Sabato, 04 maggio 2024 - ore 17.34

La trappola dell’ecosviluppo

I costi annuali per l’adattamento climatico nei Paesi in via di sviluppo potrebbero raggiungere i 300 miliardi di dollari nel 2030 e 500 miliardi di dollari entro il 2050

| Scritto da Redazione
La trappola dell’ecosviluppo

La seconda parte del “Trade and Development Report 2021” dell’United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD) – la prima parte era stata pubblicata a settembre  – chiede «Un approccio trasformativo all’adattamento climatico, con programmi di investimento pubblico su larga scala per adattarsi alle minacce future e attuali e politiche industriali verdi per guidare la crescita e la creazione di posti di lavoro» .

Nel rapporto presentato alla vigilia della 26esima Conferenza delle Parti sul cambiamento clin matico (COP26 Unfccc) di Glasgow, l’UNCTAD ricorda che «Il 2021 è stato un altro anno di eventi climatici estremi; ondate di caldo più intense, cicloni tropicali sempre più potenti, siccità prolungate e livelli del mare più elevati sono inevitabili con l’aumento delle temperature globali che porta con sé danni economici e sofferenze umane sempre maggiori. In molti paesi in via di sviluppo la vulnerabilità agli shock economici e climatici si sta aggravando a vicenda, bloccando i Paesi in una trappola dell’ecosviluppo fatta di perturbazioni permanenti, precarietà economica e lenta crescita della produttività. Maggiore è l’aumento delle temperature globali, maggiori sono i danni ai Paesi del Sud».

Presentando la seconda parte del report, la segretaria generale dell’UNCTAD, Rebeca Grynspan, ha evidenziato che «Il rapporto dimostra che un’azione sufficiente ad adattarsi alla sfida climatica richiederà un approccio trasformato che sia proattivo e strategico piuttosto che semplicemente retroattivo. Ma i governi dei Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di politiche e spazi fiscali adeguati per mobilitare investimenti pubblici su larga scala per affrontare le future minacce climatiche, garantendo al contempo che questi investimenti integrino gli obiettivi di sviluppo».

Finora, la gran parte dei colloqui sul clima si sono concentrati sulla mitigazione, trattando l’adattamento come qualcosa di marginale, l’UNCTAD avverte che «Questo si sta rivelando miope e sempre più costoso, in particolare per i Paesi in via di sviluppo, dove gli shock climatici stanno danneggiando le prospettive di crescita e costringendo i governi a distogliere le scarse risorse dagli investimenti produttivi. A causa dell’inazione, i costi di adattamento per i Paesi in via di sviluppo sono raddoppiati nell’ultimo decennio  e cresceranno ulteriormente con l’aumento delle temperature, raggiungendo i 300 miliardi di dollari nel 2030 e i 500 miliardi di dollari nel 2050. Ma i finanziamenti attuali sono meno di un quarto della cifra del 2030 e il rapporto avverte che «Fare affidamento sui finanziamenti privati ​​non fornirà risultati su scala o ai Paesi più bisognosi».

Il consiglio dell’UNCTAD è  quello di «Rafforzare la resilienza agli shock migliorando le tecniche di raccolta dei dati e di valutazione del rischio per proteggere meglio gli asset esistenti e fornendo un supporto finanziario temporaneo quando gli shock si materializzano». Il rapporto, che però fa notare che «L’adattamento è meno una questione di gestione del rischio e più di pianificazione dello sviluppo e qui lo Stato deve svolgere un ruolo chiave come migliore piattaforma per prepararsi agli impatti climatici. Le misure di gestione del rischio possono fornire una resilienza parziale agli attuali rischi climatici, ma questi interventi preservano le strutture che lasciano i Paesi in via di sviluppo in uno stato di vulnerabilità permanente ed eliminano le opzioni più lungimiranti».

