L’insensata e ventennale occupazione Usa/Nato dell’Afghanistan si è conclusa senza gloria e con molti sconfitti e (apparentemente) un solo vincitore: i talebani. Ma, come scrive Thalif Deen, senior editor dell’United Nations Bureau di Inter Press Service (IPS), e senior Defense Analyst a Forecast International e military editor Middle East/Africa al Jane’s Information Group. «Forse un vincitore indiscusso in questa stravaganza da trilioni di dollari degna di un blockbuster di Hollywood c’è stato: il complesso militare-industriale che ha continuato a foraggiare i combattenti americani e afgani nella guerra più lunga della storia degli Stati Uniti».
E’ più o meno quello che ha confermato il presidente Usa Joe Biden: «Abbiamo speso oltre un trilione di dollari. Abbiamo addestrato ed equipaggiato una forza militare afgana di circa 300.000 uomini. Incredibilmente ben attrezzato. Una forza di dimensioni maggiori rispetto alle forze armate di molti dei nostri alleati della NATO. Abbiamo fornito loro tutti gli strumenti di cui potevano aver bisogno. Abbiamo pagato i loro stipendi, provveduto al mantenimento della loro aeronautica, cosa che i talebani non hanno. Abbiamo fornito supporto aereo ravvicinato. Abbiamo dato loro ogni possibilità di determinare il proprio futuro. Quello che non potevamo fornire loro era la volontà di lottare per quel futuro».
Su IPS, Deen ricorda che «Dell’incredibile cifra di 1 trilione di dollari, ben 83 miliardi di dollari sono stati spesi per le forze armate, al ritmo di oltre 4,0 miliardi di dollari all’anno, principalmente per l’acquisto di armi provenienti dall’industria della difesa statunitense, oltre a manutenzione, assistenza e addestramento. La debacle afghana ha causato anche la morte di 2.400 soldati statunitensi e di oltre 3.800 appaltatori della sicurezza privati âÂÂâÂÂstatunitensi, oltre a più di 100.000 civili afgani».
Norman Solomon, direttore esecutivo dell’Institute for Public Accuracy e direttore nazionale di RootsAction.org ha detto all’IPS che «In una misura drasticamente variabile, i veri perdenti sono tutti tranne i profittatori di guerra. Il complesso militare-industriale degli Stati Uniti prospera sull’omicidio organizzato che chiamiamo “guerra” e la guerra ventennale in Afghanistan, condotta per gentile concessione dei contribuenti statunitensi, è stata un enorme spreco organizzato per un vasto numero di appaltatori militari e ricchi investitori. La frase colloquiale “making a killing” è fin troppo appropriata qui, perché è ciò che molte compagnie statunitensi hanno fatto nel corso degli ultimi due decenni come parte della cosiddetta “guerra al terrore” che il governo degli Stati Uniti ha lanciato in ottobre 2001 con il suo attacco all’Afghanistan. Anche gli alti funzionari e i ricchi saccheggiatori del governo afghano che sono fuggiti dal Paese negli ultimi giorni sono stati i grandi vincitori. Hanno vissuto nell’abbondanza per due decenni e ora sono fuggiti con ciò che sono stati in grado di sottrarre e conservare come ricchezza personale. Tutto sommato, è una realtà indicibilmente vile e veramente oscena quella che George W. Bush e i suoi complici bipartisan a Washington hanno messo in moto durante l’autunno del 2001. Hanno “vinto” un a gioco enormemente pernicioso per se stessi, mentre, come risultato diretto, così tante persone hanno sofferto tremendamente. Sfortunatamente, i paesi della NATO hanno fatto da facilitatori in questo terribile massacro prolungato che ha devastato così tanto l’Afghanistan e il suo popolo. Sotto un qualsiasi altro nome, la miscela di guerra e presunta arte di governo che ha accompagnato la guerra condotta dagli Stati Uniti in Afghanistan si è rivelata a lungo termine un esercizio sadico di narcisismo, stupidità e avidità».
Dall’anno fiscale (FY) 2010, gli Stati Uniti hanno dato oltre 3,2 miliardi di dollari all’Afghan Air Force (AAF), di cui quasi un miliardo per attrezzature e aerei. Tuttavia, secondo il Congressional Research Service (CRS), che prepara rapporti per i parlamentari e le Commissioni del Congresso Usa, difficoltà di avere attrezzature, manutenzione, logistiche e defezioni hanno continuato ad affliggere l’Air Force, L’AAF era equipaggiato con circa 104 velivoli tra i quali 4 aerei da trasporto C-130 e 46 elicotteri Mi-17 (di fabbricazione russa). La dimensione target della sua flotta era di 140 velivoli totali. Gli acquisti del Dipartimento della difesa USA per l’AAF di 56 Mi-17 sono stati per lo più attuati. L’AAF ha anche preso in consegna i primi 8 dei 20 aerei A-29 Super Tucano più elicotteri MD-530 e 3 elicotteri Cheetah donati dall’India, che saranno tutti ereditati dai talebani.
Gran parte dei piloti militari dell’AAF sono fuggiti nei paesi confinanti con i loro aerei, senza sparare un colpo contro le milizie talebane.
