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Il 2020 solo un anticipo: ci aspetta una crisi più grande tra salute e clima

Crisi climatica e pandemia di Covid-19 sono due questioni strettamente legate per cui serve una “risposta rapida e commisurata”.

| Scritto da Redazione
Il 2020 solo un anticipo: ci aspetta una crisi più grande tra salute e clima

La rivista medica specializzata The Lancet monitora la situazione della salute ambientale ormai dal 2015, anno in cui è stato firmato l’accordo sul clima di Parigi dagli stati membri delle Nazioni Unite, ma ad oggi sembra che molto poco sia migliorato a livello pratico negli ultimi cinque anni.

La ricerca mostra un’inversione precoce, ma sostenuta, delle tendenze positive identificate nei report precedenti di The Lancet. Le emissioni globali di anidride carbonica globale (CO2) continuano ad aumentare costantemente, senza nessun convincente o prolungato abbassamento, con il conseguente aumento attuale della temperatura media globale di 1,2 °C. Secondo i ricercatori, questi sono stati i cinque più caldi anni registrati dal 2015. Nonostante i numerosi segnali preoccupanti, tuttavia, la risposta globale al cambiamento climatico tuttavia si è attenuata e gli sforzi nazionali continuano a essere inferiori agli impegni assunti nell’accordo di Parigi.

L’intensità del carbonio nel sistema energetico globale è rimasta pressoché immutata per 30 anni, con l’uso globale del carbone in aumento del 74% durante gli ultimi tre decenni. La riduzione dell’uso del carbone globale che era stato osservato a partire dal 2013 si è invertita negli ultimi due anni: tra il 2016 e il 2018, il consumo di carbone è aumentato dell’1,7%.

Anche la risposta del settore alimentare e agricolo è stata altrettanto preoccupante. Le emissioni inquinanti causate dal bestiame sono cresciute del 16% tra il 2000 e il 2017, con il 93% proveniente da animali ruminanti. Allo stesso modo, le diete insalubri stanno aumentando in tutto il mondo, con l’eccesso di consumo di carne rossa che ha contribuito a circa 990mila morti solo nel 2017.

Il carico sulla salute è notevole: più di un milione di decessi si verificano ogni anno a causa dell’inquinamento atmosferico provocato dall’energia a carbone, di cui circa 390mila sono state il risultato dell’inquinamento da particolato nel 2018. Ai cittadini di Italia, Belgio, Polonia, Ungheria e Romania, nello stesso anno, il particolato è costato in media 8 mesi di vita. I 43 indicatori presi in considerazione da The Lancet per misurare l’evoluzione del cambiamento climatico e le sue conseguenze per la salute umana evidenziano poi che è costantemente aumentata la frequenza e l’intensità dei cosiddetti eventi estremi (ondate di calore, siccità, incendi, inondazioni, uragani) con relativi costi economici e sociali (morti premature, ore di lavoro perse, danni ai raccolti agricoli, danni alle città e alle infrastrutture).

Negli ultimi 20 anni c’è stato un aumento del 53,7% della mortalità correlata ai colpi di calore nelle persone con più di 65 anni di età, raggiungendo un totale di 296mila decessi nel 2018. L’alto costo in termini di vite umane e sofferenza è associato anche a effetti economici e di produzione, con circa 302 miliardi di ore di perdita di potenziale capacità lavorativa nel 2019. India e Indonesia sono tra i paesi più colpiti, con perdite di capacità lavorativa equivalente al 4-6% del loro Pil annuo. In Europa, nel 2018, il costo monetizzato della mortalità correlata ai colpi di calore era equivalente alla media del reddito di 11 milioni di cittadini europei.

Anche la sicurezza alimentare globale è minacciata dall’aumento delle temperature e dagli aumenti della frequenza di eventi estremi: il potenziale di rendimento globale per le coltivazioni principali è diminuito dell’1,8-5,6% tra il 1981 e il 2019. Inoltre, il cambiamento climatico ha contribuito al rapido aumento della trasmissione delle malattie infettive dagli anni ’50 ad oggi, con un aumento del 15% dei casi di dengue causati dal batterio Aedes albopictus nel 2018, insieme ad aumenti regionali di infezioni di malaria e batteri Vibrio (o vibrioni).

Come sottolinea il Lancet Countdown, gli effetti dell’inquinamento sulla salute sono spesso diseguali e sproporzionatamente impattanti sulle popolazioni che hanno meno influenza sul problema. Questa considerazione rivela un problema più profondo di giustizia globale, per cui il cambiamento climatico interagisce con le diseguaglianze sociali ed economiche, esacerbando tendenze di vecchia data dentro e fuori i paesi.

Molte delle politiche ad alta intensità di carbonio che conducono a povera qualità dell’aria, scarsa qualità del cibo e degli alloggi, stanno danneggiando in modo sproporzionato la salute delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. Queste ultime, ad esempio, nel 2019 sono state esposte a 475 milioni casi di ondate di calore in più rispetto agli altri stati, che si sono riflettuti in un eccesso di morbilità (ossia, il numero dei casi di malattia registrati durante un periodo dato in rapporto al numero complessivo delle persone prese in esame) e mortalità.

Cosa ci riserva il futuro?

Per rimanere in linea con l’accordo di Parigi (quindi rimanere sotto i 2 °C di surriscaldamento globale entro fine 2100), i governi di tutto il mondo dovranno ridurre le emissioni di CO2 del 7-8% ogni anno da qui al 2030. In sostanza, nel 2030 dovremo emettere circa 25 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente (Gt CO2e), poco meno della metà del livello attuale (ossia 56 giga tonnellate).

Come ha ribadito in una dichiarazione pubblica Renee Salas, fra le principali autrici dello Us Lancet Countdown Policy Brief, nel corso dell’anno appena trascorso, “abbiamo visto i danni delle nostre crisi convergenti, ossia Covid-19, disastri climatici e razzismo sistemico”. Il 2020 è stato “un’anteprima di ciò che ci aspetta se non riusciamo a fare urgentemente gli investimenti necessari per proteggere la salute”.

Infatti, una risposta rapida e commisurata alle dimensioni di queste due sfide congiunte, “che privilegi il rafforzamento dei sistemi di assistenza sanitaria, investa nelle comunità locali e garantisca aria pulita, acqua potabile sicura e cibo nutriente”, fornirebbe alle generazioni future le basi non solo per sopravvivere, ma per prosperare.

I ricercatori delle 35 principali istituzioni accademiche e agenzie delle Nazioni Unite che hanno redatto il Lancet Countdown suggeriscono che delle politiche climatiche più ambiziose, che limitino il riscaldamento a 1,5 °C entro il 2100, genererebbero un beneficio economico globale di circa 264–610 trilioni di dollari. L’obiettivo principale delle Nazioni Unite nel 2021 sarà costruire un’alleanza globale per le emissioni di anidride carbonica carboniche zero entro metà secolo.

(Camilla Lombardi, Wired cc by nc nd)

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