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Fuori dal coro storia della stampa cremasca non allineata

Uno spunto per rivisitare testimonianze minoritarie ma significative. In un contesto in cui l’élitarismo per di più se associato alla condizione di non appartenenza agli ingranaggi del collaudato ed onnivoro sistema comportava, già allora, una prospettiva di marginalità.

| Scritto da Redazione
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Segnaliamo di buon grado una delle rare uscite dell’editoria locale; molto utile per chi soprattutto fosse interessato a ricordare testimonianze del recente passato, destinate, ahinoi!, all’oblio, come conseguenza sia di un “sapere” che non vuole memoria sia per la loro peculiarità d’essere state “fuori dal coro”. In un contesto in cui l’élitarismo per di più se associato alla condizione di non appartenenza agli ingranaggi del collaudato ed onnivoro sistema comportava, già allora, una prospettiva di marginalità.

Noi che facciamo della memoria, dell’approfondimento, della divulgazione, del confronto la ragione di un contributo destinato, nei tempi correnti, ad un consapevole apartheid, non possiamo che rinvenire in “FUORI DAL CORO – storia della stampa cremasca non allineata”, scritto dal giornalista Andrea Galvani con contributi di Silvano  Allasia, Paolo Carelli, Patrizia de Capua, edito da Libreria Dornetti, uno spunto per rivisitare un tutto sommato recente ciclo della politica e del giornalismo locale; minoritario ma non per questo non significativo.

Peraltro, andrebbe considerato che libro e conferenza dimostrano, se inseriti in un contesto più vasto, la maggiore vivacità della verve culturale di Crema rispetto alla città capoluogo.

Il libro verrà presentato ed approfondito, per iniziativa dell’ “Associazione per una scuola pubblica, democratica, laica e partecipata”  l’11 dicembre 2015 - ore 21, a Crema nella Sala dei Ricevimenti del Municipio, col contributo dell’autore e di Paola Vailati, Antonio Grassi, Beppe Bettenzoli, Franco Bordo (moderatore Angelo Marazzi).

La presenza, nel pannel della conferenza, di vecchie glorie dell’estremismo (si diceva un tempo) di sinistra (alcune delle quali in servizio permanente effettivo) potrebbe indurre a pensare ad un intento auto-agiografico.

Noi, invece, preferiamo considerare che il libro e la conferenza collegata siano utili ad un riflessione sia sull’evoluzione del pensiero politico sia sulla funzione del giornalismo collegato. Specie quando questo, per un progetto di contestazione rivolta ai canoni conformistici, si pone, appunto, fuori dal coro.

Le testate, che, tra la fine degli anni settanta e l’inizio della decade successiva, operavano in tale condizione, erano “Punto e a capo”, “Contatto” e “Ipotesi 80”. Mentre le prime due furono praticamente una meteora, la terza, probabilmente perché supportata da un retroterra più solido e più vasto, ebbe una parabola, più dilatata nel tempo e contrassegnata da una regolarità di uscita più simile ad iniziative editoriali strutturate.

Quando affermo che Ipotesi 80, pur restando aderente al suo profilo non embedded, si poté avvalere di un supporto rappresentato dall’area, soprattutto, culturale del riformismo socialista cremasco, credo (essendo, peraltro, citato per la mia funzione svolta nell’epoca) di sapere di cosa parlo.

Il suo percorso temporale, infatti, si snoda parallelamente allo scanning degli albori e del meglio progettuale del nuovo corso socialista.

A livello nazionale il settore della cultura e dei media era stato affidato da Craxi al “delfino”, che aveva come base elettorale il collegio Mantova-Cremona. Dove, soprattutto, a Cremona, aveva trovato non solo una location elettorale. Infatti, una nuova leva di dirigenti, di attivisti, di simpatizzanti, si era affacciata alla realtà di un movimento che, pur restando legato al sedime del socialismo umanitario, stava imboccando una revisione destinata a mutarne profondamente la cifra culturale e sociologica.