Alon Ben-Meir, professore di relazioni internazionali al Center for Global Affairs della New York University (NYU), ha dichiarato all’IPS: «Inutile dire che i talebani sono i vincitori finali. Tuttavia, nel processo della guerra ventennale, non c’è dubbio che il complesso militare-industriale abbia sicuramente beneficiato della guerra in corso, il che in una certa misura spiega perché le forze armate statunitensi hanno continuato a sostenere la continuazione della guerra nonostante la stringa di errori che hanno afflitto gli Stati Uniti fin dal primo giorno. Il complesso militare-industriale ne ha beneficiato soprattutto perché tradizionalmente ai nostri militari piace vincere le guerre piuttosto che finirle in modo indeciso o perderle del tutto. Un altro vincitore, in questo frangente, sarebbe la Cina, che senza dubbio trarrà vantaggio dalla ritirata degli Stati Uniti e si impegnerà con i talebani senza richiedere alcun tipo di riforma interna. A differenza degli Stati Uniti, la Cina non condiziona mai il proprio sostegno ad alcun cambiamento nelle politiche interne dei Paesi coinvolti. Il più grande perdente, però, in questa triste situazione è ovviamente il popolo afghano, soprattutto le ragazze e le donne. Possiamo solo sperare che i talebani modifichino la loro posizione tradizionale sulle limitazioni per le ragazze e le donne nelle scuole e sul posto di lavoro, e permettano loro di cercarsi un’istruzione e un’opportunità di lavoro e di poter così contribuire al loro benessere e al benessere del Paese.
Ma, a guardare le cifre, il Davide talebano ha sconfitto in gigantesco Golia: la guerra ventennale ha visto contrapporsi circa 75.000 combattenti talebani contro più di 300.000 militari afgani armati e addestrati dagli Stati Uniti e un’imponente apparato militare statunitense e NATO, compreso il contingente italiano.
Deen fa notare che «Come forza combattente, i talebani hanno conquistato il Paese assediato senza le tradizionali armi da guerra, compresi sofisticati aerei da combattimento, elicotteri da combattimento, missili o navi da guerra, che sono parte integrante della maggior parte delle forze armate impegnate nei conflitti. Una forza di guerriglia disordinata, i talebani dipendevano pesantemente da armi di piccolo calibro, fucili d’assalto AK-47, artiglieria, ordigni esplosivi improvvisati (IED) e molteplici attentatori suicidi».
Le forze militari afgane addestrate dagli Stati Uniti sono state praticamente battute senza combattere: sono fuggite dalle loro postazioni abbandonando le armi, compresi i fucili M-16 e gli Humvee di fabbricazione statunitense che sono caduti nelle mani dei talebani.
Natalie J. Goldring, della Edmund A. Walsh School of Foreign Service della Georgetown University, ha ricordato all’IPS che «Il governo Usa ha investito tempo un immenso tesoro nella sua invasione dell’Afghanistan, un guerra che non avrebbe mai dovuto essere combattuta. I produttori di armi statunitensi hanno tratto profitto dalla vendita delle armi utilizzate in Afghanistan. Tuttavia, questi fornitori di armi non sono ritenuti responsabili dell’uso – e dell’abuso – delle armi che vendono. Grazie a questa mancanza di responsabilità, possono sembrare gli unici “vincitori” del conflitto. Vendono le armi al governo degli Stati Uniti senza un’apparente considerazione dei rischi di farlo, fanno i loro soldi e da parte statunitense. Ora passano alla prossima opportunità di vendita».
Eppure la “vittoria” dei produttori di armi è avvenuta a spesa del personale militare e civile degli Stati Uniti. Ad esempio, per anni, e ben prima del recente crollo del governo afghano, le milizie talebane si impadronivano regolarmente di equipaggiamento militare statunitense e NATO e lo usavano contro le nostre forze occidentali.
La Goldring, che rappresenta anche l’Acronym Institute all’Onu nella cvommissione che si occupa di armi convenzionali e commercio di armi, sottolinea che «Con la caduta del governo afghano, è probabile che alcune di queste armi vengano vendute o date a forze al di fuori dell’Afghanistan, esacerbando il rischio che le armi statunitensi vengano usate contro il nostro personale militare o civile»
Intanto, l’inchiesta “The Taliban Air Force – An Inventory Assessment” pubblicata su Orix dimostra che dall’inizio dell’offensiva dei talebani a maggio, hanno catturato almeno 24 dei circa 200 aerei dell’aeronautica afgana, inclusi elicotteri forniti dagli Stati Uniti e un aereo leggero d’attacco.
Citando il Times, Deen conclude: «E’ improbabile che i talebani siano in grado di far funzionare questi aerei senza una propria forza aerea. La maggior parte degli elicotteri abbandonati è danneggiata o meccanicamente incapace di volare. Gli esperti dicono che quelli che possono volare richiedono un’ampia manutenzione e piloti qualificati. Quel che potrebbe essere più vantaggioso per i talebani sono le centinaia di Humvee e camioncini che hanno catturato, insieme a innumerevoli depositi di armi e munizioni. Nei video sui social media, gli insorti talebani hanno mostrato le armi e i veicoli appena acquisiti».