Venerdì, 29 marzo 2024 - ore 03.25

È etico che un cacciatore sia nel Corpo Forestale e un veterinario uccida animali?

Riprendiamo integralmente da Repubblica.it. È nato anche un evento Facebook: https://www.facebook.com/events/949723261766044/

| Scritto da Redazione
È etico che un cacciatore sia nel Corpo Forestale e un veterinario uccida animali?

Esiste un conflitto d’interesse in chi per mestiere cura o tutela animali e natura, e poi pratica il cruento hobby della caccia? L’argomento è reso attuale dalla vicenda del medico veterinario contestato a seguito di una foto che lo ritrae, col fucile in braccio, accanto a un leone appena ucciso durante un safari in Tanzania. «La mia professione», avrebbe scritto in una nota il dott. Luciano Ponzetto di Caluso, in provincia di Torino, «non è incompatibile con attività di caccia o safari, praticati nel rispetto delle norme vigenti».

È vero, non è proibito curare alcuni animali e ucciderne altri per divertimento, fintanto che la caccia è un’attività lecita, ma può considerarsi opportuno in termini di deontologia, sensibilità, affidabilità, coerenza? Laddove il veterinario Ponzetto è un libero professionista – che appartiene tra l’altro a una categoria molto variegata quanto a amore e rispetto verso gli animali – gli agenti del Corpo Forestale dello Stato svolgono per conto della collettività un’importante e delicata opera di monitoraggio di territorio e biodiversità, antibracconaggio, censimenti. Ma è questo un impegno compatibile con l’esercizio, a titolo personale, dell’attività venatoria?

Se lo domanda un evento Facebook appena nato, partendo dall’osservazione di un’Associazione venatoria di categoria per allargare a un ragionamento più ampio. Nel caso specifico, a quanto si riporta, almeno quattro rappresentanti del direttivo sono o sono stati arruolati nel Corpo Forestale provinciale con ruoli di comando. L’articolo 27 della 157/92, la legge nazionale sulla fauna selvatica, recita: «Agli agenti con compiti di vigilanza è vietato l’esercizio venatorio nell’ambito del territorio in cui esercitano le funzioni». «Non è il caso dei nostri esponenti della Provincia di Belluno, le cui competenze non confliggono con l’attività venatoria individuale», puntualizzano dal Corpo Forestale. «Solo uno di loro è impegnato nella vigilanza di un’area protetta, dove, ovviamente, non andrà a caccia». Ci si chiede tuttavia se, in assoluto, sia auspicabile permettere la convivenza del ruolo di controllore con quello di controllato. Coloro che hanno a cuore le sorti delle altre specie sarebbero, con ogni probabilità, ben felici di sapere che nessuno, nell’ambito di una forza dedicata a difendere la natura, tragga diletto dall’uccisione degli animali.

«Noi tutti stimiamo e abbiamo sempre sostenuto e difeso il Corpo Forestale, anche con petizioni atte a salvaguardarne l’autonomia e le funzioni», recita la motivazione del neonato evento Facebook, dal titolo Chiediamo che chi opera nel Corpo Forestale non possa esercitare l’attività venatoria. «Questo evento nasce da un gruppo di attivisti indipendenti con l’obiettivo di capire quanti agenti del Corpo Forestale siano anche cacciatori. Siamo partiti da una verifica nella provincia di Belluno, ma ci piacerebbe creare una mappa nazionale del fenomeno. Invitiamo perciò chiunque abbia informazioni nel merito a dividerle con noi, evitando categoricamente toni e commenti offensivi. Alla fine della nostra indagine intendiamo chiedere l’istituzione del divieto di caccia per gli agenti in servizio a difesa dell’ambiente, perché i due ruoli ci sembrano in aperta contraddizione».

Andrea Brutti, responsabile del Settore fauna selvatica dell’Enpa-Ente nazionale protezione animali, commenta il principio che ispira l’iniziativa: «Al di là di quanto sancisce la legge, sarebbe opportuno che chi ricopre una carica di vigilanza, che comporta attenzione e rispetto per la tutela della biodiversità e degli animali selvatici, non concorresse in alcun modo al ricorso dell’esercizio venatorio, o di ogni attività in contrasto con tale mission. Egli stesso infatti può essere chiamato al controllo, seppur in territorio diverso, dell’operato di cacciatori con cui magari , in altra sede, condivide la pratica della caccia. Attività in cui, a sua volta, è soggetto alle verifiche di altri forestali. È insomma una questione delicata che può motivare contraddizioni. Laddove poi i forestali cacciatori fossero colti in violazione delle norme, lì ci si aspetta che vengano quantomeno radiati dal Corpo».

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