Cardine di questo rinnovamento divennero ben presto la rivista di Mondo Operaio, fondata trent’anni prima da Nenni, ed il Circolo collegato; cui avrebbe aderito il meglio dell’intelligenza, interna ed esterna.

Questo impegno di riformulazione dell’analisi istituzionale, politica, socio-economica e culturale, decollato col Congresso di Torino del 1978, sarebbe approdato al Progetto scaturito dalla Conferenza Programmatica di Rimini della primavera del 1982.

Nel frattempo, come appena anticipato, la struttura periferica del PSI si stava svecchiando ed aprendo, al nuovo ed alla contaminazione di apporti non organici; che avrebbe potuto contribuire al potenziamento di una sinistra riformista, affrancata dall’egemonia fin lì esercitata dal PCI.

Grosso modo fu questo l’incipit dello sforzo del gruppo dirigente socialista cremasco, positivamente influenzato, in prima fila, da Elio Bozzetti e da un interessante gruppo di intellettuali, quali Ferrari, Carelli, Strada P., Egle Vailati, Torriani.

Anziché rilanciare la vecchia (e prestigiosa) testata del socialismo cremasco Libera Parola , in edizione autonoma per molti anni e poi in edizione collegata al periodico L’Eco del Popolo, si scelse un modulo di informazione, approfondimento e confronto, inusuale per un movimento strutturato.

L’informazione a Crema poteva, allora, contare sul Torrazzo e sul quotidiano La Provincia (ma con una diffusione molto parsimoniosa).

Ipotesi 80  si presentò da subito come progetto di informazione, senza veli e senza timori, sulle questioni politiche ed amministrative del circondario. Per alcuni versi contribuì, con la sua formula originale, a permeare nuove consapevolezze all’interno dell’area riformista socialista ed un nuovo format di testimonianza.

Nel dicembre del 1982 la Federazione Provinciale, il Club Turati, Ipotesi 80 organizzarono a Cremona una conferenza dal tema impegnativo “Nuova sinistra e proposta riformista per governare il cambiamento”.

Ad animare il confronto, aperto dalla relazione introduttiva del segretario provinciale e concluso da intervento di peso di Claudio Martelli, prevalentemente furono le testimonianze di giovani intellettuali (il medico Claudia Balotta, l’economista Alfredo Gigliobianco, il sindacalista UIL Umberto Pedroni). Tutti provenienti dall’esperienza, ma con militanze differenziate, del ’68 e tutti interessati a stabilire quali tracce ed influenze, lasciate da quel ciclo, potessero incrociarsi con i nuovi scenari; contraddistinti dall’evidenza del raggiungimento del capolinea per una sinistra burocratica e statica.

La lettura, attorno agli esiti del ’68, fece, in quella conferenza, premio sull’affermazione della sua portata antiautoritaria ed antiburocratica e del suo valore riformista da impiegare in un progetto di profonda innovazione del sistema-Paese, in chiaro affanno per la sua arretratezza rispetto agli standards di una società industriale matura, per di più stimolata dai profondi cambiamenti in corso.

Insomma, la conferenza si faceva carico, in un rapporto di ampia autonomia, di individuare lateralmente al PSI le linee attraverso cui innestare nella vita politica alcune delle intuizioni appartenute alle testimonianze del ’68; in modo da metabolizzarne la portata innovativa e ridurre la cesura tra una società civile in movimento ed una società politica bloccata da conventiones ad axcludendum e consociativismi. Che, anziché impulsi alla modernizzazione ed innovazione, sapeva (anche molto oltre quegli inizi di anni ottanta) somministrare solo paralisi e condizionamenti.

Il contributo centrale di Antonio Grassi verteva, attraverso la scansione dell’apporto della rivista cremasca, sull’analisi degli snodi della maturazione, anche nel territorio provinciale, di più vaste e profonde consapevolezze di stampo riformistico.

e.v.

Craxi parla al Palazzetto dello Sport di Crema marzo 1983 

Antonio Grassi interviene in una conferenza del dicembre 1982

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