Martedì, 19 marzo 2024 - ore 10.58

Italia-Danimarca, sulle rinnovabili non c’è partita ma possiamo imparare

Migliorini (European energy): ''Sarebbe auspicabile che più amministratori locali e altri enti come le soprintendenze si rendessero conto che le rinnovabili sono una grande opportunità di sviluppo, non solo energetico''

| Scritto da Redazione
Italia-Danimarca, sulle rinnovabili non c’è partita ma possiamo imparare

La multinazionale danese European energy opera sul mercato del fotovoltaico e dell’eolico – on e offshore – con un’esperienza maturata sui mercati internazionali a partire dal 2004: uno sviluppo che due anni fa l’ha portata ad inaugurare in Puglia il più grande impianto fotovoltaico d’Italia.

Durante i lavori sono stati scoperti importanti reperti archeologici, ma il progetto non si è bloccato come spesso capita: in collaborazione col Comune e la Soprintendenza l’iter si è concluso e ha anzi permesso di valorizzare la fruizione dell’area da parte della cittadinanza.

Per capire meglio l’approccio in grado di ottenere risultati come questo ci siamo rivolti ad Alessandro Migliorini, il country manager italiano della società.

Come è possibile facilitare simili collaborazioni istituzionali anche altrove?

«La collaborazione con le istituzioni, il territorio e tutti gli stakeholder di un progetto fotovoltaico o eolico è uno dei tratti distintivi dell’approccio di European energy. Come azienda specializzata in investimenti e sviluppo di progetti rinnovabili di “mercato” – come è stato nel caso del parco fotovoltaico record, che recentemente è stato oggetto di una operazione di vendita a Iren nel quadro di una più ampio accordo commerciale – pensiamo e agiamo per conciliare eccellenza progettuale e ritorno non solo in termini di energia pulita ed economici, ma anche e soprattutto per inserire gli impianti in un territorio portando benefici tangibili e duraturi.

La strada è quella del dialogo e della trasparenza, ascoltando le istanze e le richieste di chi conosce il territorio e lavorando per rendere possibile interventi di riqualificazione o recupero di infrastrutture o patrimoni artistici, ad esempio ma non solo, in grado di generare valore in futuro.

Per fare questo tipo di operazioni occorre ovviamente lavorare in modo efficiente e sinergico e coinvolgere gli enti preposti e aziende specializzate per la garanzia che tutto sia fatto nel modo giusto e corretto. Quando ci riusciamo la soddisfazione è doppia perché ai vantaggi per il clima e per le bollette propri delle rinnovabili si aggiunge anche un segno tangibile di benefici per il territorio nel lungo periodo.

Tutto bello ma, mi lasci dire, sarebbe auspicabile che più amministratori locali e altri enti come le soprintendenze si rendessero conto che le rinnovabili sono una grande opportunità di sviluppo, non solo energetico».

Qual è la potenza installata ad oggi da European energy in Italia, e quali le prospettive di sviluppo? 

«Ad oggi abbiamo un parco realizzato di potenza pari a circa 300 MW, tra installato e in fase di costruzione. Ma è solo un punto di partenza, abbiamo dimostrato di saper realizzare progetti di diversa taglia in diverse regioni. Eolico, fotovoltaico, parchi record solo per citarne alcuni ma quello che conta è che siamo un’azienda dinamica che dalla Danimarca si muove in vari mercati: l’Italia è centrale nella nostra strategia di sviluppo e abbiamo in programma di investire 1,5 miliardi di euro e realizzare impianti rinnovabili per una potenza pari almeno a 1,5 GW e stiamo aumentando la pipeline per arrivare a 2 miliardi di euro.

Dico “almeno” perché tendiamo a utilizzare sempre le tecnologie più innovative e quindi a parità di investimento speriamo di realizzare più energia pulita aggiornando i nostri progetti continuamente.

Il punto interrogativo purtroppo rimangono le autorizzazioni; abbiamo appena avuto quelle per un parco fotovoltaico in Lazio di dimensioni importanti e altre ne arriveranno, ma la verità è che le autorizzazioni in Italia sono davvero troppo lente al di là degli annunci. Ed è un peccato perché con i dati di irraggiamento solare record ci sarebbero tutti gli ingredienti per fare una svolta green convinta e veloce invece di perdersi in mille distinguo che poi si traducono in ritardi e problematiche anche di sviluppo economico, vedi il caro bollette».

