Lunedì, 29 aprile 2024 - ore 17.47

Il punto di Giampiero Carotti. Scommesse e cattedrali

Il testo di Carotti riparte dall’incontro pubblico con Piergiovanni Alleva di pochi giorni fa

| Scritto da Redazione
Il punto di Giampiero Carotti. Scommesse e cattedrali

«Expo è la più grande scommessa che l’Italia fa in questo anno – ha aggiunto Renzi –, una grande cattedrale laica […]».

Qualche sera fa, un compostamente indignato Piergiovanni Alleva, illustrando le novità legislative sul lavoro degli ultimi anni e in particolare dell’attuale Governo, ha detto che Renzi dice sempre e sistematicamente fandonie, quando parla. Aveva ragione se si pensa al contenuto, al merito di ciò che Renzi dice. Ma ognuno di noi, quando parla, attiva anche inconsciamente un secondo livello di comunicazione, che ha a che fare (ad esempio) con i termini e le metafore che sceglie, con le figure retoriche e così via: questo secondo livello spesso è più vicino alla verità.

Ecco, allora, che le dichiarazioni di Renzi su Expo di pochi giorni fa assumono, se lette con questa lente, un rilievo molto importante e disvelante. Comunicano meglio di un trattato di antropologia o di storia della politica economica la "visione" della società e dell’economia che i renziani hanno nel cuore, prima ancora che in testa.

Intanto, l’azzardo. A qualcuno può sembrare eroico ed entusiasmante affrontare la vita con azzardo. Da un politico, più ancora da un Presidente del Consiglio, si pretenderebbe qualcosa di più fondato e studiato di una scommessa. Parlare invece di «grande scommessa» non è solo (e già sarebbe grave) un farsi condizionare mentalmente dalla devastante e pervasiva onnipresenza dell’«industria» (quanta falsità in questo termine) del gioco e dell’azzardo nelle nostre vite, non è solo una sempre più inquietante contiguità con il mondo di chi specula in modo spregevole sulle debolezze delle persone. È qualcosa di più profondo, è l’abitudine a procedere alla cieca, il vivere alla giornata eletto a prassi politica, senza alcuna (ri-)costruzione reale dell’economia e della società. Significa voler far passare l’idea che pianificare, studiare, progettare è inutile; che l’economia reale è ormai tutta nell’incorporeo (ma molto reale) mondo della borsa, il regno (teorico) delle scommesse. Serve anche a continuamente rilanciare in avanti, a rimandare le rese dei conti, poiché si sa che, se la gente guardasse all’oggi e tirasse qualche somma, il quadro sarebbe meno che desolante: sarebbe da rivolta popolare.

L’altro termine, cattedrale, chiude il cerchio. Intanto effettua un furto (con destrezza) del senso del sacro, appiccicandolo a un’impresa ormai al di sotto di ogni sospetto, e appioppa la solita pelosa carezza al mondo dei cattolici credenti, “usando” il loro immaginario (ma correggendolo subito a “laico”, per carità). Usarlo così a Milano ha poi un valore aggiunto molto particolare: per un milanese, il riferimento alla Fabbrica del Duomo e ai suoi infiniti tempi di cantiere è tutto meno che casuale. Ancora: trasformare la fiera delle vanità in un luogo di culto serve a fare in modo che le crescenti critiche a Expo siano sentite istintivamente dalla gente come un sacrilegio. Ma c’è di più. Perché io credo che inconsciamente quel «cattedrale» parli anche (più sinceramente) di un mondo della politica e di un establishment così impoverito di valori che vede davvero in queste “grandi opere” il manifestarsi della divinità. Una divinità propria, fatta in casa, destituita di umano e schiacciata su spot e pubblicità: quel «cattedrale» svela una subalternità culturale profonda al mito del commercio, del denaro, del mercato. Il mercato più vile, quello in cui si vende fumo, quasi nulla di concreto, ma lo si vende in grande stile. In questo senso, è del tutto “naturale” che, per farlo funzionare, si proponga ai nostri giovani di lavorarci gratis. Per la divinità non si lavora, alla divinità ci si offre. Liberamente.

Giampiero Carotti

895 visite
Petizioni online
Sondaggi online

Articoli della stessa categoria