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Recepimento direttiva CE su lavoro interinale.Così non va bene | I.Corriani

| Scritto da Redazione
Recepimento direttiva CE su lavoro interinale.Così non va bene | I.Corriani

Con questa nota vi diamo conto del parere dell'Ufficio Giuridico della CGIL in merito al “Decreto Legislativo” (non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e di cui se ne ha conoscenza solo attraverso indiscrezioni) in merito al recepimento della Direttiva Europea 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al lavoro tramite agenzia interinale.
Per quanto ci è dato da sapere, tre sono gli aspetti negativi:
1- Il metodo: si legifera su una questione importante del mercato del lavoro fuori dal tavolo in cui si negozia sugli stessi temi. Il combinato disposto fa si che, ad esempio, appesantendo gli oneri sui contratti a termine da una parte e, dall'altro, con decreto, alleggerendoli sul lavoro interinale risulta evidente che la “migrazione” dei contratti a termine non sarà verso il lavoro a tempo indeterminato.
2 – Si peggiorano le condizioni per il lavoro somministrato liberalizzando gli accessi con il superamento delle causali e i tetti previsti dai contratti per una molto ampia fattispecie di di lavoratori (in cig, svantaggiati, molto svantaggiati ecc.) dando la possibilità alla contrattazione di fare peggio.
3 – si supera, nella sostanza, il principio della parità di trattamento dei lavoratori somministrati con i lavoratori dell'impresa committente per un'altrettanta moltitudine di lavoratori.
Il contrasto con la Direttiva Europea e la Costituzione è evidenziato nella nota che pubblichiamo in allegato redatta per l'Ufficio Giuridico da Amos Andreoni.

