Lunedì, 06 maggio 2024 - ore 22.48

Palermo ricorda Libero Grassi con la vernice rosso sangue: 29 anni fa l’omicidio dell’imprenditore

Denunciò il racket del pizzo e pagò con la morte il suo coraggio di essere libero

| Scritto da Redazione
Palermo ricorda Libero Grassi con la vernice rosso sangue: 29 anni fa l’omicidio dell’imprenditore

Palermo ricorda oggi Libero Grassi, l'imprenditore ucciso dalla mafia il 29 agosto del 1991 dopo essersi ribellato al racket del pizzo e aver denunciato a mezzo stampa un sistema criminale consolidato.

La Città lo ricorda con la vernice rosso sangue, a memoria della pozza in cui Libero Grassi fu trovato cadavere, spruzzata dalla figlia Alice e dal fratello Davide, per "rinfrescare" il sangue versato dal padre, a perenne monito dei palermitani presenti e delle future generazioni, perché non si dimentichi.

Come ricorda Il Giornale di Sicilia, Libero Grassi il 10 gennaio del 1991 scrisse sul quotidiano una lettera aperta agli esattori del pizzo. Una breccia in un muro fatto di paura e omertà che la mafia decise di punire decretando la morte dell’imprenditore: Libero Grassi venne freddato quella mattina di 29 anni fa, con quattro colpi di pistola dopo essere uscito di casa per andare al lavoro a piedi.

Il suo sacrificio è stato da esempio per tanti imprenditori che da allora hanno alzato la testa contro gli estorsori, promuovendo e sostenendo associazioni antiracket come Addiopizzo e iniziative in favore della cultura della legalità.

Tra le autorità presenti stamattina alla commemorazione i vertici delle forze dell’ordine, il prefetto Giuseppe Forlani, il questore Renato Cortese e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

Altre iniziative organizzate dalla famiglia e da Addiopizzo sono previste per tutta la giornata di oggi in memoria dell’imprenditore. L’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso lo ricorda così:

Il 29 agosto 1991 la mafia uccise Libero Grassi mentre raggiungeva a piedi la sua azienda. L'imprenditore si era rifiutato di cedere alle estorsioni perché pagare il pizzo, per lui, significava rinunciare alla propria dignità, dividere le proprie scelte con i mafiosi. Aveva denunciato tutto pubblicamente, con lettere ai giornali e interviste in tv, ma non fu preso d'esempio dagli altri imprenditori del territorio, che lo lasciarono solo. Oggi a Palermo, e non solo, sono in molti a seguire il suo coraggio e a promuovere un'economia libera dai condizionamenti mafiosi. Il movimento che ha raccolto la sua eredità, sostenuto per anni anche dalla moglie Pina, dimostra che un futuro libero dalla mafia è possibile.

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