Giovedì, 28 marzo 2024 - ore 21.14

I fratelli Rosselli e il valore autentico della libertà | Andrea Virgilio

| Scritto da Redazione
I fratelli Rosselli e il valore autentico della libertà | Andrea Virgilio

La prima cosa che raccontiamo è il paradosso di una cultura politica che è sempre stata minoritaria ma che ha nelle sue ragioni un riconoscimento  ampio: questo nesso fra “due visioni altissime e unilaterali della vita che tendono a compenetrarsi e a completarsi” come disse C.Rosselli in apertura del suo saggio (scritto a Lipari) è oggi accolto da tutta la socialdemocrazia europea.

La sua originalità è prima di tutto in un antifascismo radicale che non è figlio di un’ideologia, ma è espressione di una ricerca , del tentativo di mettere insieme teoria e pratica, fino alle estreme conseguenze, c’è anche un rapporto stretto fra etica e politica che non il moralismo opportunista che ben conosciamo, è una cosa forte, intensa (meno scienza e più fede diceva C.Rosselli) e questo ci spiega il perché tanti giovani militanti di Giustizia e Libertà combattono il fascismo nel momento della sua maggiore forza, per questa tensione quasi religiosa nell’azione politica.

Perché cultura minoritaria? Perché c’è sempre stato il condizionamento delle ideologie originarie, tutta la sinistra tradizionale reagì, seppur con toni diversi, in disaccordo all’idea di oltrepassare il marxismo. Il più spietato fu Togliatti che rinnovò verso Rosselli quell’avversione che in passato aveva già rivolto a Gobetti. Rosselli avrebbe voluto fare del suo socialismo liberale la guida di una nuova formazione politica, così autentica da sostituirsi ai vecchi partiti della sinistra italiana, fu però un obiettivo che non trova spazio, non perché lontano dalla realtà, ma perché semplicemente  non incrocia la corrente, va contro vento.

Il famoso libro di Rosselli (Socialismo liberale) , uscì nel 1930 poco dopo la grande crisi mondiale che sembrava invece confermare le ragioni del crollo, del disfacimento della borghesia, della polarizzazione delle classi, dei limiti del riformismo;  questo era il vento, la percezione, la realtà invece ci racconterà ben altro:  l’affermazione del riformismo, la progressiva differenziazione dei gruppi sociali che poi mette in discussione l’impianto della pianificazione e l’idea di ingessare una società in via di scomposizione.

E Rosselli nel momento in cui pone al centro  l’elemento etico prima ancora che quello materiale,  prende atto di questa nuova articolazione sociologica, riconosce  la dimensione etica come elemento del socialismo dei ceti medi, recupera una posizione socialista anche dei ceti medi, non attraverso una ricollocazione nel processo di produzione ma attraverso una condivisione di valori etici (V. Spini)

Ma ancora … perché cultura minoritaria? Per il rifiuto a sinistra delle libertà economiche e soprattutto perché era molto diffusa l’idea che eguaglianza e libertà fossero incompatibili.

E questo condizionamento era talmente forte che parlava anche a chi non aveva una matrice ideologica e che considerava quello un ossimoro, lo stesso Benedetto Croce parlava del liberalsocialismo come un Ircocervo. Si afferma pertanto l’idea che è figlia della storia europea (l’Europa delle terre occupate dai latifondisti e non le terre nuove e libere che incontra Tocqueville dove la libertà è figlia della proprietà, mentre in Europa la proprietà dei pochi minaccia e soffoca  la libertà dei molti - G. Amato -) una storia che poi va a generare l’utopia socialista, l’idea che la libertà viene dopo perché, per l’appunto, potrebbe mettere in discussione l’uguaglianza.

E questo è un tema molto attuale: il rapporto fra persona e diritti, l’idea che i miei diritti non dipendono da quello che mi è concesso, che la libertà non è qualcosa che arriva dopo, non è qualcosa che viene prima sequestrata e poi restituita, nella realtà i diritti dipendono da me, dal mio protagonismo, dalla mia attivazione.

