Venerdì, 17 maggio 2024 - ore 09.30

Lo sviluppo perduto delle rinnovabili ha impedito all’Italia di tagliare il 70% del gas russo

Draghi: «Il grosso ostacolo all'espansione significativa delle energie rinnovabili oggi è rappresentato dai procedimenti autorizzativi e questo è un problema che, se non superiamo, non andiamo da nessuna parte»

| Scritto da Redazione
Lo sviluppo perduto delle rinnovabili ha impedito all’Italia di tagliare il 70% del gas russo

È inutile piangere sul latte versato, ma mentre la crisi energetica si abbatte su cittadini e imprese è lecito chiedersi cosa sarebbe accaduto oggi al Paese, se avessimo mantenuto il trend di installazioni di fonti rinnovabili raggiunto negli anni d’oro 2010-2013.

È quanto ha provato a fare Legambiente, documentando che se lo sviluppo delle rinnovabili – limitando l’analisi per semplicità a solare ed eolico – fosse andato avanti con lo stesso incremento annuale medio registrato nel triennio 2010-2013 (pari a 5,9 GW l’anno, contro il dato attuale inferiore a 1 GW), oggi l’Italia avrebbe 50 GW in più di impianti e sarebbe stata così in grado di ridurre i consumi di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l’anno, tagliando le importazioni di gas dalla Russia del 70%.

«È ora di dire basta a ogni forma di ricatto energetico e di dipendenza dalle fonti fossili, l’Italia del sole e del vento – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – velocizzi la transizione verso le rinnovabili decuplicandone la velocità di sviluppo, spingendo sull’autoproduzione energetica, semplificando gli iter autorizzativi, aggiornando la normativa e mettendo al centro i territori.  Ad oggi potevamo essere un Paese modello sul fronte delle energie pulite e nella lotta alla crisi climatica, ma ciò non è avvenuto e al quadro attuale si è anche aggiunto il folle rincaro delle bollette che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese».

L’operazione era e resta tecnicamente fattibile, come testimonia la proposta avanzata direttamente da Elettricità futura – la principale associazione confindustriale attiva nel comparto elettrico – chiedendo al Governo e alle Regioni di autorizzare entro giugno 60 GW di nuovi impianti rinnovabili (pari a solo un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna) con conseguente messa a terra degli investimenti nell’arco di soli tre anni.

Il problema appunto resta nell’autorizzarli questi impianti, e nel realizzarli concretamente all’interno di territori dove troppo spesso vengono ostacolati da sindromi Nimby&Nimto che non fanno né l’interesse del pianeta né quello delle comunità locali. Un problema riconosciuto con franchezza dallo stesso premier Mario Draghi, intervenuto ieri alla Camera per le interrogazioni a risposta immediata.

«Il grosso ostacolo all’espansione significativa delle energie rinnovabili oggi è rappresentato dai procedimenti autorizzativi e questo è un problema che, se non superiamo, non andiamo da nessuna parte – ha dichiarato Draghi in Aula – Intendiamo rispettare l’obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza di settanta gigawatt di rinnovabili entro il 2026, se si sbloccano le autorizzazioni però».

Parlando di rinnovabili il premier ha voluto «richiamare ancora, con forza, l’importanza di realizzare nuove infrastrutture in tutto il Paese, queste sono una parte essenziale del futuro dell’Italia. Il Governo è al lavoro per snellire le procedure, snellire la burocrazia e accelerare gli investimenti, ma occorre la collaborazione di tutti, soprattutto sul territorio, soprattutto nelle regioni; ma diciamo anche che è cambiato il contesto, evidentemente certe considerazioni di tipo autorizzativo, che magari erano giustificate in un contesto normale, non sono più giustificate in questo momento di emergenza; quindi, non voglio dire che questo resterà per sempre, ma è parte della transizione; la transizione non è soltanto approvvigionarsi di più di gas, ma la transizione è anche riuscire a capire che bisogna sospendere certe norme, in un periodo di guerra».

Il problema è che finora le semplificazioni varate dal Governo non sono affatto servite a sbloccare l’installazione di nuovi impianti rinnovabili, come mostrano peraltro gli incentivi nazionali che girano a vuoto. È arrivato il momento di cambiare marcia, anche secondo Draghi, almeno a parole: «Essenzialmente – conclude il premier – le risposte che bisogna dare ora sono un’efficace rapida diversificazione e una accelerazione degli investimenti nelle rinnovabili. Questo forse può sembrare molto semplicistico, ma è l’essenza di quel che dobbiamo fare».

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