Lo studio “Interactions of nanoscale plastics with natural organic matter and silica surfaces using a quartz crystal microbalance”, pubblicato su Water Research da Mehnaz Shams, Iftay khairul e AlamIndranil Chowdhury del Department of civil & environmental engineering della Washington State University – Pullman ha svelato i meccanismi fondamentali che consentono ai nanometrici pezzi in cui si sfaldano i sacchetti di plastica e gli imballaggi in schiuma su scala nanometrica di spostarsi nell’ambiente.
I ricercatori hanno scoperto che «Una superficie di silice come la sabbia ha scarso effetto sul rallentamento del movimento della plastica, ma che, a seconda del tipo. di plastica, la materia organica naturale risultante dalla decomposizione di resti vegetali e animali può intrappolare temporaneamente o permanentemente le particelle di plastica su nanoscala».
Lo studio potrebbe aiutare gli scienziati a sviluppare modi migliori per filtrare e ripulire la microplastica che ormai è ovunque. Chowdhury spiega: «Stiamo cercando di sviluppare un filtro che possa essere più efficiente nella rimozione di queste plastiche. Le persone hanno visto queste plastiche fuoriuscire nella nostra acqua potabile e il nostro attuale sistema di acqua potabile non è abbastanza adeguato per rimuovere queste plastiche su scala micro e nanometrica. Questo lavoro è il primo modo fondamentale per guardare a questi meccanismi. La plastica è una grande invenzione e così facile da usare, ma è così persistente nell’ambiente».
Dopo il loro utilizzo, le plastiche si degradano attraverso processi chimici, meccanici e biologici in micro e quindi nanoparticelle di dimensioni inferiori a 100 nanometri. Nonostante la loro rimozione venga attuata in alcuni impianti di trattamento delle acque reflue, grandi quantità di micro e nano plastica finiscono ancora nell’ambiente. »Negli Usa, più del 90% dell’acqua del rubinetto contiene nano-plastica – sottolinea Chowdhury – e uno studio del 2019 ha rilevato che le persone mangiano circa 5 grammi di plastica a settimana, o la quantità di plastica contenuta in una carta di credito. Non ne conosciamo gli effetti sulla salute e la tossicità è ancora sconosciuta, ma continuiamo a bere queste materie plastiche ogni giorno».
Nell’ambito del nuovo studio, i ricercatori hanno studiato le interazioni con l’ambiente delle particelle più piccole dei due tipi più comuni di plastica: polietilene e polistirolo, per capire cosa potrebbe impedire il loro movimento. Il polietilene è utilizzato per produrre sacchetti di plastica, buste del latte e imballaggi per alimenti, mentre il polistirene è una plastica espansa che viene utilizzata nei bicchieri in schiuma e nei materiali di imballaggio. E’ così che hanno scoperto che «Le particelle di polietilene dei sacchetti di plastica si spostano facilmente nell’ambiente, sia attraverso una superficie di silice come sabbia o materia organica naturale. La sabbia e le particelle di plastica si respingono in modo simile ai poli simili di un magnete, in modo che la plastica non si attacca alle particelle di sabbia. Le particelle di plastica si attaccano al materiale organico naturale che è onnipresente nell’ambiente acquatico naturale, ma solo temporaneamente. Possono essere facilmente dilavati con un cambiamento nella chimica nell’acqua».
Chowdhury fa notare che «Questa è una cattiva notizia per il polietilene nell’ambiente. Non si attacca molto alla superficie di silice e se si attacca alla superficie della materia organica naturale, può essere rimossa. Sulla base di questi risultati, la plastica in polietilene su scala nanometrica potrebbe fuoriuscire dai nostri processi di trattamento dell’acqua potabile, in particolare dalla filtrazione».
Nel caso delle particelle di polistirolo, mentre una superficie di silice non è in grado di fermare il suo movimento, la materia organica sì: «Una volta che le particelle di polistirolo si attaccano alla materia organica, rimangono al loro posto».
I ricercatori sperano che, alla fine, la ricerca li aiuterà a sviluppare sistemi di filtrazione per gli impianti di trattamento dell’acqua per rimuovere le particelle di plastica su scala nanometrica.