Domenica, 05 maggio 2024 - ore 23.45

Proposta Holland di avviare l'Unione Federale Europea| E.Rampini

| Scritto da Redazione
Proposta Holland di avviare l'Unione Federale Europea| E.Rampini

UN TRENO DA NON PERDERE
Nel momento in cui il presente ed il futuro dei Paesi europei sembra giocarsi per lo più su atti di
fede piuttosto che su progetti e presupposti socio-economici lungimiranti e concreti, ecco spuntare
la scorsa settimana una novità assoluta sullo scenario politico, che vuole rappresentare un punto di
riferimento certo.
La notizia purtroppo è passata con il silenziatore nella diffusione mediatica, sia in Italia che in
Europa.
Mi riferisco alla richiesta perentoria fatta dal Presidente Holland, di far nascere entro il 2015 la
Federazione degli Stati Europei con un governo unitario votato direttamente dai cittadini, un debito
pubblico ed un bilancio comuni, come anche per la linea politica economica, estera e di difesa oltre
ad essere dotata di una Banca Centrale nel ruolo di prestatore di ultima istanza.
Ha aggiunto inoltre, anticipando i freni e gli impedimenti che sicuramente saranno messi, che su
questa strada la Francia andrà avanti anche senza unanimità di consensi, con i Paesi che ci staranno.
Lasciando da parte per un attimo i commenti dei sui detrattori secondo cui l’unico obiettivo del
Presidente francese sarebbe quello di traslare sull’Europa i problemi di politica interna che lo
sprofondano nei sondaggi, la grande novità si legge nell’abbandono ufficiale da parte di quel Paese,
per la prima volta nella sua storia, di una linea votata alla sovranità nazionale ed all’autonomia nei
confronti dell’UE.
La Spagna ha prontamente reagito dando il suo pieno appoggio, mentre dall’Italia ancora non è
arrivato nessun segnale se non un timido intervento di Letta alle Camere nel quale dice che con
l’Europa così com’è non si potrà andare avanti a lungo, senza dare indicazioni se non generiche, per
superarla.
Anche se sarà tutta da vedere la possibilità di realizzazione di questo programma senza (per
esempio) la Germania, ritengo che il nostro Governo debba aderire immediatamente anche per dare
un’accelerazione a quella che ad oggi sembra essere l’unica via d’uscita alla fase di stallo che oltre
a generare povertà e disperazione, sta erodendo alla base le fondamenta democratiche delle nostre
istituzioni.
Sarebbe un bel modo di andare agli appuntamenti europei con la “schiena dritta” a dirla con le
parole del Presidente del Consiglio.
L’altra opzione rimane quella piuttosto “utopica” di uscita dalla moneta unica.
Certo è che continuare ad assecondare politiche di contrazione della spesa pubblica e di aumento
della pressione fiscale che negli ultimi anni hanno dimostrato di aggravare il rapporto deficit/PIL
anziché migliorarlo, non sarà sostenibile a lungo, senza distruggere il tessuto sociale del Paese, ma
soprattutto senza offrire nessuna speranza per il futuro.
Diamo uno sguardo per un attimo sull’andamento della spesa pubblica in Italia ed in Europa da
fonte EUROSTAT.
Nel periodo 2001-2009 la spesa pubblica in Italia in percentuale al PIL, è stata sempre nella media
europea: il 48% a fronte del 46,5% in Europa dal 2001 al 2007; il 48% a fronte del 47% nel 2008 ed
il 51,9% a fronte del 50% nel 2009. La Francia ad esempio ha speso di più: il 52% dal 2001 al
2007; il 52,8% nel 2008 ed il 55,6% nel 2009. La Germania si è mantenuta nel medesimo periodo,
appena sotto di un punto alla spesa dell’Italia.
La teoria secondo cui i Paesi a debito sovrano più elevato siano più soggetti all’attacco speculativo
con conseguente rischio di fallimento, si infrange su realtà come il Giappone che al 220% nel
rapporto deficit/PIL ne risulta immune.
Ora dovrebbero spiegarci perché escluso la Germania ed i Paesi del c.d. euro 1, tutti gli altri
