Venerdì, 19 aprile 2024 - ore 21.58

MATRIMONIO NELLA TRADIZIONE POPOLARE CREMONESE| A.Melega

“Tóo la fàava, spušìna càara… (Prendi la fava, sposina cara...)”

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MATRIMONIO NELLA TRADIZIONE POPOLARE CREMONESE| A.Melega MATRIMONIO NELLA TRADIZIONE POPOLARE CREMONESE| A.Melega

IL MATRIMONIO NELLA TRADIZIONE POPOLARE CREMONESE  di Agostino Melega

“Tóo la fàava, spušìna càara… (Prendi la fava, sposina cara...)”

Il matrimonio, nella cultura della tradizione, è la seconda tappa della vita. La prima tappa è ovviamente la nascita. Accanto ad eventi di tale portata le comunità hanno coltivato nel proprio seno usi e costumanze, rituali ed abitudini, gesti e cerimonie d’ordine sacro e profano, intimo ed esteriore, familiare e collettivo, sul rigo di una sensibilità attenta ai segni dei tempi, della natura e dello spirito.

Nei millenni, nel passaggio da una generazione all’altra, sono rimaste nella memoria collettiva, quali reliquie di comportamenti antichi, rituali appartenenti a un passato remoto, leggibili ancora fra i giochi dei bambini moderni, fra le loro filastrocche o scioglilingua, e ciò a causa di un processo di caduta portato alla luce dagli studi sul folklore. Esemplare, al riguardo, il gioco definito con una frase significativa: “Tóo la fàava, spušìna càara”, divertimento ancora presente fra i bambini della cascina cremonese negli anni ’50 del ‘900. Questo gioco vedeva un gruppo di bambini con le mani giunte, vuote, messi in circolo. All’interno del circolo un altro bambino, altrettanto con le mani giunte, celava fra le dita un seme o un chicco di grano o un fagiolo. Egli, muovendosi lentamente, fingeva di depositare “il segno” ad ogni posta, forzando le mani socchiuse di ogni bambino, cercando di nascondere, con l’abilità della simulazione, dove tale segno o seme fosse stato veramente deposto. Ad ogni sosta, ad ogni bambino, egli sussurrava: ”Tóo la fàava, spušìna càara…”.

All’esterno del circolo, un secondo bambino, il bambino che ‘l éera sóta (che stava sotto), vittima o attore passivo del gioco, doveva indovinare fra quali mani il seme fosse stato lasciato, chi fosse insomma la spušìna privilegiata che aveva accolto “la fava”. Se essa veniva individuata “andava sotto”, ovvero stava a lei uscire dal circolo e cercare d’indovinare la spušìna successiva. Se non veniva individuata, il bambino “sotto” continuava a stare “sotto” pagando pegno con “una penitenza”.

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