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Ecco il testo delle modifiche dell'articolo 18 nelle proposte del Governo.

| Scritto da Redazione
Ecco il testo delle modifiche dell'articolo 18 nelle proposte del Governo.

Il Governo Monti, nella seduta del 23 marzo 2012, ha approvato il documento intitolato "La riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
presentata". Di seguito ecco il testo integrale relative alle modifiche proposte dell'articolo 18 della legge n. 300 del 1970/ Statuto dei Lavoratori.
DISCIPLINA SULLA FLESSIBILITA’ IN USCITA E TUTELE DEL LAVORATORE
Revisione della disciplina in tema di licenziamenti individuali

Un passaggio significativo del disegno di riforma è l’intervento realizzato sulla disciplina dei licenziamenti individuali, per quanto concerne, in particolare, il regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi, previsto dall’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, cd. Statuto dei lavoratori.
Va precisato subito, peraltro, che di tale regime rimane immutato il campo di applicazione, che comprende, di massima e fatte salve situazioni particolari come quelle delle organizzazioni cd. di tendenza, i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, aventi più di 15 dipendenti nell’ambito comunale, o più di 60 nell’ambito nazionale. Questo comporta che il regime applicabile ai licenziamenti illegittimi disposti dalle piccole imprese continua ad essere fissato dall’art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (a parte l’ipotesi dei licenziamenti discriminatori su cui infra).
Ciò premesso, il nuovo testo dell’art. 18 prefigura, fondamentalmente, l’articolazione fra tre regimi sanzionatori del licenziamento individuale illegittimo, a seconda che del licenziamento venga accertata dal giudice: a) la natura discriminatoria o il motivo illecito determinante; b) l’inesistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro (licenziamenti cd. soggettivi o disciplinari); c) l’inesistenza del giustificato motivo oggettivo addotto dal datore di lavoro (licenziamenti cd. oggettivi o economici).
Poiché la motivazione attribuita al licenziamento dal datore di lavoro diviene, nel nuovo contesto normativo, molto importante, è prevista una correzione della regola attualmente posta dall’art. 2 della legge 15 luglio 1966, n. 604, nel senso di rendere obbligatoria l’indicazione, nella lettera di licenziamento, dei motivi del medesimo.

a) Per i licenziamenti discriminatori, le conseguenze rimangono quelle del testo attuale dell’art. 18: condanna del datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, qualunque sia il numero dei dipendenti occupati dal predetto, a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e a risarcire al medesimo i danni retributivi patiti (con un minimo di 5 mensilità di retribuzione), nonché a versare i contributi previdenziali e assistenziali in misura piena. Inoltre, il dipendente mantiene la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione, il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro.
Il medesimo regime si applica per i licenziamenti disposti nel periodo di maternità, in concomitanza del matrimonio, nonché disposti per motivo illecito ai sensi dell’art. 1345 del codice civile.
La tutela nei confronti del licenziamento discriminatorio rimane, pertanto, piena ed assoluta, comportando esso la lesione di beni fondamentali del lavoratore, di rilievo costituzionale.

b) Per i licenziamenti soggettivi o disciplinari, il regime sanzionatorio prevede un’articolazione interna.
Nell’ipotesi in cui accerta la non giustificazione del licenziamento per l’inesistenza del fatto contestato al lavoratore ovvero la riconducibilità dello stesso alle condotte punibili con una sanzione minore alla luce delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa previste dai contratti collettivi applicabili (situazioni che denotano un uso particolarmente arbitrario del potere di licenziamento), il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente e al risarcimento dei danni retributivi patiti, dedotto quanto percepito
o percepibile dal lavoratore, entro un massimo di 12 mensilità di retribuzione. V’è altresì condanna al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, dedotto quanto coperto da altre posizioni contributive eventualmente accese nel frattempo. In questa ipotesi, il lavoratore mantiene, infine, la facoltà di scegliere, in luogo della reintegrazione, un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità.
Il regime di cui sopra (reintegrazione) si applica anche ai licenziamenti intimati, prima della scadenza del periodo cd. di comporto, a causa della malattia nella quale versa il lavoratore, ed a quelli motivati dall’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ma trovati illegittimi dal giudice.
Nelle altre ipotesi di accertata illegittimità del licenziamento soggettivo o disciplinare, non v’è condanna alla reintegrazione bensì al pagamento di un’indennità risarcitoria che può essere modulata dal giudice tra 15 e 27 mensilità di retribuzione, tenuto conto di vari parametri.
Il regime da ultimo descritto (indennità risarcitoria) vale anche per le ipotesi di licenziamento viziato nella forma o sotto il profilo della procedura disciplinare. Tuttavia, in questi casi, se l’accertamento del giudice si limita alla rilevazione del vizio di forma o di procedura, esso comporta l’attribuzione al dipendente di un’indennità compresa fra 7 e 14 mensilità di retribuzione; ciò a meno che il giudice accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica le tutele di cui sopra.

c) Per i licenziamenti oggettivi o economici, ove accerti l’inesistenza del giustificato motivo oggettivo addotto, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro disponendo il pagamento, in favore del lavoratore, di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, che può essere modulata dal giudice tra 15 e 27 mensilità di retribuzione, tenuto conto di vari criteri.
Al fine di evitare la possibilità di ricorrere strumentalmente a licenziamenti oggettivi o economici che dissimulino altre motivazioni, di natura discriminatoria o disciplinare, è fatta salva la facoltà del lavoratore di provare che il licenziamento è stato determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, nei quali casi il giudice applica la relativa tutela.
Per questo tipo di licenziamenti è previsto, altresì, l’esperimento preventivo di una rapida procedura di conciliazione innanzi alle Direzioni territoriali del lavoro, non appesantita da particolari formalità, nell’ambito della quale il lavoratore potrà essere assistito anche da rappresentanti sindacali, e potrà essere favorita la conciliazione tra le parti.
Deve essere infatti rilevato, in generale, che la predeterminazione dei possibili importi del risarcimento che può essere preteso del lavoratore licenziato illegittimamente è rivolta a rendere tale risarcimento indipendente dalla durata del processo, e ad incoraggiare la definizione consensuale delle liti, con un benefico effetto di riduzione del contenzioso (a prescindere dalle misure processuali illustrate infra, § 3.2).
Il regime di cui sopra deve essere coordinato, altresì, con quello dei licenziamenti collettivi, nei limiti in cui per essi vale l’art. 18, con l’applicazione, per i vizi di tali licenziamenti, del regime sanzionatorio previsto per i licenziamenti economici.


Rito processuale veloce per le controversie in tema di licenziamento

Al fine di consentire la riduzione dei tempi del processo per quanto concerne le controversie giudiziali in tema di licenziamento, si propone, attraverso l’azione di concertazione istituzionale con il Ministero della Giustizia, l’introduzione di un rito speciale specificamente dedicato a tali controversie.
Nel quadro di tale rito, una volta dettati i termini della fase introduttiva, è rimessa al giudice la scansione dei tempi del procedimento, nel rispetto del principio del contraddittorio e della parità delle armi nel processo.
Si tratta di un rito con caratteristiche di celerità e snellezza, ma che, in ossequio alla specificità del processo del lavoro, rivolto tradizionalmente all’accertamento della verità materiale, prevede un'istruzione vera e propria, sia pure con l'eliminazione delle formalità non essenziali all’instaurazione di un pieno contraddittorio.


a cura di Gian Carlo Storti
Direttore sito www.welfarenetwork.it
25 marzo 2012

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