Venerdì, 19 aprile 2024 - ore 08.22

Amnesty chiede no amnistia per le uccisioni di civili in Burkina Faso

14 i morti uccisi nella capitale

| Scritto da Redazione
Amnesty chiede no amnistia per le uccisioni di civili in Burkina Faso

In evidenza:

- 14 persone, tra cui due bambini, uccise, sei delle quali di spalle 

- centinaia di feriti a causa di pestaggi o dell’uso di proiettili veri, compreso un bambino nella pancia della madre

- necessità che la Commissione d’inchiesta indaghi su violazioni del recente e del lontano passato.

Secondo Amnesty International, la disciolta guardia presidenziale del Burkina Faso ha mostrato un raggelante disprezzo per la vita umana, quando in occasione del fallito colpo di stato di settembre ha ucciso 14 manifestanti e passanti privi di armi e ha ferito centinaia di altre persone con le armi automatiche.

Il generale Gilbert Diendere, che ha diretto il tentato colpo di stato, e il generale Djibril Bassole, ex ministro degli Esteri, sono stati arrestati e accusati di vari reati tra cui omicidio e attentato alla sicurezza dello stato. I soldati del disciolto Reggimento per la sicurezza presidenziale (Rsp) sono stati reintegrati nelle forze armate nazionali.

Da una dettagliata indagine di Amnesty International sulle uccisioni seguite al tentato colpo di stato del 16 settembre, è risultato che 14 manifestanti e passanti sono stati uccisi dall’Rsp con le armi automatiche. Nessuno di loro, tantomeno i due bambini, era armato o stava costituendo una minaccia per le forze di sicurezza.

“Aprire il fuoco contro una folla di manifestanti disarmati, bambini compresi, con le armi automatiche rappresenta un oltraggioso uso della forza che costituisce un crimine di diritto internazionale” – ha dichiarato Alioune Tine, direttore di Amnesty International per l’Africa occidentale.

Uccisioni e ferimenti illegali

Delle 14 persone uccise nella capitale Ouagadougou tra il 16 e il 20 settembre, sei stavano prendendo parte a manifestazioni contro il colpo di stato in corso. Numerosi testimoni oculari hanno confermato che in molte occasioni i manifestanti protestavano con le braccia alzate. Nonostante questo evidente segnale di intenzioni pacifiche, i soldati hanno aperto il fuoco senza preavviso.

In un caso, il 17 settembre i soldati dell’Rsp si sono schierati di fronte a una manifestazione che si stava tenendo davanti al palazzo del re tradizionale Moogho Naaba e hanno iniziato a sparare in aria e ad altezza d’uomo. Due persone sono morte. Un giornalista presente sul luogo ha raccontato di come i manifestanti in fuga venissero inseguiti dai soldati:

“I manifestanti scappavano e i soldati li inseguivano in motocicletta sparando. Uno è crollato a terra, colpito da un proiettile al collo. Gli usciva sangue dal collo e dalla bocca. Di lì a poco è morto”.

Gli accertamenti medici hanno determinato che sei dei manifestanti sono stati colpiti alle spalle, mentre cercavano di fuggire circostanza confermata anche dalle testimonianze oculari. Altri sono stati colpiti alla testa, al petto e al torace, segno che i soldati non hanno tentato di evitare di fare morti.

Secondo dati forniti dal governo, durante le violenze successive al tentato colpo di stato sono state ferite 271 persone. Secondo le cartelle cliniche esaminate da Amnesty International, la maggior parte di loro è stata ferita da proiettili veri. Altre, come provato da filmati e testimonianze oculari, sono state frustate e picchiate.

Il 18 settembre una donna incinta è stata raggiunta allo stomaco da un proiettile mentre era sull’uscio di casa nel quartiere di Noncin. È stato necessario praticare un cesareo d’urgenza. Il bambino è nato con una cicatrice di proiettile su una natica.

Gli attacchi contro difensori dei diritti umani, giornalisti e partiti politici

Nei giorni successivi al tentato golpe, Amnesty International ha documentato restrizioni alla libertà d’espressione e attacchi dell’Rsp contro giornalisti, esponenti politici e difensori dei diritti umani.