Secondo il principale autore del rapporto, Richard Kozul-Wright, direttore della divisione globalizzazione e strategie di sviluppo dell’UNCTAD, «L’adattamento e lo sviluppo climatico sono indissolubilmente connessi e, per avere un impatto sostenibile e significativo, gli sforzi politici per affrontare l’adattamento devono riconoscerlo. L’unica soluzione duratura, suggerisce, è stabilire economie più resilienti attraverso un processo di trasformazione strutturale e ridurre la dipendenza dei Paesi in via di sviluppo da un piccolo numero di attività sensibili al clima.

Il rapporto propone «Uno stato di sviluppo “retrofitted”, autorizzato ad attuare politiche industriali verdi e sintonizzato sulle circostanze economiche locali, come il modo migliore per progredire. Le attività legate alla produzione di energia rinnovabile e all’economia circolare possono operare su scala ridotta, aprendo opportunità di business per le piccole imprese e le aree rurali, aiutare a diversificare le strutture di produzione economica e ridurre la dipendenza di molti Paesi dalla produzione di un ristretto gamma di materie prime. Questo potrebbe, a sua volta, ampliare la base imponibile e favorire la mobilitazione delle risorse interne come fonte di finanziamento dello sviluppo.Tuttavia, la mobilitazione delle risorse interne dovrà essere rafforzata, anche attraverso banche centrali più attive, banche pubbliche dedicate e politiche fiscali strategiche».

Vista la natura sistemica delle sfide che pone l’adattamento e la necessità di garantire risultati più equi, lo Stato di sviluppo deve diventare «Un regolatore e coordinatore della finanza verde privata e andare molto oltre l’essere semplicemente un veicolo per ridurre i rischi».

Dato che le banche centrali di tutto il mondo hanno aiutare a sostenere i governi direttamente durante la pandemia di Covid-19, il rapporto esamina come il periodo di ripresa post-pandemia potrebbe offrire l’opportunità di seguire questo stesso percorso a sostegno degli investimenti legati al clima. Ma avverte che «Tuttavia, l’entità dei bisogni di adattamento e il fatto che coloro che soffrono di più sono i meno responsabili della causa del problema e i meno in grado di pagarli, significa che le economie avanzate dovranno aumentare gli impegni per il finanziamento dell’adattamento».

Per l’UNCTAD, «Uscire dalla trappola dell’ecosviluppo implica che la sfida dell’adattamento climatico nel mondo in via di sviluppo deve essere affrontata da una prospettiva di sviluppo» e il rapporto fa alcune proposte impegnative che rappresentano un cambio di passo radicale rispetto al neoliberismo che ci ha portato dove siamo:

Abbandonare l’austerità come quadro politico predefinito per gestire la domanda aggregata e passare a politiche a favore degli investimenti;

Investimenti pubblici su larga scala nella costruzione di un’economia diversificata low-carbon, alimentata da fonti di energia rinnovabile e tecnologie verdi e in cui le attività economiche all’interno e tra i settori sono interconnesse attraverso collegamenti efficienti sotto il profilo delle risorse:

Adottare una politica industriale verde che individui in modo proattivo le aree in cui si trovano i vincoli più significativi agli investimenti per l’adattamento climatico, convogliare investimenti pubblici e privati ​​verso queste attività e monitorare se questi investimenti sono gestiti in modo tale da sostenere un’occupazione dignitosa e aumentare la sicurezza climatica e la produttività a lungo termine;

Adozione di una politica agricola verde che protegga i piccoli produttori, fornisca collegamenti lungo tutta la filiera all’industrializzazione verde, protegga l’ambiente e migliori la sicurezza alimentare attraverso una maggiore produttività agricola e sicurezza del reddito; Utilizzare la produzione di energia rinnovabile e l’economia circolare per diversificare e ridurre la dipendenza dalle materie prime. La produzione di energia rinnovabile può operare economicamente su piccola scala, aprendo opportunità commerciali per le piccole imprese e le aree rurali.

Ma i finanziamenti attuali sono meno di un quarto della cifra del 2030 e il rapporto avverte che fare affidamento sui finanziamenti privati ​​non fornirà risultati su scala o ai paesi più bisognosi.

