Giovedì, 09 maggio 2024 - ore 04.07

Gas, petrolio e carbone: ecco da quali Paesi arrivano i combustibili fossili che usiamo in Italia

Italy for climate: ''Ben il 25% di tutti i consumi nazionali di energia fossile provengono proprio dalla Russia''

| Scritto da Redazione
Gas, petrolio e carbone: ecco da quali Paesi arrivano i combustibili fossili che usiamo in Italia

 I dati del ministero della Transizione ecologica (Mite), messi in fila da Italy for climate – l’iniziativa messa in campo dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile contro la crisi climatica in corso –, mostrano che nell’ultimo anno il 77% del fabbisogno energetico nazionale è stato soddisfatto dalle importazioni di combustibili fossili, ovvero gas, petrolio e carbone, mentre il restante 23% dalla produzione nazionale.

Questo 23% è composto prevalentemente da fonti rinnovabili, perché solo il 5% del fabbisogno italiano di combustibili fossili è prodotto sul suolo nazionale, in quanto «l’Italia non dispone di riserve di combustibili fossili particolarmente estese, accessibili ed economiche».

Per questo ci affidiamo ancora prevalentemente all’estero per soddisfare il nostro fabbisogno di energia, finanziando al contempo la crisi climatica e regimi autocratici sparsi per il globo. A partire dalla Russia.

«L’Italia è particolarmente dipendente da questo Paese – documentano da Italy for climate – Ben il 25% di tutti i consumi nazionali di energia fossile provengono proprio dalla Russia. A seguire nella top 10 dei Paesi da cui dipendiamo energeticamente c’è l’Algeria, che soddisfa il 15% della nostra fame di combustibili fossili (e in particolare di gas). Al terzo posto troviamo l’Azerbaijan, dal quale acquistiamo il 13% del nostro fabbisogno di fossili (e in particolare di petrolio). Al quarto posto c’è la Libia, che copre il 9% del fabbisogno nazionale soprattutto per il petrolio. A seguire ci sono l’Iraq, l’Arabia Saudita, il Qatar, gli Usa e la Nigeria».

Come possiamo uscire da questa grande (e pericolosa) dipendenza energetica dall’estero? «Come ha recentemente indicato la stessa Commissione europea, in primo luogo – sottolineano da Italy for climate – sostituendo i consumi di energia da fonti fossili con le fonti rinnovabili, che oltre ad essere pulite sono anche “nazionali”, e riducendo il nostro fabbisogno complessivo di energia grazie a misure di efficienza energetica. Le politiche climatiche certamente non sono nate allo scopo di migliorare la sicurezza energetica dei Paesi, ma vanno esattamente in quella stessa direzione».

L’operazione era e resta tecnicamente fattibile, come testimonia la proposta avanzata direttamente da Elettricità futura – la principale associazione confindustriale attiva nel comparto elettrico – chiedendo al Governo e alle Regioni di autorizzare entro giugno 60 GW di nuovi impianti rinnovabili (pari a solo un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna) con conseguente messa a terra degli investimenti nell’arco di soli tre anni. Questi 60 GW di nuovi impianti rinnovabili farebbero risparmiare 15 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, ovvero il 20% del gas importato. O, in altri termini, oltre 7 volte rispetto a quanto il Governo stima di ottenere con l’aumento dell’estrazione di gas nazionale.

Un’opportunità di questo tipo l’abbiamo già persa negli anni scorsi, dato che  se lo sviluppo delle rinnovabili – limitando l’analisi per semplicità a solare ed eolico – fosse andato avanti con lo stesso incremento annuale medio registrato nel triennio 2010-2013 (pari a 5,9 GW l’anno, contro il dato attuale inferiore a 1 GW), oggi l’Italia avrebbe 50 GW in più di impianti e sarebbe stata così in grado di ridurre i consumi di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l’anno, tagliando le importazioni di gas dalla Russia del 70%. Sta a noi, adesso, decidere se ripetere l’errore oppure unire la lotta alla crisi climatica a quella per l’indipendenza energetica.

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