Gli stessi diritti  anche quando vengono formalmente riconosciuti in un testo costituzionale, sono poi sempre incompiuti nella loro definizione legislativa, ci devo mettere sempre del mio, la democrazia è un sistema che assicura semplicemente degli spazi e non garantisce a priori e per inerzia dei diritti (G. Amato) , la democrazia comporta poi l’attivazione nell’occupare quegli spazi, offre una pluralità di strumenti, poi possiamo discutere sull’efficacia o meno dei mezzi ma la democrazia è prima di tutto “attivazione”.

Negli ultimi tempi Bobbio aveva sottolineato le contraddizioni della democrazia moderna e che mentre in passato dalla non libertà era nata la libertà come conflitto, come lotta, dal momento in cui la democrazia si è finalmente consolidata ci troviamo di fronte al paradosso della libertà che produce la non libertà, Bobbio individua alcune cause  principali: la burocratizzazione, l’espansione dei diritti sociali, l’industria culturale (ricordiamo la cattiva maestra televisione come possibile fonte di omogeneizzazione della società) la tecnicizzazioni delle decisioni ….(Bobbio li chiamava) gli ospiti inattesi della democrazia.

Questo è un dibattito molto attuale se pensiamo per esempio al nostro welfare e ai sistemi di welfare europeo. Al nostro  che  non è figlio di Lord Beverdige (un liberale che  lavorava guarda caso per un primo ministro laburista) ma del mutualismo di origine sindacale e cattolico, il cui peso si è gradualmente trasferito sulle spalle dello Stato. Ma è il tema dei limiti oggi di un impianto europeo che va aggiornato (anche nella sua compenetrazione lib – lab) ,  perché l’idea assicurativa delle persone  ha funzionato fino a quando il focus erano pezzi piccoli di popolazione (perché si viveva molto meno, perché il concetto di democrazia è venuto maturando, così come il rapporto con i bisogni) e che già dagli anni ‘70  diventa insostenibile perché diventa insostenibile l’idea che qualcuno potesse assicurare tutti, con i bisogni che aumentano e diventano più complessi e diventa anche più difficile fare una scala delle priorità. Emerge quindi la contraddizione attuale di un sistema pensato per tutti, con un’idea ancora piuttosto comunitaria della società che però si scontra con un individualismo totale privo di una concezione dei diritto nel senso di attivazione ma in senso soggettivo di un individualismo privato e non di un individualismo sociale.

E’ pertanto attuale il contributo di una solidarietà liberale che prevede certamente la dimensione di un welfare tradizionale, lo stesso Einaudi (ricordiamo che Rosselli fu assistente di Einaudi alla Bocconi) prevedeva certo le strutture classiche di protezione sociale, prevedeva anche il minimo vitale, però accanto a questo anche l’affermazione di un welfare delle opportunità, il principio di sussidiarietà e quell’imperativo etico (che  è alla base del socialismo liberale) che vuole ogni individuo consapevole del  proprio destino personale, recuperando quella progressiva sconnessione fra libertà e responsabilità che si è generata alimentando chiusure corporative e  populismi di ogni genere.

Chiediamoci allora se quell’imperativo etico dell’attivazione della  persona è parte di un problema antropologico dei nostri tempi? Il fatto che la  società creata dal welfare state non si è contraddistinta per  un cambiamento nella coscienza collettiva (S. Zamagni) ?  Il problema che i membri di una comunità non possono concepire la società come il luogo dove si ricevono solamente vantaggi personali, senza doveri?

Una seconda riflessione sull’attualità del socialismo liberale tocca il nodo di fondo della sinistra italiana: il rapporto e la relazione fra quotidianità e prospettiva. Abbiamo detto che questa cultura politica  è pienamente accolta all’interno del socialismo europeo, resta tuttavia il problema di un’adesione concentrata nella pratica rispetto all’affermazione di principi.

