Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 00.35

Pianeta Migranti. Storie. Immigrati attori di cambiamento sociale.

Numerosi sono gli esempi in cui gli immigrati hanno dato un impulso positivo a trasformazioni che sono andate a vantaggio delle società di inserimento. Qui ne presentiamo alcuni latino americani.

| Scritto da Redazione
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Certa stampa ritiene gli immigrati responsabili del degrado delle nostre città. In realtà hanno scritto pagine di storia che li vede  soggetti capaci di rigerazione urbana proprio là dove si insediano. In Perù e in Bolivia, ad esempio, hanno trasformato le loro baraccopoli in città con quartieri popolari autogestiti.

In Perù alla periferia di Lima, negli anni ‘70 si è verificata una forte pressione migratoria di cittadini peruviani che arrivavano in città in cerca di lavoro.

Il governo militare di allora, per sgomberare la capitale dalla loro presenza, li ha deportati in un’area completamente deserta. Proprio in quell’area, inizialmente un insediamento di catapecchie, gli immigrati hanno fatto nascere una nuova città “Villa El Salvador” formata da numerosi quartieri abitati da popolazione a basso tenore di vita.

Tutto è partito dai primi comitati di immigrati che chiedevano i servizi di base: energia elettrica, acqua, fognature, strutture sanitarie, cucine pubbliche. Dai comitati sono nati alcuni movimenti popolari guidati da leader capaci di creare coesione e senso di identità comunitaria. Tutti insieme hanno avviato un processo di emancipazione sociale con l’obiettivo di strutturare in modo umano e urbano la baraccopoli.

Il percorso è stato irto di ostacoli affrontati e superati sempre con forte senso unitario e solidale. Così, la crisi economica del 1987 con il suo carico di fame e miseria, non li ha vinti; così pure il terrorismo sanguinario di Sendero Luminoso, che in quegli anni ha decimato i loro capi. Perfino l’epidemia di colera del 1991 è stata superata grazie alla collaborazione tra le donne dei comitati, i medici e gli infermieri che hanno evitato il peggio: i decessi a Villa el Salvador sono stati assai inferiori alla media nazionale. Ma più di tutto è risultato esemplare il loro modello di organizzazione sociale basato sul protagonismo popolare e sull’autogestione, modello  che ha meritato ripetuti riconoscimenti internazionali.

Oggi la bidonville degli anni 70 è una città di 400 mila abitanti.

Di strada ne hanno fatta tanta, anche se resta molto cammino da compiere per superare la povertà e ottenere il pieno riconoscimento dei diritti per tutti.

Un processo analogo è avvenuto in Bolivia. I contadini e i minatori poveri degli altopiani boliviani, negli anni 40, sono migrati ad El Alto, (a 4000 metri di altezza), ai margini della capitale, La Paz. Qui si sono organizzati in un  movimento per opporsi ai retaggi coloniali e ai poteri oligarchici locali. Hanno resistito con tenacia e fermezza e hanno dato un grande contributo alla costruzione di El Alto che oggi è la seconda città più importante della Bolivia.

In Argentina, le periferie di Buenos Aires, le cosidette “villas” hanno visto l’arrivo di immigrati paraguaiani, boliviani e peruviani. Un crogiolo di culture così forti che ha ha fatto fronte comune prima alla dittatura militare degli anni ‘70 che li voleva sradicare, poi, alle politiche neoliberiste degli anni ‘90. Proprio nelle “villas” sono nati dal basso significativi movimenti per la trasformazione sociale.  Un ruolo che è stato riconosciuto anche da papa Francesco nel suo messaggio rivolto ai movimenti popolari: “ Voi, i più umili, gli sfruttati, i poveri e gli esclusi, potete fare e fate molto. Il futuro dell’umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare e promuovere alternative creative nella ricerca quotidiana del lavoro, della casa, della terra e anche nella vostra partecipazione attiva ai grandi processi di cambiamento, nazionali, regionali e globali. Voi siete seminatori di cambiamento!” 

Pax Christi Cremona

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