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17 marzo: si fa festa

| Scritto da Redazione
17 marzo: si fa festa

Alla fine il 17 marzo 2011 sarà una festività nazionale. Alla fine il Governo, pur tra spaccature, ha deciso per il sì.
Resta il fatto che paradossalmente la decisione non è stata facile.  E che non si sa se definire scandalose o singolari le obiezioni che sono state portate intorno alla richiesta, fatta dal Presidente della Repubblica Napolitano, che il 17 marzo 2011 fosse una giornata di festa nazionale con sospensione del lavoro e delle attività scolastiche.

Se si ci rifà alle ragioni economiche, quelle per intenderci sollevate dalla presidente di Confindustria Marcegaglia, da più parti era già stata sottolineata la singolarità di un dissenso riguardante una cosa che avviene una volta ogni mezzo secolo.  Tanto più che la crisi dell’economia italiana e mondiale, sembra che se lo scordino in tanti, non è una carestia, ma una crisi di sovrapproduzione che tira in ballo le caratteristiche della nostra organizzazione economica, i suoi scompensi tra produzione e distribuzione o tra finanza e produzione, la collocazione italiana nel mercato globale ecc. ecc. e non un deficit di produttività misurabile in giornate di lavoro, le quali per di più quest’anno a causa di alcune coincidenze sono più di quelle degli anni precedenti.

Se ci si rifà alle ragioni politiche,  quelle leghiste o sudtirolesi, le prime, oltre che discutibili sono anche ipocrite perché, rifacendosi ad una inesistente nazione padana, svelano l’intima natura e finalità  secessionista del federalismo leghista: gli stati federali, infatti, festeggiano normalmente la loro nascita non meno che quelli unitari!.

Le seconde non hanno ragione di essere: il 17 marzo si celebra la nascita della identità statale italiana, come entità politica e civile non come entità etnica né come raggiungimento dei confini attuali del paese o della sua più ampia estensione: è il 17 marzo 1861 che si festeggia, non il 24 maggio 1915, né il 4 novembre 1918.

Vi è stata poi una terza genìa di  obiettori a questa festa, quella degli ipocriti, di coloro cioè che cercano ora di apparire in un modo ora in un altro all’opinione pubblica. Essi sono devoti cattolici quando si tratta di vellicare le pulsioni ecclesiastiche, filoleghisti o produttivisti quando si tratta di accarezzare possibili elettorati settentrionali, segregazionisti e xenofobi se c’è da cavalcare la paura dello straniero, moralisti se va di moda il tema della famiglia o quello della disciplina scolastica,  ma diventano improvvisamente indulgenti quando si tratta di giustificare le “scappatelle” del premier, accoglienti se c’è da collocarne le protagoniste, persino relativisti se si tratta di salvaguardarne la “privacy”. Il loro slogan è “festeggiare diversamente”. Sono quelli per i quali una parola può assumere sempre connotazioni più sfumate, in base alle quali, per esempio, “obbligo scolastico” diventa “diritto-dovere”.  A questo “partito” sembrava essere purtroppo iscritta anche il nostro Ministro della Istruzione, che anche su questo caso ha perso l’occasione di stare zitta e si era schierata pubblicamente per l’apertura delle scuole il 17 marzo, magari solo per avere l’occasione di fare una uscita in qualche scuola (opportunamente selezionata, per l’amor di Dio!) sì da avere una piccola platea che giustificasse una comparizione televisiva.

Invece il fatto che questa festività, che si celebra ogni cinquanta anni, quest’anno abbia rischiato una  celebrazione “diversa”, fa venire in mente alte due festività.

Una è quella del Giubileo. Naturalmente lo fa venire in mente il fatto che anch’esso è una  festa che si celebra ogni cinquanta anni, ma che, quando è stata celebrata, anche in forma eccezionale (cioè fuori dai canonici 50 anni), non ha creato tutte queste polemiche. Eppure essa è festa di una parte della popolazione italiana, seppur ampiamente maggioritaria, e non di tutta la nazione. E anch’essa è costata e non pochi soldi alla comunità, a tutta, compresi i cittadini che non abbracciano la fede cattolica, i quali sono un po’ più dei germanofoni del Sud Tirolo ed anche probabilmente degli elettori leghisti.

L’altra è la festa del 1° maggio, la Festa del Lavoro. Questa è stata ufficializzata e considerata festa nazionale solo nel 1945. Prima di allora, per circa 50 anni, i suoi festeggiamenti erano costati arresti e repressioni, spesso con morti e feriti,  in Italia e nel resto del mondo.

Il rischio era dunque che ci toccasse festeggiare sfidando la legge anche il 17 marzo, come per tanti anni è stato festeggiato il 1° maggio. Solo che allora i festeggiamenti del 1° maggio, repressi e perseguiti, servivano a ricordare la miseria della condizione operaia, oggi eventuali festeggiamenti clandestini del 17 marzo sarebbero serviti a ricordare la miseria di chi, stando al governo di un Paese, non è disposto neppure a celebrarne solennemente la nascita.

Ma probabilmente l’avere a che fare con ben altre miserie, di questi tempi, ha ben consigliato la maggioranza dell’esecutivo a decidere per una scelta meno compromettente.

fonte:
Proteo Fare Sapere "News"
ANNO XI  - n. 2 del 03 marzo 2011
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