Domenica, 05 maggio 2024 - ore 12.27

Achille della Ragione: ‘Il carcere, un inferno e una truffa ai detenuti’

Pubblichiamo il contributo di Achille della Ragione

| Scritto da Redazione
Achille della Ragione: ‘Il carcere, un inferno e una truffa ai detenuti’

Dedico questo breve contributo ai miei compagni di sventura rimasti nei gironi dell’inferno di Poggioreale, i più interessati a quanto esporremo perché costretti a vivere in gabbie disumane.



La cella è di 12-13 metri quadrati, oltre a un vano cucina di un metro e un cesso (non lo si può chiamare altrimenti) con una parvenza di doccia, che due volte alla settimana, per pochi minuti, vomita un liquido caldo dal colore sospetto e dall’odore indefinibile. Per lavarsi ogni giorno si usa una brocca con la quale ci si getta addosso un po’ d’acqua prelevata dal lavandino, allagando tutto il vano, che andrà poi svuotato a colpi di ramazza, facendo convergere la pozzanghera verso un fetido buco tenuto a bada da un peso per evitare visite imbarazzanti: scarafaggi nel migliore dei casi, qualche volta, anche se non ho avuto l’emozione dell’incontro ravvicinato, luridi topi di fogna.



Vi è molto sconforto nelle carceri, non solo per le condizioni di vita disumane, e per l’impossibilità di rieducarsi e prepararsi al reinserimento nella società, ma soprattutto perché a danno dei detenuti, nel silenzio assordante dei mass media, si sta compiendo l’ennesima truffa. La Corte di Strasburgo minacciava gravi sanzioni pecuniarie verso l’Italia, se non avesse reso i penitenziari più vivibili, per cui in tutta fretta è stato approvato un decreto legge, che prevede un abbuono di 1 giorno per ogni 10 trascorsi in celle sovraffollate o un risarcimento di 8 euro al giorno per chi ha già scontato la pena. Ma la normativa è stata resa inoperante per l’interpretazione data alla stessa dalla magistratura di sorveglianza, che sta dichiarando inammissibili la quasi totalità dei ricorsi con le più svariate motivazioni, costringendo a defatiganti ricorsi in Cassazione. Da qui l’unica possibilità il risarcimento monetario, che lascia il tempo che trova, perché non ci sono civilisti che per un’istanza per ottenere qualche paio di migliaia di euro in media, non si facciano dare almeno 1000 di onorario e bisogna anche considerare che si può nominare un civilista dal carcere soltanto se si è in pendenza di un giudizio civile e non per istaurarne uno ex novo.



La Corte di Strasburgo, nel frattempo, certa che «giustizia è stata fatta», ha bocciato le migliaia di istanze presentate in questi anni a partire dalla sentenza Torreggiani del gennaio 2013, in cui l’Italia era stata condannata a un risarcimento cospicuo per aver tenuto alcuni detenuti (situazione normale) in celle dove disponevano di tre metri quadri a testa (tenendo conto che in Europa, negli allevamenti, a un maiale ne sono obbligatoriamente concessi 10).



È veramente convinto lo Stato che far scontare ai detenuti la pena in modo disumano dentro carceri sovraffollate, senza alcuna attività, imbottiti di psicofarmaci, incattiviti ed esasperati, renda la società più sicura? Le carceri, così come sono, sono inutili e dannose per i detenuti, per le loro famiglie e per la società; invece di recuperare, escludono ed emarginano, e rischiano di far uscire le persone peggiori di come sono entrate. I penitenziari si rendono vivibili garantendo ai detenuti quanto previsto dalla legge: semilibertà a metà pena, affidamento in prova quando mancano 4 anni dal fine pena, gli ultimi 18 mesi di reclusione ai domiciliari; provvedimenti che gradualmente svuoterebbero i penitenziari, tenendo conto che oltre 20000 detenuti potrebbero beneficiarne, portando il numero dei reclusi in linea con quanto perentoriamente richiestoci dall’Europa.



Un discorso a parte meritano i numerosi tossicodipendenti, che dovrebbero essere, prima che puniti, curati in apposite strutture. Potrei dilungarmi ricordando l’epidemia di suicidi, che andrebbe contrastata con un’inesistente assistenza psicologica, ma vorrei trattare dei non meno importanti mali dell’anima: la solitudine, la malinconia, la sofferenza, la nostalgia. Conosco un rimedio infallibile per combatterli: rimanere in contatto costante con i propri familiari, anche solo per telefono. In tutta Europa i detenuti (a loro spese) sono liberi di fare quante telefonate desiderano. Perché dobbiamo essere costantemente il fanalino di coda della civiltà?



Per convincere l’opinione pubblica che indulto e amnistia sono ineludibili (parole del Presidente della Repubblica) basterebbe che si montasse nelle piazze principali del nostro Paese un cubo avente il volume di una cella, nella quale secondo le normative dell’Unione Europea non potrebbero vivere 4 maiali e viceversa vivono, nei gironi infernali di Poggioreale e dell’Ucciardone, 16 esseri umani, 23 ore su 24, e invitare altrettanti cittadini a entrarvi e a rimanerci non 1 anno, non 10 anni, non fine pena mai, ma soltanto un’ora. Ne uscirebbero inorriditi e si affretterebbero a comunicare ad amici e conoscenti l’intollerabile situazione carceraria.

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