Sabato, 04 maggio 2024 - ore 15.06

Welfare, è sempre una questione di scelte

La crisi c'è, ma non è vero che non esistono risorse da investire. Per gli 80 euro o per gli sgravi alle imprese si sono spesi miliardi. Tutte scelte efficaci?

| Scritto da Redazione
Welfare, è sempre una questione di scelte

E la riforma Fornero era davvero inevitabile? Alle GdL confronto aperto sul futuro del welfare. Da alcuni anni in Italia le scelte in materia di welfare e di previdenza sono state fatte passare come ineludibili, decisioni obbligate senza le quali si sarebbe andati incontro al disastro. Ma è davvero così? Oppure è possibile pensare ad un welfare del domani più giusto e universale, magari rimettendo mano anche ad una riforma delle pensioni, la famigerata Fornero, che è sempre più vissuta da lavoratrici e lavoratori come un’ingiustizia intollerabile? La risposta è che tutto è un problema di scelte, questa almeno è la chiave di lettura che è emersa dal dibattito “Il Welfare del domani”, che si è svolto domenica 14 giugno a Firenze, all’interno delle Giornate del Lavoro della Cgil.

A rispondere alle domande del giornalista Roberto Mania, di Repubblica, sono stati l’economista Michele Raitano (La Sapienza), il commissario Covip, Francesco Massicci, il commercialista Andre Dili (rappresentante dell’universo “bistrattato” delle partite Iva) la senatrice Pd Nerina Dirindin e Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil. E il filo conduttore è stato proprio questo: un altro welfare, un welfare più giusto, è possibile perché è possibile fare delle scelte, anche in un regime di risorse sempre più stringente come quello attuale.

Partiamo dalla riforma delle pensioni, la famigerata “Fornero”: una riforma talmente tanto “virtuosa”, ha spiegato Vera Lamonica, da portare l’Italia nei prossimi anni ad essere l’unico paese europeo con i conti (rapporto Pil/spesa pensionistica) in attivo. “Ma a quale costo?”, si è chiesta la sindacalista. “Al costo di avere gli edili sulle impalcature fino a 67 anni, senza distinzione rispetto a lavori molto meno pesanti”. “Un mostruosità”, ha affermato Lamonica, una riforma che “fa a pugni con il mercato del lavoro” e al tempo stesso “produce una redistribuzione alla rovescia”, dato che favorisce chi ha redditi alti, continuità lavorativa e può permettersi di andare in pensione più tardi”, penalizzando al contrario i lavoratori più deboli. E allora, bisogna avere il coraggio di affrontare questo nodo, ha aggiunto Lamonica, “senza massimalismi, ma senza nemmeno far finta che le cose possano restare così come sono”.

Perché sostituire tout court le protezioni esistenti con un semplice assegno non può essere la soluzione, ha ribadito Vera Lamonica. “Quello che serve è uno strumento che affronti il problema della povertà assoluta, integrando un sostegno economico con una rete di servizi sociali alla persona. Altrimenti il risultato finale sarà solo un ridimensionamento del sistema di tutele esistenti”.

Infine, il capitolo sulla previdenza complementare. Quale ruolo per “il secondo pilastro”, anche alla luce di un mercato del lavoro che si modifica e paradossalmente vede coloro che avrebbero maggiormente bisogno di un’integrazione previdenziale (redditi bassi e discontinui) impossibilitati a costruirla, a causa delle ristrettezze dell’oggi? Una proposta molto concreta è arrivata da Francesco Massicci, commissario della Covip, commissione di vigilanza sulla previdenza complementare: “La previdenza complementare può svolgere un ruolo di accompagnamento verso l’età pensionabile – ha suggerito Massicci – Siccome un lavoratore non può arrivare a 70 anni lavorando, si potrebbero utilizzare le risorse accumulate per coprire un periodo limitato, ad esempio, tra i 60 e i 65 anni”. Una sorta di Tfr aggiuntivo pagato a rate, dunque, ma per fare questo, lo strumento della previdenza complementare, che pure in Italia ha un suo peso (circa 130 miliardi di patrimonio), dovrebbe diffondersi di più tra i lavoratori.  (Fab.Ri)

Fonte : rassegna sindacale

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