La connotazione pittorica del lavoro di Pietro Librici è certamente strettamente collegabile alle proprie origini siciliane. Una terra affascinante, profumata e densa di storia, di amori, passioni, delicate e violente al contempo. Pietro Librici sonda la cultura sicula a tutto tondo: dalla scultoreità alla figurazione che affondano le proprie origini nell’antica Grecia. Volti rifranti di teste e di busti dipinti con oli che cromaticamente scintillano d’oro. “Resti umani” decaduti e spezzati a causa dello scorrere del tempo e del divenire che tutto permea incessantemente. Solitari, silenziosi, maestosi ci narrano di storia antica, di vite spezzate, di mondi e di culture che ci hanno infuso l’anima della filosofia e del nostro attuale sapere. Per contro, continuando il percorso della mostra, ci troviamo di fronte ad altri lavori su tela che ci mostrano silhouttes parziali di persone: arti, colli, teste d’individui solitari o che interagiscono tra loro. Le linee si spezzano; i corpi si spezzano; sono incompleti, restano solo dei frammenti….umani. “A sua immagine” è dunque una mostra che, quasi con un impeto consolatorio, ci permette di ricordare l’immagine dei nostri cari, di coloro che ci hanno fatto soffrire, gioire, della nostra storia individuale e di quella collettiva o, nel caso dell’artista, della terra siciliana dove tutti i legami più importanti sono collegati e collegabili tra loro.
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Fonte: Statuto Tredici