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Il poeta crepuscolare Marino Moretti presentato da Vincenzo Montuori (Cremona)

Moretti rappresenta una sorta di “grado zero” della scrittura poetica a partire dal quel suo famoso attacco di una poesia:”Piove.E’ mercoledì.Sono a Cesena”

| Scritto da Redazione
Il poeta crepuscolare Marino Moretti presentato da Vincenzo Montuori (Cremona)

Il poeta crepuscolare Marino Moretti presentato da Vincenzo Montuori (Cremona)

Tra i poeti crepuscolari che operarono in Italia, aldilà dei più famosi Gozzano e Corazzini, che sono attivi tra il 1900 e il 1920, bisogna ricordare Marino Moretti (1885-1976) di Cesenatico, poeta appartato che non aveva il dono della leggera ironia di Gozzano ne’ le atmosfere “malate” di Corazzini , alle prese con le sue pulsioni sadomasochistiche (“Desolazione del povero poeta sentimentale”).

Moretti rappresenta una sorta di “grado zero” della scrittura poetica a partire dal quel suo famoso attacco di una poesia:”Piove.E’ mercoledì.Sono a Cesena”.Moretti descrive in modo oggettuale, neutro delle situazioni in cui sembra quasi fotografare il reale inducendo nel lettore una sensazione di sottile malinconia. Si legga questo testo dal suo volume più famoso “Poesie scritte col lapis “:

Non t’illudere, fratello,

se il cielo è tutto di rosa

e l’anima riposa

sotto il suo triste fardello:

sappilo, non ti rimane

che un pezzo di pane.

Non t’illudere per via

se in ora crepuscolare

tutto qui sembra affrettare

l’ansia dell’avemaria:

sappilo, non ti rimane

che un suon di campane.

Non t’illudere: hai finito

di pretendere qualcosa:

colta hai l’ultima tua rosa,

l’hai sciupata in un convito:

è molto se ti rimane

fedele il tuo cane.

A volte questa oggettività rassegnata di Moretti produce effetti di un inquietante straniamento nella percezione del lettore.Si legga questa “ Dopo”:

Io non so che avverrà di questa casa,

s’ella sarà venduta,

s’ella sarà abbattuta,

se diverrà perfino un’altra casa.

Altre porte e finestre, altra cimasa,

altre rondini ed altri davanzali,

altri riposi d’ali.

Altro capo, altre serve, altre famiglie

come altre cose a me care o discare.

Altri libri, altro cibo, altre stoviglie,

altri letti, altre bare.

Che cosa dunque rimarrà di mio

per caso, in queste stanze, o per dispetto?

Chi sa, forse un panchetto,

un panchetto di quando ero bambino

o un’eco incomprensibile, un fruscio...

Altro mendico va di casa in casa,

di scalino in scalino,

ed altra madre chiama altro Marino

che in altra ora rincasa.

MARINO. MORETTI

Maggio 2020

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