Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 19.45

Indignarsi non basta di D.Bosone

| Scritto da Redazione
Indignarsi non basta di D.Bosone

INDIGNARSI NON BASTA. BISOGNA AGIRE PER IL FUTURO DEL NOSTRO PAESE.
Aprendo il giornale al mattino, provo, più o meno, la stessa sensazione di quando varco la soglia dell’ Aula Parlamentare: quella di uno scricchiolio minaccioso delle Istituzioni democratiche, di una frammentazione sempre più spinta della politica e della società, di uno smarrimento complessivo del senso della misura. Ha ragione il Presidente Napolitano. Uno scontro così violento fra poteri dello Stato indebolisce tutti e rischia di trascinarci in un vortice il cui fondo è difficile da prevedere, mentre si vive una fase internazionale delicatissima, caratterizzata da una crisi economica e occupazionale ancora pressante e da repentini cambiamenti sul delicatissimo scenario medio-orientale.

Se Berlusconi e magari anche Fini facessero un passo indietro per permettere un Governo di transizione che io definisco “del Buon Senso”, farebbero un gran favore a tutto il paese. Ma non succederà. Morirà Sansone con tutti i Filistei e speriamo che qualcuno si salvi. Sarebbe il tempo della costruzione, di mettere pietra su pietra per ricostruire il palazzo ormai vacillante del paese; invece prevale la voglia di consumare odi e vendette, a spese di tutti noi e della credibilità delle Istituzioni.

Tuttavia, in un modo o nell’altro, Berlusconi con il suo corteo di disvalori, di relativismo etico-sociale, di populismo illiberale, di disprezzo delle regole del gioco democratico sta finalmente uscendo di scena; bisogna capire con quanti danni collaterali. L’ “ harem del sultano” che sta menando tanto scandalo negli ultimi tempi, è solo il simbolo di ciò che gli Italiani non hanno voluto vedere negli ultimi 17 anni e di cui finalmente si stanno rendendo conto. Forse qualche responsabilità ce l’ha anche il centro-sinistra che, prima come Ulivo e poi come PD, non ha saputo configurare una cultura politica realmente nuova capace di diventare un’ alternativa stabile ed affidabile per gli Italiani.

Questo lungo periodo che passa come “seconda Repubblica” è, secondo me, solo l’esito avvelenato della prima, e verrà ricordato come una fase di incertezza, di luci e di ombre, di grandi slanci (ricordiamoci lo sforzo comune e condiviso per raggiungere l’obiettivo Euro con Prodi e Ciampi) ma anche di grandi inadeguatezze, (soprattutto rappresentate dal relativismo berlusconiano e dai suoi enormi conflitti di interessi) che hanno di fatto minato la residua fiducia nella politica e nelle Istituzioni e ridotto il Parlamento ad una palude.

E ora non c’è più tempo. Prima che sia troppo tardi da questa palude bisogna uscire. Bisogna rialimentare e mettere in rete le forze positive che per fortuna ci sono ancora numerose nel Paese e che probabilmente ci permettono di galleggiare pur nelle difficoltà. Serve una “Terza Repubblica” che sia definitivamente quella della svolta e della stabilità, quella che dovrà guidarci con forza e generosità dentro il gorgo della globalizzazione senza farci risucchiare, che dovrà ridare fiducia e speranza alle nuove come alle vecchie generazioni di Italiani.

Ma per fare questo temo che servano anche storie politiche nuove, capaci di realizzare, fuori da schemi consueti, operazioni di nuovo equilibrio fra Stato e Società, fra Stato ed Economia, fra Impresa e Lavoratori, promuovendo una comunità vera fra le diverse articolazioni della società civile (persona, famiglia, corpi intermedi, imprese). Serve una nuova motivazione verso obiettivi condivisi, che ci faccia percepire un futuro possibile, da costruire riscoprendo una responsabilità comune. A questo punto o ci muoviamo oppure sopravvivere nel nostro piccolo egoismo può rivelarsi letale quando gli eventi ci travolgeranno. Bisogna che tutti con le loro capacità piccoli o grandi si mettano in moto dentro un grande progetto solidale che società e politica devono costruire insieme. Pensiamo a cosa hanno fatto i nostri Padri Costituenti nel dopo-guerra, con che forza e motivazione hanno preso in mano un paese in macerie e l’anno lanciato verso il boom economico. Possiamo ripensare oggi ad operazioni culturali coraggiose come fu allora il Codice di Camaldoli? Oggi le macerie sono immateriali dopo la caduta del muro di Berlino ed il passaggio tutto italiano del berlusconismo; ma ci sono, eccome!. Ora non è più tempo di indignarsi ma di reagire con azioni positive. Non rispondere a questa chiamata, soprattutto da parte della mia generazione, corrisponde al più grande atto di viltà che possiamo commettere nei confronti dei nostri figli e ne risponderemo alla storia. Speriamo che , in tutto questo, il Partito Democratico, il mio partito, quello che ho contribuito nel mio piccolo a costruire, sappia portare il cuore ed il cervello ben oltre gli angusti recinti in cui sembra ormai da tempo rinchiuso e possa essere la grande forza politica dell’innovazione e della solidarietà umana di cui c’è disperato bisogno.

Bosone Daniela

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