debbano fare i “compiti a casa” se non per perpetuare il rapporto gerarchico che si è instaurato con
questa UE. Gerarchie che dettano le condizioni per il mantenimento di questa unione monetaria e che tenendoci
alla corda garantiscono un sostanziale sostegno solo alle imprese di esportazione tedesche che
costituiscono la base elettorale dell’attuale governo, facendo galleggiare il Paese sulla crisi.
 Non voglio dire con questo che la condizione nella quale ci troviamo sia colpa della politica
tedesca.
Certo è che se in Italia avessimo fatto per tempo le riforme necessarie a venire incontro ai nuovi
bisogni della società e dell’economia tenendo sotto controllo la spesa, eliminando gli sprechi
anziché ignorare la crisi, con governi credibili anche sul piano internazionale, oggi forse non
saremmo sotto la minaccia speculativa lanciata dalle stesse banche salvate con denaro pubblico,
occupando un posto diverso nella scala gerarchica.
A proposito di banche e gerarchie, è quanto meno singolare, per non dire sospetto il fatto che la
BCE metta in campo strategie eccezionali per il rifinanziamento delle banche abbassando per
esempio il tasso d’interesse al minimo, senza chiedere nessuna garanzia che le stesse utilizzino
l’aiuto per finanziare a loro volta le imprese produttive e quindi la crescita.
La conseguenza – facilmente prevedibile - è che investono invece il denaro – pubblico - ricevuto a
basso costo, per realizzare profitti sul mercato speculativo dei titoli di stato sovrani, perpetuando
così l’avvitamento della crisi e le minacce di default verso gli Stati che vengono scelti – secondo
una strategia mirata – volta per volta.
Luoghi comuni come quello che in Italia il costo della politica fosse responsabile dell’attuale
situazione economica, stanno alimentando campagne demagogiche contro il finanziamento pubblico
dei partiti, che è l’unico strumento per garantire a tutti le condizioni sufficienti per fare politica,
evitando che dopo quasi un secolo torni ad essere appannaggio dei soli ricchi.
Basti pensare che da fonte Ministero delle Finanze, nel 2013 gli importi erogati per il finanziamento
ai partiti italiani, saranno inferiori a quelli occorrenti per i partiti tedeschi.
Il vero problema da affrontare riguarda allora l’equità e la legittimazione del sistema, piuttosto che
la contabilità, pur rimanendo valido il concetto che una razionalizzazione della spesa per evitare gli
sprechi, anche in questo caso vada fatta.
Il dato contabile rilevante resta invece quello dei contributi versati al bilancio generale di questa
UE, che da fonte Ragioneria Generale dello Stato, risultano essere di gran lunga superiori di quanto
riceve, essendo da anni l’Italia contributore netto del bilancio europeo.
Tutto questo genera una situazione di smarrimento nella società, giocando a favore di chi lancia
giornalmente facili messaggi populisti ed antieuropeisti, cavalcando il malcontento generale e la
propensione degli italiani a considerare lo Stato ed i suoi presidi democratici, come un nemico da
combattere.
Ecco perché l’iniziativa lanciata da Holland, che ricorda quella di Alexander Hamilton quando alla
fine della guerra d’indipendenza americana permise di mettere in comune i debiti dei primi 13 Stati
più o meno virtuosi facendo nascere la prima vera Unione Federale contro le resistenze dei vari
Jefferson e Madison, va colta senza indugi dal nostro Governo.
Aderire a questo progetto significa porre la questione al centro del dibattito politico che si
svilupperà per le prossime elezioni europee e nazionali, anche tedesche, ma soprattutto dare uno
sbocco all’impegno di quanti tengono a preservare i valori democratici su cui fonda la nostra
Costituzione, messi al momento duramente alla prova.
f.to: Elio Rampino (Presidente ANPI-CZ)

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