Sabato, 04 maggio 2024 - ore 13.53

Come sta cambiando la protezione dei dati mentre lo smart working diventa centrale

Una delle prime più importanti trasformazioni dell'inizio pandemia si è avuta nel mercato del lavoro, dovendo portare in tempi brevissimi, e con realtà imprenditoriali spesso impreparate, il lavoro dal lavoratore con un ribaltamento del tradizionale e diffusissimo modello italiano.

| Scritto da Redazione
Come sta cambiando la protezione dei dati mentre lo smart working diventa centrale

I dati epidemiologici stanno facendo capire che la scienza sa perfettamente quali siano le direzioni da seguire per il contenimento dei contagi, tuttavia resta sullo stesso piano di importanza la salvaguardia dello scenario economico come ripreso dal recente appello di associazioni di categoria, partiti politici e sindacati.

Mentre si sta avviando, con non poche polemiche e dubbi in varie nazioni, la campagna vaccinale di massa che permette di far intravedere davvero la luce in fondo al terribile tunnel, sul fronte lavoro il Governo ha provveduto alle necessarie proroghe normative che disciplinano lo smart working insieme a molte altre misure sul mercato del lavoro inserite nella nuova Legge di bilancio.

Oltre alle riflessioni più immediate su come meglio predisporre le attrezzature e le procedure di lavoro per meglio adattarsi all'improvviso introduzione della presenza fisica in ufficio, sono sorti molti interrogativi su come pianificare la transizione verso l'adozione permanente di modelli aziendali svincolati dall'ubicazione delle risorse umane; ciò riguarda aspetti economici, legali, previdenziale e di salute del lavoratore ma anche di tutela dell'impresa e dei suoi dati.

Infatti, di primo acchito ad inizio emergenza sanitaria il legislatore e soprattutto gli imprenditori si sono dovuti concentrare sulla estrema urgenza di far proseguire l'esercizio delle attività, andando a sopperire nel miglior modo possibile agli ostacoli culturali e imposti dal ritardo tecnologico. Modellato un nuovo assetto ci si è accorti che varrebbe la pena proseguire anche nel post pandemia, per svariati apprezzabili vantaggi a sostegno della produttività.

Sono già tanti i comandanti di azienda che stanno proponendo al personale la sottoscrizione di accordi aziendali di smart working, totale o parziale che sia, come nuovo standard da cui per il futuro. Al momento, come l'Italia ancora formalmente in situazione emergenziale, alcune questioni formali di natura giuslavoristica sono relativamente attenuate: una su tutte, il rispetto della privacy del prestatore di lavoro con il diritto di controllo sul suo operato e sul flusso informativo.

Infatti, con l'implementazione del lavoro agile bisogna fare affidamento totale sull'idoneità della postazione di lavoro domestica in relazione alla segretezza e integrità dei dati. Mentre nei locali della ditta si fa spesso uso di una telecamera di videosorveglianza per prevenire accessi non autorizzati e controllare i processi produttivi, lo stesso si può fare nella dimora del dipendente con qualche accorgimento in più.

È necessario negoziare con le rappresentanze sindacali nel rispetto dello statuto dei lavoratori, poi con i lavoratori stessi. Può senza certo essere un'opportunità per entrambi gli schieramenti, con le giuste precauzioni sulla protezione dei dati raccolti: per colui che lavora può diventare una tutela aggiuntiva alla sua proprietà, per la classe datoriale andrebbe a rafforzare il livello di tutela delle risorse da e per l'esterno della tradizionale sede centrale.

 

Photo credits AustinDistel / Unsplash

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