Un conto è infatti rinnovarsi attraverso le “svolte” un altro è affermare una cultura riformista attraverso la fatica del revisionismo, perché una cultura politica che si trasforma deve concretamente fare i conti con il rapporto fra attualità e visione e penso che nella storia della Seconda Repubblica e dietro al suo fallimento ci sono queste lacune: c’è la scomparsa della cultura socialista riformista e del suo prezioso contributo, c’è  una logica spesso prevalente del breve periodo, del riposizionamento tattico, di un’identità perseguita attraverso il gioco delle alleanze nella piena consapevolezza che non è sufficiente l’obiettivo del governare per creare la forza  e per essere il motore di una coalizione.

Un’ultima considerazione: Rosselli scriveva nel 1929 “Il Socialismo liberale ….. non si illude di possedere il segreto dell’avvenire non si crede depositario della verità ultima, sarà ma potrebbe anche non essere”.E’ un passaggio decisivo perché parte dalla consapevolezza  di essere fallibili e che la storia umana è fatta di interazioni, che è impossibile introdurre delle direzioni di marcia, che questo non deve comportare la rinuncia dei valori, dei grandi obiettivi ma bisogna essere consapevoli di fare i conti con la complessità, con gli altri, con gli eventi, con uno spirito di adattamento sempre chiedendoci se ci stiamo adattando e se ci stiamo arrendendo.

Oggi ci sono questioni che ci pongono delle domande, semplicemente perché le culture politiche del secolo scorso non sono in grado di individuare delle risposte,  c'è un deficit di democrazia nella costruzione europea, c’è nel contempo una richiesta di  democrazia locale senza filtri, c’è la disillusione che la capacità di autoregolamentazione del mercato avrebbe garantito di per sé i diritti sociali, c’è infine il tema di un modello che non regge sul piano della sostenibilità ambientale e su questo avanza il bisogno di nuove risposte.

In questo paese abbiamo avuto la carenza di una autentica cultura liberale, la maggior parte delle forze politiche fino alla fine degli anni ’80 sia di matrice cattolica che marxista o non aveva una valutazione positiva del mercato, oppure ignorava i pericoli dell’inflazione, del debito pubblico, del deficit (M. Monti), espressione dell’incapacità trasversale di gestire un conflitto redistributivo che andava domato per indirizzare le risorse nelle riforme strutturali di questo paese. Soltanto sotto l’impulso dell’Europa ci sono poi stati interventi e anche evoluzioni nelle diverse culture politiche, però da qui a dire che sulla guerra ai monopoli, sulle liberalizzazioni, su un’autentica affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale, sull’idea stessa di un superamento dello stato nazione e della sovranità nazionale nella prospettiva di un’Europa Federale, su una revisione del diritto amministrativo, del rapporto stato - mercato … siamo ancora lontani e ricordiamo che nella cultura del socialismo liberale  l’economia a due settori pubblico e privato, la nazionalizzazione per intenderci, si giustificava come forma di tutela contro monopoli privati e distorsioni del mercato,  non erano funzionali a un’idea di pianificazione, non c’è il portato socialista del mettere l’economia nelle mani dello stato  (V. Spini) .

L'attualità di Rosselli sta soprattutto nel fatto che il socialismo liberale intende accettare come terreno di confronto con il liberismo proprio quello delle libertà, nella convinzione che rendere la teoria più liberale non comporta una politica più moderata, c’è invece  l’idea forte di in riformismo radicale il cui punto di partenza è quello di una concezione moderna dell’azione politica  aperta all’incertezza, alla fallibilità, alla competizione (dove la competizione è una forma di collaborazione) alla ricerca permanente che tenta di unire prassi politiche differenti.

Il lavoro della Fondazione Rosselli dimostra l’attualità di un pensiero che non è solo storia, ma che può tradursi in un metodo di costruzione di politiche pubbliche concrete e moderne.

 

Andrea Virgilio

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