Inavo Corriani
Cgil Nazionale
 
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Nota su recepimento Direttiva 2008/104/CE sul lavoro tramite agenzia interinale.
Il Governo, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 24 febbraio ha approvato il Decreto Legislativo, non ancora pubblicato in G.U., per il recepimento della Direttiva Europea recante attuazione della Direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al lavoro tramite agenzia interinale.
L'attuazione della Direttiva è prevista dalla legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010), che ha inserito la direttiva in questione nell'Allegato B, recante l'elenco delle direttive da recepire tramite decreto legislativo da sottoporre al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Al contrario di quanto descritto dalle agenzie e dai giornali in questi giorni, lo schema di decreto legislativo per il recepimento della Direttiva è stato modificato unilateralmente dal Governo che ha stravolto lo schema di decreto precedente e non ha tenuto conto delle raccomandazioni delle commissioni parlamentari di Camera e Senato. In precedenza, il Viceministro Michel Martone si era limitato alla semplice “audizione” delle parti, dichiarando che in mancanza di un accordo tra le stesse, la competenza per una possibile intesa in materia sarebbe stata affidata al tavolo nazionale in corso fra ministero del Lavoro e parti sociali.
La prima bozza dello schema di decreto legislativo, inviato a novembre alle parti sociali, era nel pieno rispetto del testo della Direttiva, in quanto limitava gli interventi a piccole modifiche e integrazioni di dettaglio del d.lgs. 276/03, normativa già conforme alla Direttiva.
Il Governo, con le modifiche apportate in seguito al testo del decreto, è entrato in
modo del tutto inopportuno in un momento delicato della trattativa con le parti
sociali in tema di superamento della precarietà.
Il nuovo testo non ancora pubblicato in G.U.
Oltre al metodo sbagliato, il merito delle norme introdotte preoccupa
grandemente.
La nuova lettera c), inserita al comma 1 dell’art. 4 del decreto (che modifica l’art.
20 del d.lgs. n. 276/03), interviene sulle causali e sui limiti quantitativi di utilizzo
della somministrazione a tempo determinato.
In particolare, viene prevista sia l’eliminazione dell’obbligo di fornire i motivi di
ricorso al lavoro interinale sia l’applicazione dei limiti contrattuali per tutti i
percettori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno 6 mesi, e per gli
svantaggiati e molto svantaggiati ai sensi del Regolamento CE del 6 agosto, 2008
n. 800; una platea amplissima di soggetti.
Per tutti gli “altri” soggetti rimasti fuori dall’elenco, possono essere previste
ulteriori ipotesi di acausalità del contratto di somministrazione a tempo
determinato, individuate dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali.
Si tratta, dunque, della completa liberalizzazione del contratto di
somministrazione a tempo determinato.
La parità di trattamento a rischio
Tutto questo si raccorda con la pessima norma del decreto legislativo n. 276/03,
art. 13 lett. a), che prevede la possibilità di sottopagare i lavoratori svantaggiati in
deroga al principio di parità e, quindi, sommando un doppio vantaggio per le
agenzie, ora si realizza sia l’eliminazione dei vincoli casuali e dei tetti quantitativi sia la possibilità di usufruire degli sconti.
La dichiarazione di abrogazione di tale norma fatta in questi giorni al tavolo del confronto dal Governo, in sé positiva, da sola non ci rassicura.
Profili di illegittimità
A parte ogni considerazione di iniquità sociale restano forti dubbi di legittimità.
In premessa occorre precisare che il decreto legislativo deve essere conforme alla legge delega n. 96/2010; quest’ultima facoltizza il Governo a disciplinare la materia nel pieno rispetto della Direttiva comunitaria e restando nell’ambito Suo proprio.
Ogni deroga ed ogni materia diversa è dunque incostituzionale per violazione degli artt. 76 e 77 Cost.
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Confrontando il testo della Direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale con il testo del decreto legislativo che di quella Direttiva vorrebbe essere l’attuazione compaiono le seguenti difformità.
Quanto alla parità di trattamento:
- il secondo considerando della Direttiva prevede un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro;
- il dodicesimo considerando sancisce il divieto di discriminazioni;
- il sedicesimo ed il 17° considerando ammettono deroghe al principio di parità di trattamento economico solo per gli interinali a tempo indeterminato ovvero
in altri casi <<individuati con accordo concluso dalle parti sociali a livello nazionale>>.
All’opposto il principio di parità di trattamento economico è derogato per tutti perché limitato alle sole condizioni di base e ciò a prescindere da accordi.
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Una seconda deroga riguarda le causali; attualmente devono sussistere specifiche ragioni tecniche, produttive ovvero organizzative, motivate per iscritto, e successivamente comprovate dal datore di lavoro, in caso di contestazione.
Così non è più per i lavoratori “ammortizzati” (tutti, anche quelli in cig-o?) e gli svantaggiati: essi possono essere assunti dall’Agenzia e assegnati in missione liberamente, senza alcuna ragione giustificativa.
La liberalizzazione danneggia altri lavoratori che potrebbero essere assunti con contratti standard e soprattutto esclude una assunzione diretta o una conversione del rapporto del somministrato con l’utilizzatore. Realizza dunque sia una forma di concorrenza sleale tra lavoratori – in danno di quel contratto a tempo indeterminato direttamente intercorrente tra lavoratore e utilizzatore pure previsto come “forma comune dei rapporti di lavoro” dal quindicesimo considerando della Direttiva – sia una forma di abuso del lavoro interinale, esplicitamente vietato dall’art. 4, ultimo inciso della Direttiva.
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D’altra parte la Direttiva specifica che la medesima non si applichi solo per <<contratti o rapporti di lavoro conclusi nell’ambito di un programma specifico di formazione, d’inserimento o di riqualificazione professionali, pubblico o sostenuto da enti pubblici>> (art. 1, co. 3): i soggetti “ammortizzati” e gli
svantaggiati, dunque, rientrano nell’ambito della Direttiva se non previamente inseriti in quei programmi.
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La terza deroga – lo sfondamento del tetto massimo percentuale previsto dai contratti collettivi ad opera delle due categorie di soggetti – è in contrasto con l’art. 9 della Direttiva secondo cui <<in nessun caso l’attuazione della presente direttiva costituisce una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione>>. Livello generale ora pregiudicato visto che la formulazione originaria (art. 20, co. 4 dlgs. n. 276/03) faceva rientrare tutti i lavoratori nel computo numerico, salvo diversa disposizione dei CCNL.

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