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Acqua bollente, nove problemi. di Giuseppe Torchio

| Scritto da Redazione
Acqua bollente, nove problemi. di Giuseppe Torchio

1) i dati dell'economia mondiale danno 1/5 del valore alla produzione dei beni; 1/5 alla loro trasformazione e 3/5 ai servizi (commercializzazione, reti di distribuzione, credito, etc.)

È evidente che il vero bussines è proprio nelle reti e nei servizi, una realtà dove la posta in palio è assai elevata e decisiva e mi piacerebbe sapere quali aziende cremonesi a livello pubblico e privato potrebbero competere a questo affare della privatizzazione dell'acqua: NESSUNA!

Chi vuole ostinatamente la privatizzazione dell'acqua non ha a cuore il proprio territorio provinciale che viene prima degli affari di questa o di quella multinazione straniera ed è vergognoso che quanti hanno tuonato per la cessione di Parmalat alla francese Lactalis non dicano nulla rispetto ai tentativi di multinazionali francesi e non di accapparrarsi il nostro servizio idrico.

2) il mercato dell'acqua vede già il 90% del budget rappresentato dall'acqua minerale saldamente nelle mani dei privati e l'Italia nel mondo è la prima in termini assoluti nei consumi di acqua minerale. Evidentemente questo non è sufficiente e fa molto gola anche questa "nicchia" dell'acqua pubblica. Tutto questo è legittimo in un'economia di mercato, ma con quali conseguenze?

3) premesso che il quesito referendario del giugno scorso "esclude la remunerazione del capitale investito" da parte del pubblico e/o del privato, come sarà possibile blindare il piano d'ambito del servizio idrico integrato cremonese che, invece, lo prevede? A questo dovrebbero rispondere i fautori della società mista. Non abbiamo mai trovato un imprenditore privato così "grullo" che ci abbia messo dei capitali senza una loro adeguata remunerazione. È quindi ideologico chi sostiene la società mista con i privati senza declinarne i reali risvolti operativi.

4) pertanto il "piano d'ambito" non potendo remunerare il capitale investito potrà e dovrà operare solo sulla "tariffa". Ne consegue che allora le due società, pubblica e mista, pari sono. Ma solo apparentemente.

5) infatti finora le società pubbliche per la gestione del servizio idrico hanno contemplato fasce sociali per gli utenti più deboli e per gli industriali, gli agricoltori e tutti i comparti produttivi. Hanno quindi agito con una politica tariffaria concordata con la realtà economica e sociale mediata dai sindaci che esprimevano la governance delle società pubbliche

6) ora, invece, con la nuova legge regionale voluta da Salini e con la società mista, con la presenza dei capitali privati e senza una governance condivisa da parte dei Comuni, come si è già amaramente constatato nell'Ato, sia le utenze sociali che quelle agricole, industriali e del mondo produttivo non saranno più legate alla mediazione con i sindacati e le associazioni economiche e correranno libere verso la "remunerazione del capitale investito" in quanto la privatizzazione dell'acqua è un grande affare dove annegare la coscienza civica sui beni comuni per ricavare, nel grande mercato dei servizi, nuove performaces per le multinazionali a scapito delle famiglie e del mondo produttivo.

7) il piano d'ambito, con gli investimenti elevati previsti, la mancata interlocuzione con la Cassa Depositi e Prestiti per recuperare costi creditizi moderati e la difficoltà reale ma ancor più enfatizzata di trovare istituti bancari disponibili a finanziare, diventa il banco di prova di una politica di "ricarico" dei servizi alle spalle delle famiglie e del mondo produttivo: non a caso il piano d'ambito prevede nei prossimi anni un forte aumento delle tariffe, senza un adeguata interlocuzione con i consumatori e le forze economiche e sociali.

8) la "reductio ad unum" delle attuali "sette sorelle" che gestiscono l'acqua cremonese è un contributo di serietà che negli anni della maggiore attenzione ai "costo della politica" ed al rigore la politica locale deve dare, insieme ad un più puntuale controllo delle politiche di spesa e di investimento, compreso il'impegno ad evitare di collegare le più spedute cascine e le capanne presenti nelle più remote contrade della provincia. Un taglio realistico, collegato alla necessaria sobrietà che i tempi difficili impongono.

9) non si può dimenticare come un'ocultata politica di gestione del servizio idrico abbia generato fino a 3 milioni di euro di dividendi per i Comuni soci, come emerge dai bilanci di "Padania acque". Con questi chiari di luna sarebbbe una boccata d'ossigeno per i Comuni che, però, nel frattempo, hanno perso ogni capacità di guidare la barca.

Giuseppe Torchio
Lista Civica Provinciale

18 dicembre 2011

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