In un mondo sempre più in tensione, le vie della pace sono oscurate da violenza e odio. E la religione, come altre volte volte è accaduto, troppe volte, diventa il luogo dello scontro e dell’estremismo. Oggi tutto il mondo musulmano deve continuare lì dove ha iniziato, ovvero da quel cammino di consapevolezza e di rinnovamento. Isis, Al-Qaeda, Boko Haram, Al-Shabaab stanno gareggiando in una folle gara di odio e violenza e stanno distruggendo vite e futuro, anche per i musulmani stessi.
Nella recente strage accaduta in Kenya sono stati ammazzati cristiani e studenti. L’odio contro chi adora un altro Dio e l’odio contro la cultura e lo studio: questo è l’odio che uccide il futuro.
Non solo in Kenya. La violenza si fa strada anche nelle nostre strade e nelle nostre città dove, come al Tribunale di Milano, si è vestita di motivazioni complesse, che sanno di crisi e di paura. E’ anche una violenza che prima di tutto, come molte altre volte nella storia del mondo, si fa strada nelle nostre coscienze. E diventa rabbia e odio e rancore.
Allora come sconfiggere questa violenza? Certamente c’è una logica di sicurezza e ci sono strategie geopolitiche, ma noi qui ora abbiamo un dovere. Ne siamo profondamente convinti: la cultura oggi è il nuovo nome della pace. Dobbiamo seminare cultura, che significa anche mettere a posto le scuole, e credere, anche affermandolo a partire dalle nostre istituzioni, in una Europa che sia più capace di costruire una politica comune.
Abbiamo una chiara consapevolezza. Non si sconfigge l’odio con l’odio. A noi compete la costruzione di convivenza, difficile e altissimo obiettivo da perseguire insieme. Noi siamo intenzionati a rispondere all’odio con nuove prospettive di pace.