Lo studio di Smokey, cantante e leader del movimento della società civile “Balai Citoyen” è stato gravemente danneggiato da un missile anti-carro e sono stati trafugati computer e altro materiale.

Sedi e studi di radio, tv e quotidiani sono state attaccate, le attrezzature distrutte e il personale picchiato e minacciato. Le radio nazionali private e i network televisivi sono stati costretti a sospendere le trasmissioni.

In un caso, i soldati dell’Rsp hanno dato fuoco alle motociclette dello staff di Radio Omega. In un altro, il fotografo Jean Jacques Konombo è stato aggredito, preso a calci e picchiato con una cintura da almeno sei soldati fino a quando non ha perso conoscenza.

Gli esponenti del governo di transizione presi in ostaggio dagli autori del golpe sono stati picchiati, privati di cibo per due giorni e in alcuni casi delle cure mediche di cui avevano bisogno.

Richieste di indagini 

Sulla base delle prove raccolte, Amnesty International ha sottoposto alle autorità di transizione un memorandum contenente la richiesta di ampliare il mandato della Commissione d’inchiesta di cui è prevista l’istituzione. La Commissione dovrebbe occuparsi delle violazioni dei diritti umani di settembre, ma anche dell’uccisione di almeno 10 manifestanti nell’ottobre 2014 e risalire agli omicidi dell’ex presidente Thomas Sankara e del giornalista Norbert Zongo.

“Le autorità di transizione del Burkina Faso devono assicurare che tutte le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza, compresi i crimini di diritto internazionale, siano sottoposte a indagini indipendenti e imparziali da parte della Commissione d’inchiesta dal mandato più ampio” – ha affermato Alioune Tine. “Solo in questo modo il paese potrà rompere definitivamente col passato e dire chiaramente che in futuro le violazioni dei diritti umani non saranno tollerate”.

Contesto

Nel corso di una missione di ricerca di due settimane, tra settembre e ottobre 2015, Amnesty International ha svolto interviste con vittime e loro familiari, 40 testimoni oculari, difensori dei diritti umani, esponenti della società civile e autorità sanitarie, raccogliendo prove sulla scena del delitto e accedendo alle cartelle cliniche degli ospedali. 

Amnesty International ha esaminato ulteriori documenti riguardanti i casi descritti nel suo memorandum, tra cui fotografie e video. L’organizzazione per i diritti umani è stata in grado di condurre indagini dettagliate su 11 delle 14 uccisioni.

Il 25 settembre il governo ad interim ha annunciato lo smantellamento dell’Rsp e l’istituzione di una commissione d’inchiesta per accertare chi fosse alle spalle degli autori del tentato colpo di stato.

Il generale Gilbert Diendere, leader dei golpisti, è stato arrestato a Ouagadougou il 30 settembre. Stessa sorte per l’ex ministro degli Esteri. I due imputati sono stati accusati di 11 reati, tra cui omicidio e attentato alla sicurezza dello stato e saranno processati in corte marziale.

Amnesty International si oppone all’uso dei tribunali militari in casi del genere, preferendo il ricorso a un tribunale civile. Le corti marziali dovrebbero esaminare solo casi di soldati accusati di infrazioni alla disciplina militare.

Il 2 settembre le autorità di transizione avevano annunciato l’istituzione di una Commissione d’inchiesta che si occupasse dell’uccisione di almeno 10 manifestanti durante le proteste che nell’ottobre 2014 portarono alle dimissioni dell’ex presidente Blaise Compaoré. Il 28 settembre le autorità hanno dato vita a un’altra commissione d’inchiesta sul tentato colpo di stato. Le donne in Iran sono soggette a diffuse e sistematiche discriminazioni nella legge e nella prassi. Sono in vigore disposizioni di legge in materia di status personale, che pongono le donne in una posizione subalterna rispetto agli uomini in materia di matrimonio, divorzio, custodia dei figli ed eredità. In questo quadro complessivo si inserisce il fenomeno dei matrimoni forzati.

In base al codice civile iraniano, l'età legale per il matrimonio per le ragazze è di 13 anni, ma possono essere date in sposa anche a un’età inferiore a una persona scelta dal padre o dal nonno paterno, se esiste il permesso di un tribunale. 

Fonte: Amensty International

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