Più volte, negli anni passati, sono intervenuto - anche su WelfareCremona - per sostenere una tesi: che la nostra città avesse l'obbligo morale di intitolare una strada ad Aldo Protti a prescindere da qualsiasi vicenda riguardante il suo passato militare o paramilitare tra il '43 e il '45. Non ci torno, l'archivio di Welfare è a disposizione di tutti: vorrei invece guardare alle ultime vicende.
Dopo un dibattito partecipato, non sempre serissimo ma senz'altro troppo lungo (si sa, la nostra città s'appassiona più ai morti che ai vivi), un organismo comunale rappresentativo ha deciso, all'unanimità, di intitolare a Protti il vicolo dove egli è vissuto. Qualcuno non si sarà sentito rappresentato da quell'organismo: capita spesso, ma la democrazia funziona così. Quando leggo, in un blog, "(...) via Strettalunga, che qualcuno oggi chiama via Protti" mi viene l'orticaria: quella è oggi via Protti, né basta la vandalica rimozione di una targa a sovvertire la toponomastica. Dà noia a qualcuno? A me, per esempio, hanno sempre dato noia le strade intitolate al generale Cadorna, ma non per questo sono mai andato a sbullonare le indicazioni stradali.
Ma c'è di peggio. I luoghi della memoria della Resistenza, da Bagnara a San Luca, sono numerosi, carichi di dolore e di significato. Così come quel colle del Piemonte, alla cui ombra sono nato e cresciuto, le cui tragedie ci accingiamo anche quest'anno a commemorare. Ebbene, l'epicentro di ogni manifestazione è diventata via Protti, e anche le celebrazioni del Colle del Lys sembrano doversi curare unicamente dell'intitolazione di quella via. Lo trovo deprimente per le ragioni stesse della Resistenza: in vita, quando la freschezza dei ricordi avrebbe consentito testimonianze più attendibili, s'è ricoperto Protti di tutti gli onori; anni e anni dopo la morte, lo si assume a simbolo d'ogni nefandezza. Credo che la memoria della Resistenza abbia bisogno d'altro, non di scagliarsi contro la memoria di un artista, che ha svolto la sua luminosa carriera non grazie né all'ombra del regime (avendo debuttato in teatro a guerra terminata). Credo che essa abbia bisogno di trovare e combattere le tracce dei totalitarismi che sono tra di noi, non di fare processi postumi a piccoli e soltanto presunti colpevoli, le cui colpe eventuali meriterebbero comunque un gesto di pacificazione. Altrimenti, ogni manifestazione partigiana non sarà una "celebrazione", nel senso della riattualizzazione hic et nunc degli eventi, ma una mera commemorazione, dove i morti seppelliscono i loro morti.
So che nessuno ascolterà il mio appello, e che le eventuali risposte saranno create col copia-incolla dai comunicati degli ultimi sessanta anni. Ma se proprio non si vuole lasciare in pace la memoria gloriosa dell'artista Aldo Protti, si abbia almeno un briciolo di umano rispetto per la sua famiglia, unica abitante nell'ormai celebre vicolo. A essa dovrebbe essere garantito il diritto di non trovarsi targhe divelte, manifesti anonimi, comizi sul marciapiede: siano espressioni di pensiero o di mero vandalismo, comunque turbano e inquietano persone senza macchia né colpa.
Cremona, 27 giugno 2011
Sandro Gugliermetto