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La guerra d’intelligence in Ucraina: ''rivoluzionaria'' e determinante

Quella che sta avendo luogo in Ucraina non è più unicamente una guerra tradizionale bensì una guerra d’informazione e di intelligence, che sta assumendo tratti sempre più particolareggiati e ruoli – forse – determinanti per il conflitto russo-ucraino.

| Scritto da Redazione
La guerra d’intelligence in Ucraina: ''rivoluzionaria'' e determinante

La guerra “rivoluzionaria” dell’intelligence

Il fatto che gli Stati Uniti non siano stati ufficialmente e fisicamente presenti a fianco dell’Ucraina nel corso del conflitto tuttora in corso e della recente invasione russa non significa che non siano stati presenti in alcun modo. Al contrario, come ha affermato il generale Scott Berrier – direttore della Defense Intelligence Agency (DIA), l’agenzia americana di spionaggio militare – in un recente articolo del Corriere della Sera, la condivisione dell’intelligence che Washington ha adoperato nei confronti di Kiev “ha assunto caratteristiche rivoluzionarie”.

Ed effettivamente, da un lato è chiaramente visibile quanto questa guerra abbia in sé le caratteristiche tradizionali del conflitto bellico, con le milizie fisicamente presenti in Ucraina, le armi convenzionali e le loro implicazioni. Tuttavia, al contempo è altrettanto innegabile che sin dall’inizio questo conflitto è stato combattuto anche in modo non convenzionale, diventando cioè un “intelligence warfare” o “information warfare”, una guerra dell’informazione, in cui la gestione e l’uso dell’informazione rappresentano il punto di approdo per assicurarsi un vantaggio militare decisivo sull’avversario.

Eppure quello della intelligence warfare non è un concetto nuovo, anzi: secondo alcune fonti si potrebbe far risalire ai tempi di Sun Tzu; secondo il Professor Christopher Andrew se ne può trovare traccia addirittura nella Bibbia e nell’antica Grecia. Dai tempi della Guerra Fredda passando attraverso le due Guerre Mondiali, l’intelligence c’è sempre stata. L’elemento rivoluzionario è insito nella natura stessa dell’intelligence. Per natura, infatti, le informazioni raccolte da spie, analisti e operatori facenti parte dei servizi segreti vengono custodite gelosamente da chi le possiede. Al contrario, come sottolinea ampiamente il corrispondente per la sicurezza della BBC Gordon Corera all’interno di un articolo di qualche giorno fa, in questo attuale momento storico le informazioni captate vengono condivise a gran voce e non più custodite in cerchie ristrette. E ciò ha avuto inizio dal momento cruciale segnato dallo scorso novembre, quando il direttore della CIA William Burns si recò pubblicamente in visita a Mosca per avvertire che Washington era a conoscenza di quanto era stato pianificato.

Il contributo statunitense

Lo scorso 16 marzo Washington ha autorizzato nuove forniture belliche in favore di Kiev per il valore di 800 milioni di dollari. All’interno di queste forniture sono state comprese anche immagini satellitari e lavoro d’analisi. La collaborazione tra Stati Uniti e Ucraina a livello di condivisione di informazioni è iniziata 7 anni fa, nel 2015 e, con il passare degli anni, si è rafforzata, diventando più efficace e raggiungendo il suo picco poco prima dello scoppio della guerra tra Mosca e Kiev, quando le spie americane profetizzarono l’invasione russa che poi si è effettivamente verificata. Ed è in questa occasione che il flusso di informazioni condiviso tra Stati Uniti ed Ucraina si è intensificato, venendo definito da alcune fonti come “mai visto prima”. E le spie statunitensi sono intervenute anche dopo l’invasione su più livelli: tra la ricognizione aerea elettronica ed i satelliti, esse sono state in grado di intercettare i segnali russi e controllarne le comunicazioni. Oltretutto, secondo il webmagazine The Intercept, per la raccolta di informazioni Washington ha dispiegato asset ISR (intelligence, sorveglianza e riconoscimento) all’interno dei paesi confinanti con Kiev. Inoltre, le informazioni che gli Stati Uniti condividono con l’Ucraina sono tutt’altro che grezze: infatti, sembrerebbe che l’intelligence fornita sia “finita”, quindi già studiata e processata dagli americani.