La Grynspan ricorda che «Rispettare l’impegno di 100 miliardi di dollari l’anno per il Green Climate Fund è un must a Glasgow. Ma allineare ambizione e azione richiederà uno sforzo di riforma concertato a livello multilaterale per garantire finanziamenti adeguati affinché i Paesi in via di sviluppo si adattino agli impatti sempre più gravi del cambiamento climatico in costante aumento. Il cambiamento climatico non ha confini, quindi la nostra strategia per adattarci deve essere coordinata a livello globale».

Il rapporto UNCTAD raccomanda che le riforme si concentrino su:

Gli impegni dell’Assistenza ufficiale allo sviluppo (APS) devono essere rispettati e superati, per aumentare la percentuale di finanziamenti aggiuntivi destinati all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla costruzione della resilienza. Se i Paesi del G7 avessero raggiunto l’obiettivo dello 0,7% di APS nel 2020, sarebbero stati disponibili ulteriori 155 miliardi di dollari per raggiungere gli obiettivi di sviluppo.

La riduzione del debito e la ristrutturazione per i Paesi in via di sviluppo dovrebbero essere inserite con decisione nell’agenda climatica. Un punto di partenza ovvio sarebbe il debito V20 group of climate-vulnerable countries, ma il legame tra clima e crisi del debito evidenzia la necessità di riforme più sistemiche dell’architettura del debito internazionale.

Le banche multilaterali di sviluppo hanno bisogno di capitale aggiuntivo per finanziare l’adattamento climatico attraverso sovvenzioni e prestiti estremamente agevolati. Questi potrebbero essere finanziati da un green bond e da una tassa alla Tobin, o attraverso il riutilizzo dei sussidi ai combustibili fossili.

I Green bond markets  sono un modo per aiutare a raccogliere finanziamenti a lungo termine. Eppure gli standard normativi sono in ritardo rispetto alla crescita di questi mercati e il greenwashing è diffuso. Data la portata della sfida, il quadro normativo per il mercato dei Grren bond deve essere supportato da corrispondenti livelli di finanziamento e personale, a livello nazionale e internazionale.

Il rapporto però teme che molte delle iniziative di riforma che stanno partendo nel sistema commerciale internazionale «continuino a minimizzare le profonde divisioni e asimmetrie che strutturano l’economia globale contemporanea» e ricorda  che «La politica commerciale nazionale può nel migliore dei casi svolgere un ruolo complementare nel raggiungimento degli obiettivi climatici, mentre regole commerciali internazionali mal progettate ostacoleranno una trasformazione verde. Uno spazio politico ampliato con strumenti legali come deroghe e clausole di pace presso l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) può aiutare meglio i Paesi in via di sviluppo a sviluppare le capacità per andare verso gli obiettivi climatici».

Ma l’UNCTAD matte in guardia sul fatto che «La spinta alla liberalizzazione del commercio di beni e servizi ambientali andrà a beneficio principalmente degli esportatori nei Paesi sviluppati e limiterà lo spazio fiscale nei Paesi in via di sviluppo». Il rapporto stima che «I Paesi in via di sviluppo e meno sviluppati perderanno 15 miliardi di dollari all’anno di entrate tariffarie se si perseguirà questo approccio» e denuncia che  un Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) come quello proposto dall’Unione europea «Non farebbe altro che aggravare i danni causati dai cambiamenti climatici in molti Paesi in via di sviluppo, minando le loro capacità di esportazione e rendendo più impegnativa la trasformazione strutturale».  Invece¸ «Le tecnologie verdi essenziali dovrebbero essere classificate come beni pubblici e rese accessibili a tutti».

Per questo, comnclude l’UNCTAD, «La comunità internazionale potrebbe sostenere iniziative per trasformare le norme che disciplinano i diritti di proprietà intellettuale, ampliando le flessibilità nell’Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS) per i Paesi in via di sviluppo in relazione a beni e servizi legati al clima, ad esempio attraverso una dichiarazione misteriale della WTO su TRIPS e cambiamento climatico. Questo potrebbe fornire la base per meccanismi innovativi per promuovere l’accesso a tecnologie verdi essenziali protette da brevetto per sostenere gli sforzi di adattamento e mitigazione».

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