Quali sono le principali differenze tra il contesto danese e quello italiano nello sviluppo progettuale dell’eolico e del fotovoltaico, per quanto riguarda sia la complessità del percorso autorizzativo sia le relative tempistiche?

«Potrei parlarne per ore, se vuole organizziamo un convegno ma forse qualcuno poi arrossirebbe fino ad offendersi messo di fronte alla evidenza dei fatti. Semplificando, la verità è che in Danimarca come in altri paesi del nord Europa i tempi delle autorizzazioni si misurano in settimane, al massimo mesi, e una volta ottenute si hanno certezze. In Italia i tempi si misurano in anni e soprattutto non ci sono mai certezze con troppi soggetti dotati di diritto di veto in servizio permanente effettivo. E come non mi stanco di ripetere tempi lunghi e incerti sono i peggiori nemici di chi deve investire e realizzare infrastrutture per la produzione di energia rinnovabile ma, in ultima analisi, il prezzo lo pagano tutti, aziende e cittadini in primis».

Uno dei principali fattori frenanti per lo sviluppo delle rinnovabili è il montare di sindromi Nimby&Nimto, che lasciano intuire sfiducia nella cittadinanza verso istituzioni e imprese proponenti. In Danimarca è particolarmente diffusa la comproprietà degli impianti rinnovabili da parte di attori locali: pensa sarebbe un approccio utile anche nel nostro Paese?

«Vero, ed è una buona pratica che penso sarebbe utilissima anche in Italia. In realtà, a dire il vero, sindromi Nimby e diffidenze derivate mi sembrano spesso strumentali. La maggior parte dei cittadini ha capito e anzi spinge per le rinnovabili e approcci in stile comunità energetica sono la via giusta non solo per togliere i dubbi ma anche per condividere i vantaggi delle rinnovabili. Stiamo studiando formule innovative e mi piacerebbe annunciarle a breve, appena possibile».

Il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’elettricità da una parte, e l’inseguimento degli extraprofitti dall’altra, sono tra le principali strategie che vanno delineandosi – in Italia come in Ue – per far fronte alla crisi energetica in corso: come pensa potrebbero delinearsi per un intervento che al contempo sia equo, non deprima gli investimenti sulle rinnovabili e tuteli adeguatamente le fasce sociali più fragili?

«È un tema delicato che da una parte risente di un aspetto emergenziale. Chiaramente occorre trovare una soluzione ai prezzi impazziti, un fenomeno che in realtà trova origine proprio in approcci poco convinti alle rinnovabili, che ora in qualche modo potrebbero paradossalmente essere penalizzate. Tutti i giorni seguiamo le evoluzioni e, più che quello che penso, credo sia più importante che prevalga la ragionevolezza e l’equilibrio.

Le tutele sono giuste ma occorre anche dire che non si può salvare il Paese e il suo mix energetico solo a colpi di rigassificatori e misure emergenziali, la bussola deve essere il mix energetico del futuro e il rispetto dei traguardi Ue al 2030. Vivendo all’estero ma essendo molto legato al mio Paese di origine mi auguro che nessuno metta in discussione le rinnovabili e quindi debba essere trovato un intervento di giusta misura, che consenta a investitori, sviluppatori e operatori nazionali e internazionali di continuare a investire sulle rinnovabili facendo dell’Italia il Bel Paese dell’energia pulita».

Cosa si aspetta dalla prossima legislatura per semplificare ed accelerare lo sviluppo delle rinnovabili in Italia?

«Che passino dagli annunci ai fatti. È in gioco il futuro, non solo dell’energia rinnovabile ma del Paese, del suo sistema economico e sociale, ed è l’unica via per far vivere i nostri figli e le prossime generazioni in un contesto di sviluppo europeo basato su energia pulita e tutela del clima e dell’aria che respiriamo, lontano da quello che io chiamo il richiamo della foresta reazionario delle energie fossili».

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