimo Negri

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