Venerdì, 29 marzo 2024 - ore 08.47

Precari: cambiare le regole degli stage| C. Cristilli

| Scritto da Redazione
Precari: cambiare le regole degli stage| C. Cristilli

Entro luglio le Regioni devono definire la disciplina dei tirocini. La campagna dei giovani della Cgil chiede di porre fine agli stage come rapporti di lavoro subordinato, non pagati, che si concludono senza un vero contratto DI CHIARA CRISTILLI

C’è diffidenza, nei confronti dei giovani. La crisi è anche questo. Le persone perdono il lavoro. Da un momento all’altro non sanno come mandare avanti le proprie famiglie, che risposte darsi. Complice il giudizio espresso da certa politica, si diffondono concezioni che vedono i ragazzi italiani come dei privilegiati insofferenti ai doveri, ignari dei sacrifici che la vita richiede. Persone che non vogliono crescere, insomma. Che approfittano della carenza di lavoro per non abbandonare gli agi della casa materna.

“Datevi una regolata!”. È quanto affermano i giovani della Cgil, che così hanno titolato una campagna contro gli stage truffa: una vera e propria trappola, per coloro che si affacciano nel mondo del lavoro. Il contesto è dato dalla disciplina degli stage da parte delle Regioni, tuttora in discussione. Lo scorso 24 gennaio, infatti, la Conferenza Stato Regioni ha ratificato un accordo definendo le “Linee guida in materia di tirocini”, contenente una serie di misure atte a evitare comportamenti irregolari da parte delle aziende.

Entro luglio le Regioni dovranno quindi recepire le Linee guida, rendendole operative all’interno dei rispettivi territori. Il tirocinio è diventato il canale principe per la ricerca del lavoro. Di fatto, ha sostituito l’apprendistato. Dovrebbe rappresentare un momento di acquisizione di nuove conoscenze e competenze pratiche, utile ai fini dell’occupazione, di durata limitata. Per molti giovani equivale solo a un’esperienza di sfruttamento. Un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, in tanti casi non pagato e di dubbio valore formativo, che di norma si risolve senza la firma di alcun contratto.

Secondo Unioncamere, solo uno stagista su dieci viene assunto, terminato il periodo di prova. E così si passa da uno stage all’altro, sperando sempre nella buona occasione. Gli anni volano, l’orizzonte di una vita adulta si allontana. Sarebbe questo, il privilegio. La rete “Giovani non + disposti a tutto”, nata nel 2010 nell’ambito della Cgil, ha dunque lanciato la campagna “Datevi una regolata!”, al fine di sensibilizzare i cittadini sul tema degli stage truffa. Lo scorso 29 maggio le nuove leve della Cgil hanno presidiato piazze, università, centri per l’impiego, sedi regionali. Hanno incontrato giovani di tutta Italia, offrendo loro una sponda, e invitando alla mobilitazione in vista del recepimento delle Linee guida.

“L’obiettivo è di sollecitare le Regioni ad attivarsi nel più breve tempo possibile, e di coinvolgere in questo processo il maggior numero di giovani” spiega Ilaria Lani, responsabile delle politiche giovanili della Cgil. “Sono loro – continua – i diretti interessanti. La risposta alla giornata di presidio è stata ottima. Molti hanno partecipato anche attraverso il web. Il problema è sentito. In tanti si sono avvicinati offrendo la loro disponibilità ad aiutarci. Quello degli stage truffa è un tema cruciale, che pregiudica il futuro delle giovani generazioni. La discussione che abbiamo intrapreso dovrebbe essere condotta anche all’interno delle aziende, avere nei delegati sindacali dei punti di riferimento. Introdurre delle condizioni precise sulla loro disciplina, anche nei contratti aziendali, potrebbe rappresentare una chiave di svolta”.

Le proposte della Cgil sono molteplici. Per poter ospitare uno stagista l’azienda deve dimostrare di possedere le condizioni necessarie ad avviare programmi di formazione. Prima di tutto lo stage deve essere supportato da un progetto concreto, che esplichi gli obiettivi e gli strumenti necessari a raggiungerli. Chi partecipa deve essere seguito da un tutor, le attività svolte devono essere monitorate e infine certificate. Uno stagista non può essere impiegato per sostituire un dipendente dell’azienda né possono essergli attribuite responsabilità legate all’esecuzione dell’attività lavorativa. Garantire la serietà del percorso significa anche stabilire dei tempi di svolgimento certi: non più di sei mesi, indica la Cgil.

Le Linee guida, invece, prevedono che lo stage possa durare anche un anno, nel caso di tirocini di inserimento e reinserimento lavorativo. Su questa tipologia di stage, il sindacato esprime forti riserve. I destinatari di questo specifico percorso sarebbero i disoccupati, gli inoccupati, i lavoratori in mobilità o in cassa integrazione. L’obiettivo dello stage, invece, dovrebbe essere di indirizzo al lavoro, una volta terminati gli studi. Sì, dunque, a tirocini di orientamento e formazione, attivabili entro un anno dal conseguimento del diploma o della laurea, e per non più di sei mesi.

La mobilitazione del 29 maggio è servita anche a chiarire la questione tra i giovani, affinché si facciano portatori di questa istanza nelle Regioni di provenienza. Una questione imprescindibile è quella del pagamento. Basta con gli stage gratuiti. La serietà di un progetto formativo dipende, fra le altre cose, dalla retribuzione del tirocinante. Le Linee guida propongono come cifra minima 300 euro. La Cgil risponde alzando il contributo a 400 euro mensili. L’applicazione delle Linee guida non può essere separata dall’attivazione di controlli rigorosi. Il soggetto ospitante ha degli obblighi. Se non li rispetta, dovrà essere sanzionato. Stesso discorso per gli enti che promuovono i tirocini. Per la Cgil bisognerebbe impedire di attivarne di nuovi, nel caso in cui venga riscontrato l’avvio di uno stage truffa da parte dell’ente.

 

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