Un ex ufficiale della CIA ha aggiunto, a questo proposito, che gli Stati Uniti si sono avvalsi di vari tipi di droni e di mezzi di raccolta per ottenere informazioni tattiche sul campo di battaglia, informazioni che poi vengono passate agli ucraini attraverso un agente di collegamento. Tuttavia, l’ufficiale sottolinea che Washington non sta comunque fornendo una “real-time intelligence”, cioè informazioni in tempo reale che normalmente verrebbero fornite se ci fossero delle forze statunitensi coinvolte direttamente sul campo. Questo è facilmente spiegabile se si pensa al fatto che gli statunitensi non vogliono essere direttamente coinvolti all’interno del conflitto russo-ucraino schierando dei soldati, pena il rischio di un possibile scontro a livello nucleare con Mosca. Lo scambio di intelligence è, in questo senso, paragonabile ad una sorta di “via di mezzo”: fornendo informazioni a Kiev senza diventare un partecipante attivo nella guerra in corso eliminerebbe il rischio di una guerra nucleare con la Russia.

Lo smantellamento della rete hacker russa

L’intelligence, benefica in numerosi contesti, può assumere a sua volta connotati dannosi. Ne è la prova la notizia riportata dall’ANSA proprio la scorsa settimana, che recita: “USA smantella rete hacker controllata da intelligence russa”. La polizia federale statunitense (FBI) ha in effetti smantellato una botnet, cioè una rete di computer adoperata per effettuare attacchi informatici. Il direttore dell’FBI Christopher Wray ha riferito che la rete di bot è stata creata dall’intelligence militare del governo russo, denominata GRU e, più specificamente, dall’unità Sandworm. Sembrerebbe che questa unità abbia implementato uno specifico tipo di software malevolo o malware noto come Cyclops Blink all’interno di migliaia di dispositivi “firewall” che vengono adoperati all’interno di realtà di piccola e media impresa. Sempre Sandworm viene considerata come responsabile dell’interruzione della rete elettrica ucraina sette anni fa, nel 2015.

Le sviste dell’intelligence americana

Nonostante siano stati evidenziati i punti di forza dell’intelligence americana nel corso del conflitto russo-ucraino, occorre riflettere anche su alcune imprecisioni di cui essa si è fatta portatrice. Indubbiamente, come la conduttrice del notiziario quotidiano sulla National Public Radio (NPR) Mary Louise Kelly ha sottolineato all’interno di un’intervista radiofonica, l’intelligence statunitense è stata formidabile quando ha predetto che sarebbe scoppiato un conflitto e che la Russia avrebbe promosso un’invasione dell’Ucraina su larga scala. Tuttavia, era stata predetta anche la caduta della capitale ucraina, Kiev, in qualche giorno, evento che non ha trovato riscontro in realtà. In effetti, come ha evidenziato il corrispondente di NPR per il Pentagono Tom Bowman, i russi erano chiaramente impreparati ad affrontare un combattimento organizzato e pianificato di quel calibro. Pertanto, se a questo si somma il fatto che i russi non sarebbero stati coordinati in nessun modo effettivo e il fatto che i russi stessi abbiano calcolato erroneamente alcuni espetti essenziali della guerra (come l’avere privilegiato la volontà di combattere prediligendo l’arruolamento di personale non testato sul campo), Bowman si chiede: come è possibile che gli Stati Uniti non si siano accorti di questo fatto?

Il ruolo che l’intelligence continuerà a giocare all’interno del conflitto russo-ucraino è tutto da vedere. Il conflitto è in continuo cambiamento e le mosse delle parti coinvolte (più o meno attivamente) sono sia difficili da prevedere che da decifrare. Specialmente in un momento storico in cui le informazioni vengono spesso manipolate e stravolte in maniera tutt’altro che difficile.

(Giulia Casmiro Scamagnani, Geopolitica.info cc by)

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