Secondo il nuovo rapporto “Child Labour: Global estimates 2020, trends and the road forward”, pubblicato oggi da International Labour Organization (ILO) e Unicef, «Il numero di bambini vittime di lavoro minorile è salito a 160 milioni nel mondo – un aumento di 8,4 milioni di bambini negli ultimi 4 anni – con milioni in più a rischio a causa degli impatti del Covid-19». Il rapporto, pubblicato in vista della Giornata mondiale contro il lavoro minorile del 12 giugno, avverte che «I progressi per porre fine al lavoro minorile si sono fermati per la prima volta in 20 anni, invertendo la precedente tendenza al ribasso che ha visto il lavoro minorile diminuire di 94 milioni tra il 2000 e il 2016».
ILO e Unicef evidenziano «Un aumento significativo del numero di bambini di età compresa tra 5 e 11 anni coinvolti nel lavoro minorile, che rappresentano ormai poco più della metà del totale globale. Dal 2016, il numero di bambini di età compresa tra 5 e 17 anni che svolgono lavori pericolosi, definiti come lavori che possono nuocere alla loro salute, sicurezza o morale, è aumentato da 6,5 âÂÂâÂÂmilioni a 79 milioni».
Dal rapporto emergono cifre spaventose: il settore agricolo conta per il 70% di bambini lavoratori (112 milioni), seguito dal 20% nei servizi (31,4 milioni) e dal 10% nell’industria (16,5 milioni). Quasi il 28% dei bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni e il 35% dei bambini di età compresa tra i 12 ei 14 anni vittime di lavoro minorile non vanno a scuola. A tutte le età, il lavoro minorile è più diffuso tra i ragazzi rispetto alle ragazze. Quando si prendono in considerazione le faccende domestiche eseguite per 21 ore o più alla settimana, il divario di genere nel lavoro minorile si riduce. La prevalenza del lavoro minorile nelle aree rurali (14%) è quasi 3 volte superiore a quella nelle aree urbane (5%).
Unicef e ILO ricordano che «I bambini che lavorano sono a rischio di danni fisici e mentali. Il lavoro minorile compromette l’istruzione dei bambini, limitando i loro diritti e limitando le loro opportunità future, e porta a circoli intergenerazionali viziosi di povertà e lavoro minorile.
Il direttore generale dell’ILO, Guy Ryder, è molto preoccupato: «Le nuove stime sono un campanello d’allarme. Non possiamo stare a guardare mentre una nuova generazione di bambini è a rischio. La protezione sociale inclusiva consente alle famiglie di mantenere i loro figli a scuola anche di fronte alle difficoltà economiche. Sono essenziali maggiori investimenti nello sviluppo rurale e un lavoro dignitoso in agricoltura. Siamo in un momento cruciale e molto dipende da come rispondiamo. Questo è il momento di un rinnovato impegno ed energia, per voltare l’angolo e spezzare il ciclo della povertà e del lavoro minorile».
La situazione appare particolarmente difficile nell’Africa sub-sahariana dove la crescita della popolazione, le crisi ricorrenti, la povertà estrema e le misure di protezione sociale inadeguate negli ultimi 4 anni hanno fatto crescere l’esercito del lavoro minorile di altri 6,6 milioni di bambini e bambine. Ma anche nelle regioni nelle quali dal 2016 ci sono stati progressi, come l’Asia e il Pacifico, l’America Latina e i Caraibi, il Covid-19 li sta mettendo in pericolo.
Il rapporto avverte che «A causa della pandemia, a livello globale, 9 milioni di bambini in più rischiano di essere spinti al lavoro minorile entro la fine del 2022. Un modello di simulazione mostra che questa cifra potrebbe salire a 46 milioni se non avranno accesso a una copertura di protezione sociale essenziale».
Ulteriori shock economici e le chiusure delle scuole causate dal Covid-19 significano che i bambini che sono già vittime di lavoro minorile potrebbero lavorare più a lungo o in condizioni peggiori, mentre molti più bambini e bambine potrebbero essere costretti a subire le peggiori forme di lavoro minorile a causa della perdita di lavoro e di reddito nelle famiglie vulnerabili.
Per invertire il trend all’aumento del lavoro minorile, ILO e Unicef chiedono: Adeguata protezione sociale per tutti, compresi gli assegni familiari universali. Aumento della spesa per l’istruzione gratuita e di buona qualità e per il rientro a scuola di tutti i bambini, compresi i bambini che non andavano a scuola prima del Covid-19. Promozione di un lavoro dignitoso per gli adulti, in modo che le famiglie non debbano ricorrere ai bambini che contribuiscono a produrre reddito familiare. La fine delle norme di genere dannose e della discriminazione che influenzano il lavoro minorile. Investimenti nei sistemi di protezione dell’infanzia, sviluppo agricolo, servizi pubblici rurali, infrastrutture e mezzi di sussistenza.
Nell’ambito dell’International Year for the Elimination of Child Labour, la global partnership Alliance 8.7, della quale Unicef e ILO sono partner, incoraggia gli Stati membri, le imprese, i sindacati, la società civile e le organizzazioni regionali e internazionali a raddoppiare i loro pri sforzi nella lotta globale contro il lavoro minorile assumendo impegni concreti.
La direttrice esecutiva dell’Unicef, Henrietta Fore, conclude: «Stiamo perdendo terreno nella lotta contro il lavoro minorile e l’ultimo anno non ha reso questa lotta più facile. Ora, con un secondo anno di lockdowns globali, chiusure scolastiche, interruzioni economiche e bilanci nazionali in calo, le famiglie sono costrette a fare scelte strazianti. Esortiamo i governi e le banche internazionali di sviluppo a dare la priorità agli investimenti in programmi che possono far uscire i bambini dalla forza lavoro e reinserirli a scuola, e in programmi di protezione sociale che possono aiutare le famiglie a evitare prima di tutto questa scelta».