Mercoledì, 24 aprile 2024 - ore 21.07

Veleni nei campi del nord Italia, Legambiente: affrontare la revisione della normativa, da troppo tempo annunciata

Il Cigno Verde: ci costituiremo parte civile. Grave inadeguatezza delle norme per la trasformazione di fanghi di depurazione in gessi fertilizzanti

| Scritto da Redazione
Veleni nei campi del nord Italia, Legambiente: affrontare la revisione della normativa, da troppo tempo annunciata

Secondo Legambiente, sono «estremamente allarmanti per la dimensione del fenomeno» le notizie sul sequestro e agli avvisi di garanzia a carico dei responsabili della società bresciana WTE, che sarebbe responsabile di condotte illecite tradottesi nello spargimento di ingenti quantità di materiali contaminati da metalli pesanti e idrocarburi su migliaia di ettari di campi agricoli del Nord Italia.

Gli ambientalisti evidenziano che «Non sappiamo ancora quanto grave sia la contaminazione riscontrata nel corso delle indagini, ma certo i quantitativi di materiali smaltiti sono spaventosi: 150.000 tonnellate. Per intenderci, abbastanza da poterne stendere uno spessore di 1 cm su una superficie vasta il doppio dei laghi di Mantova. In funzione dei livelli di contaminazione, questi materiali potrebbero aver provocato danni irreversibili per i terreni con cui sono entrati in contatto. I materiali, per essere più precisi, sono gessi di defecazione, che dovrebbero essere ottenuti da fanghi di depurazione a seguito di trattamenti con calce e acido solforico».

In una dichiarazione congiunta, Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia e Stefano Ciafani presidente nazionale del Cigno Verde,  sottolineano che «Si tratta di un danno  che potrebbe assumere le dimensioni del disastro ambientale, se gli accertamenti verificheranno lo stato di contaminazione dei suoli interessati. Per questo, e per la gravità delle condotte messe in atto, intendiamo costituirci parte civile nel processo a carico dei responsabili».

Ma per Legambiente quel che è altrettanto grave è che «La pratica di trasformare i fanghi di depurazione in gessi si svolge in un quadro di totale, e ben nota, inadeguatezza delle norme, che non consentono alle agenzie regionali di protezione ambientale, così come agli organi di polizia, di svolgere i necessari controlli su materiali classificati come fertilizzanti e correttivi per i suoli agrari: succede così che materie di  rifiuto quali sono i fanghi di depurazione, che in quanto tali sono sottoposti a severissimi controlli atti ad attestarne l’eventuale idoneità all’impiego in agricoltura, possano intraprendere una comoda scorciatoia che consiste nell’essere inviati in stabilimenti dove, con un semplice trattamento chimico, diventano materie  fertilizzanti, sfuggendo di fatto ai controlli sulla qualità del materiale di partenza. Nella sostanza e a norma di legge, i “gessi” possono essere usati con le stesse precauzioni con cui si spande un letame! Purtroppo, però, la trasformazione in gessi non risolve affatto il problema di una materia prima non idonea, quanto ad esempio a livelli di contaminazione, e un’impropria lavorazione e utilizzo sovente ne aggrava le emissioni in termini di odori estremamente molesti».

Meggetto e Ciafani denunciano che «Le promesse dei ministri dell’ambiente di regolamentare la produzione e l’impiego dei gessi di defecazione sono rimaste impegni inattuati. Ora chiediamo ai ministri Cingolani e Patuanelli di riscrivere, con urgenza, una disciplina che consenta, in primo luogo alle regioni, agli enti locali  e alle agenzie di protezione ambientale, di svolgere le funzioni di programmazione e vigilanza su un’attività industriale che oggi sfugge troppo facilmente ai controlli, consentendo enormi margini di profitto ad operatori senza scrupoli».

L’Associazione ambientalista conclude ricordando che «La pratica di trasformare i fanghi in gessi è diventata la modalità prevalente di smaltimento dei fanghi di depurazione, soprattutto in Lombardia che è la regione in cui hanno sede la maggior parte delle imprese che lavorano fanghi. Ciò è avvenuto per eludere le problematiche e i costi connessi all’impiego di fanghi in agricoltura, giustamente soggetto a severi limiti e a rigorose attività di tracciatura e controllo. Quanto rivelato dall’inchiesta svolta dai carabinieri forestali in terra bresciana non è dunque una sorpresa, ma una dolorosa conferma di una situazione divenuta sempre più fuori controllo. Del resto già nel 2018 l’allora Ministro si era impegnato a promuovere l’emanazione di una nuova regolamentazione di riordino della disciplina sull’impiego delle materie ottenute da fanghi di depurazione».

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