Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 06.38

Demolita definitivamente la legge regionale lombarda sul servizio idrico, si torni ai comuni

| Scritto da Redazione
Demolita definitivamente la legge regionale lombarda sul servizio idrico, si torni ai comuni

E’ stata depositata il 25 novembre una sentenza della Corte Costituzionale destinata a imprimere una svolta definitiva al servizio idrico regionale lombardo. Pesantissime le censure, pesantissime le conseguenze perché gravi erano i contenuti delle norme censurate. Tali norme infatti prevedevano il conferimento della proprietà delle reti idriche direttamente alle società patrimoniali d’ambito (ove esistenti) nonché la possibilità che le gare per l’affidamento del servizio (e non solo: anche per progettazione e collaudo) potessero essere espletate non dall’ente responsabile dell’ATO ma dalla società patrimoniale stessa. Dunque una pericolosissima cessione di beni demaniali (di tutti i cittadini) e di compiti fondamentali a un ente di diritto privato (benché di proprietà pubblica). Bene, la Corte Costituzionale (su ricorso, vale la pena di ricordarlo, presentato dal passato governo di centro-destra) ha colto la Regione Lombardia e gli estensori delle norme citate come si dice “con le mani nel sacco”, rifilando su quelle nocche una bacchettata destinata a lasciare il segno. Il massimo organo di controllo ha dichiarato illegittimo e contrario alla Costituzione (la norma fondamentale del vivere civile degli italiani) lo scivolamento di beni comuni dalle mani pubbliche alle mani private. Tale scivolamento era stato fermamente voluto dalla Regione Lombardia, tanto da blindare i consiglieri regionali in una seduta-fiume svoltasi a poche ore dalle feste natalizie del 2010, in occasione della quale inutili erano state le resistenze, pur coraggiose, di tutta l’opposizione.

Va sottolineato come non si parli di vizi di forma ma di illegittimità sostanziale. I privatizzatori di casa nostra (con il presidente Salini in testa, coestensore della legge incriminata) stanno tentando di minimizzare proprio perché la batosta è pesante: questa legge sempre più inattendibile e monca è proprio quella che attribuisce alla Amministrazione Provinciale la titolarità del servizio idrico: minimizzare è dunque essenziale per mantenere la pressione sui sindaci affinché votino la privatizzazione. Ma dire che “non è cambiato niente, le norme abolite non hanno a che fare con la situazione di Cremona” è come vivere in una casa che sta crollando pezzo per pezzo, che a malapena si regge in piedi e dire “chi se ne importa? Tanto io vivo in tinello”.

Sempre più dunque la legislazione si unisce ai cittadini ergendosi a difesa della valenza pubblica del servizio idrico. Questa sentenza si abbatte come un macigno su ogni ormai insensato tentativo di privatizzazione del servizio. Chi ha avuto la capacità politica di fiutare l’aria ha già agito di conseguenza orientandosi verso soluzioni pubbliche (si vedano le recenti decisioni di Como e di Bergamo).

Oggi una legge già minata alle fondamenta dall’abolizione dell’art. 23 bis decretata dalla maggioranza assoluta degli italiani perde per illegittimità costituzionale la parte centrale del proprio assunto. E’ venuto il momento di abrogarla, risolvendo così l’assurda condizione che vede il soggetto titolare del servizio (l’Amministrazione Provinciale) non coincidere con il proprietario dei beni, assurdità resa oggi ancora più insostenibile da questa sentenza.

Il servizio deve tornare ai veri e storici titolari, vale a dire i sindaci, i quali siamo ormai certi si orienteranno sempre più (perché questa è evidentemente ormai la direzione comune) verso la costituzione di aziende di diritto pubblico.

 

il Comitato Acqua Pubblica del territorio cremonese

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