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Il gas che cuoce il pianeta ma salva gli Usa dalla Cina | M.Agostinelli

| Scritto da Redazione
Il gas che cuoce il pianeta ma salva gli Usa dalla Cina | M.Agostinelli

In una serie di documentati articoli sulle pagine di Repubblica, Federico
Rampini espone la strategia degli Stati Uniti guidati da Obama per mantenere
l’egemonia geopolitica e militare a fronte dell’impetuosa crescita cinese.
Parte decisiva di questa strategia è rappresentata dal progetto di
estrazione di gas (e petrolio) dagli scisti bituminosi (shale gas), che
porterebbe Usa e Canada a soppiantare il primato nelle fonti fossili dei
Paesi Arabi e della Russia e a determinare così un confronto diretto nella
competizione economica con Pechino da posizioni di forza.

A quale prezzo per il pianeta e per la vita futura? E dove sta il trucco per
avere a basso prezzo un prodotto che richiede più energia per ottenerlo di
quanta ne restituisca? Vale la pena di accennarne in questo primo post cui
seguirà un altro. Sarà così più facile capire e la fiera e opportunistica
opposizione di Washington e Ottawa all’adesione al protocollo di Kyoto, con
conseguente affossamento della recente conferenza di Doha.

Il gas da scisto si ottiene con la fratturazione idraulica di rocce che
contengono bitume disperso. Si tratta di perforazioni orizzontali ai
depositi di scisti a profondità fino a 3 km, con pompaggio in grandi
quantità di lubrificanti, acqua, sabbia e sostanze chimiche ad altissima
pressione. Oltre alla devastazione paesaggistica, naturale e del suolo, la
tecnica comporta – per le emissioni di CO2 e di metano – un alto rischio per
la salute umana e per l’ambiente. Altro che effetto serra! Inoltre provoca
conseguenze disastrose sulla contaminazione e l’esaurimento delle acque
sotterranee e superficiali, sulla biodiversità, sul degrado del suolo e
della qualità dell’aria, oltre a condizioni sismiche, accompagnate da non
trascurabili livelli di materiale radioattivo naturale portato in
superficie.

L’Unione Europea si sta per ora opponendo a questa pratica, nonostante la
pressione della Polonia, che vorrebbe così ottenere un’indipendenza
energetica ad ogni costo, e il pressing di grandi lobby come la Shell per
avviare perforazioni di scisti marini. Senza contare anche l’attività
frenetica dei rappresentanti del settore del governo canadese, che tra il
settembre 2009 e luglio 2011, hanno organizzato oltre 110 eventi a Bruxelles
(più di uno a settimana!).

Quale sarebbe la contropartita per Usa e Canada (con cui concorda
evidentemente il governo Monti che ha proposto una Strategia Energetica
nazionale (SEN) fondata sul rilancio di gas e petrolio) a fronte di un’
accelerazione della crisi climatica? (N.B. Il gruppo di studio della Ue
attribuisce all’effetto serra da shale gas un valore di default di 107
grammi di CO2 equivalente per megajoule (CO2eq/MJ) di carburante, rispetto
alla media di 87.5g CO2eq/MJ per il petrolio).

Paradossalmente il vantaggio sta in un costo al mercato inferiore di un
terzo rispetto al gas tradizionale, ottenuto artificialmente attraverso i
raggiri delle banche sui prodotti derivati e su tutte le forme speculative
che stanno dietro alla costruzione di pozzi e gasdotti, al varo di navi
metaniere e all’attivazione di rigassificatori. Alla fine, queste operazioni
sono pagate dai tagli alle pensioni, dal peggioramento delle condizioni di
vita e di salute, dal dissesto della natura indotto dai cambiamenti
climatici. Una bella storia moderna, un po’ sottaciuta dai media, che sa di
vecchio e su cui torneremo.

Mario Agostinelli

 

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